Il Dio dell’Occidente non ha fallito
15 Settembre 2007
di redazione
Intervista a Robert Royal di Emiliano Stornelli
Con l’11 settembre, la questione del rapporto tra politica e religione, fede e ragione, credenti e non credenti, si è posta al centro del dibattito pubblico sia in Europa che negli Stati Uniti. Robert Royal, presidente del Faith & Reason Institute di Washington, con il suo ultimo lavoro, The God That Did Not Fail: How Religion Built and Sustains the West, si rivolge soprattutto ai militanti del laicismo, dilagante in entrambi i versanti dell’Atlantico, per invitarli a superare quella malintesa nozione della separazione tra Stato e Chiesa che pretende di escludere la religione dallo spazio pubblico. In un’intervista all’Occidentale, Royal illustra le ragioni fondamentali del suo libro.
Perchè The God That Did Not Fail? C’è stato un Dio che ha fallito?
Nel 1957, autorevoli intellettuali comunisti (Fischer, Gide, Silone e altri ancora) furono gli autori di una serie di saggi raccolti nel volume Il Dio che ha fallito, con riferimento al fallimento dell’assolutismo della ragione alla base del comunismo. Naturalmente, lo stesso vale per il nazismo. I gulag e i lager hanno quindi dimostrato quanto la ragione senza Dio sia capace di generare mostri.
Qual è invece il Dio che non ha fallito?
E’ il Dio dell’Occidente, perché è stato grazie alla religione – intesa nella sua essenza di dimensione prepolitica che con i suoi valori irrora quella politica – che la civiltà occidentale ha potuto definitivamente interiorizzare, nel suo sviluppo, i valori universali di dignità e libertà di ogni essere umano.
Il riferimento al Cristianesimo è evidente. Perché allora nel titolo del suo libro parla genericamente di religione?
E’ una sottigliezza. Precisamente mi riferisco al cristianesimo, ma non volevo scrivere un libro solo per i cattolici o per i cristiani e così ho preferito generalizzare, anche perché altre religioni sono portatrici di valori positivi da cui imparare, non solo il Cristianesimo. Infine, la mia intenzione è quella di attrarre l’attenzione dei più scettici per indurli a rompere le barriere ideologiche e ad approfondire l’argomento.
Che direbbe a quanti fanno professione di laicismo?
Direi, anzitutto, di distinguere tra religiosità e religione organizzata. E’ vero che da parte di quest’ultima – e cioè delle istituzioni, della gerarchia e della Chiesa nel suo complesso – sono stati commessi molti peccati nel corso della storia, ma non per questo deve essere oggetto di attacco il senso religioso consustanziale alla natura di ogni uomo. L’uomo è un animale religioso, in tutti i sensi, che sia con Dio che sia senza, o addirittura contro. E abbiamo visto nel secolo scorso di cosa sono state capaci le religioni organizzate che hanno rimpiazzato Dio con la ragione assoluta e l’ideologia.
Alla luce della condotta di una parte del mondo islamico, si potrebbe obiettare che anche Dio, e non solo la ragione assoluta, può produrre mostri.
E’ vero, ma si tratta di quella parte minoritaria dell’Islam che interpreta il concetto di jihad non in senso teologico, quale lotta per l’elevamento dello spirito, ma come guerra santa contro gli infedeli oppressori e nemici di Allah. E’ l’Islam radicale, insomma, quello che non riconosce l’altro come essere umano ugualmente portatore di dignità e per questo agisce in una logica di guerra totale e sterminio, al apri del comunismo e del nazismo.
L’Occidente come può far fronte all’attacco portato dall’Islam radicale ai valori universali che fondano la sua civiltà?
E’ solo recuperando la sua tradizionale identità religiosa che l’Occidente può difendere la sua civiltà e, allo stesso tempo, lavorare per diffondere nel mondo i suoi valori, in nome della loro universalità.
In quest’ottica, allora, è corretto affermare che il laicismo, consapevolmente o meno, può porsi come alleato dell’Islam radicale?
E’ corretto nella misura in cui, predicando la necessità di avanzare ulteriormente nel processo di secolarizzazione quale presunta forma di progresso, il laicismo indebolisce l’Occidente. Ci sono, tuttavia, anche casi particolari, come quello di Christopher Hitchens, l’autore angloamericano del best seller God is not Great. Hitchens, da un lato, indebolisce l’identità occidentale perché laicista, dall’altro, è apertamente schierato con la dottrina Bush ed è un sostenitore dell’intervento in Iraq.
Americani ed europei hanno un diverso approccio nei confronti della religione.
Per ragioni storiche in Europa è prevalso il modello laicista. Colpa dell’illuminismo francese e delle conseguenze deteriori della rivoluzione del 1789. Negli Stati Uniti, invece, il senso religioso è molto forte e ciò traspare dai riferimenti a Dio contenuti nella costituzione scritta dai padri fondatori. E’ naturale pertanto che la religione entri nel dibattito pubblico. Ciononostante, il laicismo sta prendendo piede anche in America e fa direttamente oggetto di critica quel 90 per cento di americani che si professa religioso. I laicisti, sia in Europa che negli Stati Uniti, dovrebbero piuttosto considerare che la loro pretesa d’interdire alla religione lo spazio pubblico, non facilita il dialogo con i musulmani, perché questi non hanno una tradizione di separazione tra lo stato e le istituzioni religiose.
Come giudica fin adesso l’operato di Benedetto XVI?
Benedetto XVI è l’uomo giusto al momento giusto. In questo delicato momento storico, nessuno sarebbe in grado di spiegare agli europei l’importanza della religione meglio di papa Ratzinger. Per questo il suo magistero è concentrato principalmente sull’Europa in crisi identitaria, morale e culturale, mentre quello di Giovanni Paolo II ha avuto un maggior respiro internazionale, con un occhio di riguardo per l’America Latina.
Del libro di Robert Royal presto sarà disponibile la versione in lingua italiana, edita dalla Rubettino e a cura della Fondazione Novae Terrae.