Veltroni pensa all’Amministratore ma vuole la Rai per sé
17 Settembre 2007
di Guido Forte
Amministratore unico e abolizione del CdA. Walter Veltroni ha reso memorabile una domenica che poteva passare quasi inosservata alle cronache politiche. Non tanto per il tenore della sua proposta, che sta riscuotendo più critiche che applausi, ma più per il senso profondo della sua “riforma”.
E Mario Landolfi, il presidente della Vigilanza Rai, ha replicato con una battuta: “Più che post comunista Veltroni è un vetero democristiano”. Del resto, lo schema veltroniano è chiaro: occupare l’Azienda senza che ci sia l’impressione di farlo. Ancor meglio se si vestono i panni dell’antipolitica. Veltroni, ed è questo il ragionamento che segue il presidente della Vigilanza, “assicura alla sinistra una posizione di primo piano nella Rai ma per fare questo lancia una proposta che riporta l’Azienda sotto il controllo del governo come era prima della riforma del ’75”. Dà l’impressione di un rinnovamento e di un cambiamento rispetto a prima ma nei fatti stringe ancora di più le corde intorno alla Rai. Un gioco di potere e nient’altro visto che poi rimarrebbero in piedi le altre grandi questioni: chi deve effettuare la nomina, quali poteri dovrebbe avere questo amministratore e come conciliare le tematiche editoriali con la tutela del pluralismo. Molta confusione che nasconde però un timore, ovvero che dietro le parole di Veltroni si possa celare la prossima mossa del governo: la nomina di un commissario per il CdA. Infatti se Petruccioli dovesse essere costretto alle dimissioni, al Senato ci sarebbe un voto sul caso Rai, l’Esecutivo potrebbe adottare una soluzione commissariale. Una scelta che, stranamente, suona molto simile all’ipotesi veltroniana dell’amministratore unico.
Come è nel suo stile, anche su questa vicenda Veltroni ha detto tutto e il contrario di tutto. Afferma che la politica deve abbandonare la Rai ma poi la consegna mani e piedi all’Esecutivo. Parla di un sistema di governo della Tv pubblica da “roba da Prima Repubblica”, dove “il CdA di viale Mazzini è un doppione della Vigilanza, spezzettato tra i partiti”, e poi almanacca di fantasiose società che avrebbero il compito di scegliere i manager più qualificati sul mercato”. E si sa come sia abile il centrosinistra ad occupare e gestire le società di consulenza. Si pensi al tentativo, di questo governo, di fondere la Scuola per la formazione degli amministratori pubblici con il Formez. Il sindaco di Roma gonfia così le sue vele con il vento dell’antipolitica, che da giorni funesta la politica nostrana, ma sta ben attento a non allontanarsi da terra.
Di antipolitica la proposta veltroniana ha solo il guscio perché il cuore è tutto da Prima, anzi Primissima Repubblica: al di là delle formule richiamate da Veltroni, il vero obiettivo è di non perdere il controllo della Rai anche quando all’orizzonte politico non ci saranno più Ds e Margherita. Insomma, la nascita del Pd non dovrà segnare la fine del controllo del centrosinistra sull’Azienda di viale Mazzini, semmai bisognerà rafforzarlo. E per farlo ecco l’idea di abolire un CdA lottizzato e di nominare un amministratore unico, possibilmente vicino al centrosinistra. E chissà che mentre Veltroni parlava non gli balenasse in mente l’immagine di un Chicco Testa. Una situazione perfetta. Niente privatizzazione, come sarebbe opportuno se si decidesse di affidare la Rai ad un solo amministratore, ma nei fatti concederla ad amici pronti ad ascoltare i desiderata della sinistra. Da qui le dichiarazioni di ieri.
Nel centrodestra, a parte qualche eccezione, non ci si è lasciati ingannare ma le perplessità sono molte soprattutto perché non si è riusciti a capire nel merito la proposta di Veltroni. Paolo Bonaiuti, portavoce di Berlusconi ha seccamente spiegato che l’idea veltroniana “non ha né capo, né coda”. In effetti come si è visto un capo ce l’ha, quello che manca è forse ciò che sta tra il capo e la coda e cioè come si sostanzierebbe la proposta. Infatti come e chi dovrebbe scegliere questo amministratore? Quale ruolo avrebbe il Parlamento in questa particolare circostanza? E poi perché fare questa proposta adesso che è in fase avanzata di discussione il ddl Gentiloni? Su questo manca chiarezza, tanto che qualcuno pensa che si sia trattato di una boutade da primarie. Ne è ad esempio convinto Mario Baccini che parla di proposta “frutto del consenso per le primarie”. Può essere una chiave di lettura, quella di raccattare voti e sostegno in vista del 14 ottobre.
Ma a vedere le reazioni nel centrosinistra, l’idea del sindaco non ha riscosso molti consensi. Al di fuori delle “è una buona proposta” del ministro Bersani o “la proposta va nella direzione giusta” del ministro Gentiloni, l’aria che si respira è abbastanza tiepida. Ragion del fatto che in questo momento a nessuno interessano le regole della Rai ma piuttosto i posti nel CdA. Questa è adesso la vera partita. Continuano a ripeterlo Udeur, Sinistra Democratica, Socialisti, Verdi e Radicali. Una lista lunghissima e che corrisponde ai vari “cespugli” del centrosinistra che non vedono l’ora di mettere fine al consiglio d’amministrazione e di rincorrere una poltrona al settimo piano di viale Mazzini. Insomma, Veltroni faccia o dica ciò che vuole ma prima cada il CdA: è questo il succo del ragionamento di gran parte dell’Unione. E così la proposta di Veltroni rischia di aumentare le divisioni e mettere in soffitta il ddl Gentiloni. Questo però non significa che l’idea dell’amministratore unico sia già morta. Del resto, con il ministro dell’Agricoltura, Pecoraro Scanio, che propone “un decreto legge, si faccia subito l’amministratore unico” è possibile che Palazzo Chigi batta un colpo. Sempre che il Senato per allora non avrà deciso di mandare a casa il CdA.