
Usare bene il Recovery per superare l’equazione fra digitalizzazione e burocrazia

15 Febbraio 2021
Nella mia vita professionale ho lavorato oltre 30 anni per la gestione dei Fondi Strutturali Europei, implementando progetti di livello regionale, nazionale e/o con molte regioni o stati UE.
Ho letto con attenzione le bozze del Recovery Plan predisposto dal precedente Governo: è un framework che può contenere tutto e il contrario di tutto. Il Governo Draghi potrà, cosa che auspico, cambiarne parti importanti, ridefinire gli obiettivi strategici o semplicemente delinearne le singole azioni fissando obiettivi concreti e verificabili (come sempre richiesto da Bruxelles).
L’importanza del tema meriterebbe grandi approfondimenti. Per brevità mi limito qui a indicare poche priorità e poi declinare come i fondi UE possano essere efficaci o del tutto inutili a seconda della implementazione reale.
Iniziamo dall’esigenza di riformare la Pubblica Amministrazione e snellire la burocrazia.
Parto da quello che è l’attuale Piano.
Sono stati posti a bilancio 11,75 miliardi per la digitalizzazione e l’innovazione della PA, una cifra immensa ma come verranno usati? Il Diavolo, si sa, sta nei dettagli.
Con un esempio reale descrivo il problema: La CEE – e poi la UE – ha sempre posto la digitalizzazione dei processi come una delle priorità, per esempio già dalla fine degli anni 90 ha sempre indicato un asse di spesa per digitalizzare i programmi del Fondo Sociale Europeo per l’Italia (molti miliardi all’anno per la Formazione Professionale). Ebbene come sono stati spesi quei soldi negli anni? Essendo la Formazione di competenza di regioni e province, ogni assessorato ha realizzato il suo sistema informativo e, quel che è peggio, ogni regione – e a volte ogni provincia – ha definito regole differenti che poi ha inserito nei sistemi digitali. Ad esempio regole e tempi di rendicontazione diversi, adempimenti per certificazioni di qualità differenti etc etc. Il risultato? Se un ente di formazione ha sedi in aree diverse deve a suo volta avere sistemi di progettazione, rendicontazione e controllo di qualità differenti.
Tutto questo ha causato due grandissimi guai: un aumento esponenziale del personale amministrativo sia nelle regioni che nelle province, ma anche all’interno degli enti, con progressivo spostamento di risorse dai corsi agli apparati amministrativi, quindi più carta e meno servizi per giovani ed imprese; e la soppressione, di fatto, della concorrenza, perché per un ente efficiente è difficilissimo andare ad operare in nuove zone, dovendo attrezzare apparati amministrativi enormi.
Non è un caso che il sistema della Formazione Professionale in Italia sia arretratissimo e poco efficiente e sia uno dei freni al nostro sviluppo. Ricordo che con il Fondo Sociale si finanziano anche molte agenzie per l’Impiego (sic!), un moloch amministrativo a livello regionale e locale costosissimo, ma che procura il lavoro a meno del 3% dei giovani).
In conclusione l’indicazione UE di digitalizzare è stata interpretata per vent’anni in Italia con la parola “burocratizzare” e con la proliferazione esponenziale dei centri di competenza. L’attuazione è stata contraria agli obiettivi attesi!
In positivo, ecco cosa bisognerebbe fare con gli 11,75 MLD del Recovery:
- Ridisegnare e semplificare le procedure amministrative e costruire un sistema unico nazionale di riferimento, questo non solo per la FP ma anche in tanti ambiti, pensiamo alle gare di appalto o alle gestioni amministrative per l’ambiente o i piani regolatori. Occorrerebbero sistemi di regole univoche, semplici e con tempi di applicazione certi.
- Digitalizzare e rendere le norme nazionali, quindi accessibili e utilizzabili in tutto il Paese. A questo serve la digitalizzazione, a semplificare e costruire format univoci utilizzabili dalle singole PA per le attività di loro pertinenza e consultabili e utilizzabili da cittadini e imprese come strumento di dialogo PA/cittadini.
- Se tutte le amministrazioni avessero, per molte funzioni, un database unico potrebbero dedicarsi alla gestione delle problematiche locali e a decidere (questo sì a livello decentrato) le politiche da attuare, la destinazione delle risorse. La centralizzazione delle procedure non vuol dire la centralizzazione delle decisioni, al contrario. Vuol dire dare regole certe e strumenti operativi efficienti e poi lasciare più tempo al locale per decidere invece l’allocazione delle risorse.
- Sistemi digitali efficienti (ad esempio sui bilanci, sulle procedure di spesa etc) permetterebbero poi di controllare il rispetto dei tempi sia da parte delle imprese e dei cittadini, ma anche e soprattutto, della PA . In questo caso dovrebbero esserci penalizzazioni per quelle PA che sforano i tempi. Anche qui l’esperienza dei fondi strutturali UE dovrebbe essere utilizzata. Ad esempio togliendo in automatico i fondi a quelle amministrazioni che non li spendono nei tempi concordati.
Per questioni di spazio mi fermo qui, in attesa della prossima puntata.