Il Grillo furioso, dal tintinnar di manette al garantismo (per il figlio)
20 Aprile 2021
Appare sui social come una furia e in un video di un minuto e quaranta mette a rischio la credibilità personale che ha fatto del suo Movimento il primo partito in Italia. E’ fuori di sé Beppe Grillo mentre difende il figlio Ciro dalla accusa di violenza sessuale di gruppo per la quale insieme ad altre tre persone è indagato. Nelle parole concitate, urlate, nel viso stravolto di Grillo non vi è ombra della consueta ironia con la quale sbeffeggia avversari politici e contestatori interni, non vi è sarcasmo né scherno. Solo rabbia incontrollata: un intervento senza strategie, a mani nude.
E’ la difesa cieca di un padre che, a prescindere, non vuole credere che il figlio abbia commesso un crimine tanto orrendo. Il giustizialismo che ha fatto da cornice ad anni di battaglie pentastellate, il tintinnar di manette che parlando alla pancia degli italiani aveva contribuito a rendere grande il Movimento, si scioglie quando quelle manette tintinnano sotto la porta di casa, indipendentemente dal fatto che sia giusto o meno il loro apparire. Quello lo decideranno i giudici. Un garantismo ovvio ma per anni negato, che ora Grillo scopre improvvisamente essere sacrosanto. Quando a fare i conti con la giustizia è il figlio, allora i magistrati un tempo amici, quelli osannati dalla tribù di Travaglio e dal pensatoio pentastellato, diventano nemici del capo 5 stelle.
“La legge dice che gli stupratori vengono presi e vengono messi in galera e interrogati in galera o ai domiciliari – sbraita Grillo accusando indirettamente la magistratura -. Sono lasciati liberi da due anni, perché? Perché non li avete arrestati subito? Ce li avrei portati io in galera a calci nel culo. Perché? Perché vi siete resi conto che non è vero niente che c’è stato lo stupro, non c’entrano niente. Perché una persona che viene stuprata la mattina, al pomeriggio va in kitesurf, e dopo 8 giorni fa una denuncia, vi è sembrato strano. È strano”.
Non è strano affatto ovviamente, come fanno notare al capo 5 stelle le stesse parlamentari del Movimento, perché una donna può impiegare anche mesi ad elaborare una violenza, ma svestiti i panni del politico e vestiti quelli del semplice cittadino con le sue debolezze e paure, il comico genovese scopre non solo quanto faccia male la scure giustizialista ma come il garantismo stesso sia poco tutelante, rispetto all’amore incondizionato di un padre. Un padre che – appunto – vorrebbe il figlio libero ad ogni costo, anche se a pagare il prezzo di quella libertà dovesse essere un altro padre. Magari quello della (per ora presunta) vittima dello stupro.
E così il sedicente elevato si scopre uomo. Una caduta rovinosa che potrebbe portare con sé tutto il Movimento già alle prese con la difficile rifondazione targata Conte. Perché anche per i dei greci, il paragonarsi a loro, peccare di hybris, immaginare di potersi elevare a divinità laica, era un atto di superbia inaccettabile da scontare con dolorosi bagni di realtà.