Dopo il caso Meredith, Perugia si candida ad essere la città più insicura d’Italia
06 Novembre 2007
Ci voleva l’assassinio di una povera ragazza inglese (da
parte di un italiano, un’americana e un congolese) per aprire gli occhi ai
tetragoni amministratori umbri. Adesso finalmente è un coro di voci di uomini
politici che mettono al centro il problema sicurezza.
Ma che Perugia fosse una città invivibile si sapeva da
tempo, da almeno cinque anni. Da quando venne fuori nitidamente che era
diventata una delle tre o quattro piazze più importanti dello spaccio della
droga. Un fiume di cocaina solcava il centro storico dove dopo le dieci di sera
non è più possibile passeggiare. Proprio ieri c’è stata la protesta dei
cittadini del quartiere dove ha sede l’Università per Stranieri, sempre più
spaventati dal degrado. Nel silenzio di tanti, troppi amministratori e anche
della stessa opposizione è toccato ad Italia Nostra protestare per la
pericolosa involuzione di una fra le città più belle e più civili d’Italia.
Basta scorrere qualche dato – proprio fornito ieri dal Ministero degli Interni:
una volta la capitale degli scippi era Napoli, adesso Perugia le contende il
primato.
Il traffico della droga – come è noto – è in mano ai
nordafricani, sempre più numerosi e difficili da controllare. Ma la droga è
solo uno dei problemi. Di recente sono stati fermati – con una operazione per
la verità eccessivamente spettacolare – un gruppetto di anarchici che si
dilettavano a mandare in giro lettere con all’interno qualche pallottola. Il
capoluogo umbro è diventato anche una sorta di capitale del terrorismo
islamico: basti ricordare gli arresti di alcuni mesi fa a Ponte Felcino dove
vivevano e operavano uomini che, mentre invocavano Allah, arruolavano kamikaze.
E il campo antimperialista di Assisi – nel silenzio del centrosinistra locale e
di tanti altri – tutte le estati diventa un punto di aggregazione di loschi
figuri, ricercati un po’ ovunque per le loro gesta di violenza.
Insomma, si può
sommessamente dire che Perugia è ormai una città con tassi di presenza
straniera pericolosi, simili a quelli di alcune realtà del Nord, tipo Brescia? E si può dire che fra extracomunitari e non questi
si annidano personaggi pericolosi: spacciatori, terroristi e quant’altro? Il
lassismo della sinistra di governo ha favorito tutto ciò: il Comune di Perugia
addirittura pagava una quota d’affitto dell’imam di Ponte Felcino che addestrava
uomini per fare attentati. In nome di un buonismo peloso è stato attaccato
duramente chiunque ponesse il problema dell’eccessiva densità di stranieri e del
clima insopportabile che – fra droga e islamisti – si veniva creando. I
giornali – pochi per la verità – che nel recente passato lanciarono l’allarme, sono
stati accusati di allarmismo. E un trattamento analogo lo ebbe il vescovo di
Perugia quando fra il 2003 e il 2004 sollevò il tema della sicurezza e della
circolazione della droga nel centro storico e nell’intera città.
Adesso la gente è veramente spaventata, gli amministratori
locali piangono le lacrime del coccodrillo, e l’opposizione, solo da poco, ha
cominciato a farsi sentire. Il guasto è fatto. Una delle più belle e più
vivibili città d’Italia, un tempo colta e sicura, è stata trasformata in un
luogo pericoloso per incapacità e per eccesso di demagogia. Una brutta fine che
era evitabile.