Il mondo arabo riconosce i diritti umani ma non li tutela

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Il mondo arabo riconosce i diritti umani ma non li tutela

15 Marzo 2008

Oggi, 15 marzo, entra in vigore la Carta Araba dei Diritti dell’Uomo. Con l’aggiunta degli Emirati Arabi Uniti, dopo quella di Giordania, Bahrein, Algeria, Siria, Olp e Libia, le ratifiche sono divenute sette, il numero minimo necessario per far entrare in vigore la Carta.

Per la prima volta, dunque, una parte del mondo arabo riconosce – almeno formalmente – l’esistenza di un nucleo di diritti fondamentali. Ma a un’attenta lettura del documento non si può essere entusiasti. Anche l’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’Onu, Louise Arbour, sembra voler fare marcia indietro. Dopo una prima dichiarazione in cui dava il benvenuto alla settima ratifica, non ha potuto fare a meno di rilevare l’incompatibilità di alcune delle previsioni contenute nella Carta con le norme di diritto internazionale e con i principali strumenti istituiti per la tutela dei diritti dell’uomo.

Nel Preambolo e all’articolo 2, il sionismo viene senza mezzi termini considerato una forma di razzismo, e ciò denota, oltre a una palese tendenza antisemita, l’incompatibilità della Carta con qualsiasi forma di cultura giuridica. Come se non bastasse, la Carta sancisce l’ammissibilità della pena di morte per i minori di 18 anni, mentre agli articoli 24 e 34, i diritti civili e politici fondamentali (elettorato attivo e passivo, diritto di associazione e diritto al lavoro) vengono riconosciuti ai soli cittadini, discriminando apertamente coloro che non lo sono. Per non parlare poi della condizione riservata alle donne: nessun riferimento viene fatto alla possibilità di rimuovere le disuguaglianze e soprattutto alla posizione della donna rispetto all’uomo nel vincolo del matrimonio; sarà la legge vigente nel singolo ordinamento a regolare le rispettive posizioni.

Ma il punto più problematico della Carta è la totale mancanza di meccanismi di enforcement. Infatti, contrariamente alla Convenzione Europea e Interamericana dei Diritti dell’Uomo, non vi è traccia di una Corte Araba quale organo incaricato di rilevare le violazioni e comminare eventuali sanzioni. Il Comitato Arabo previsto dalla Carta – della cui indipendenza sarà lecito nutrire più di qualche dubbio – non può essere considerato uno strumento effettivo di tutela dei diritti umani, perché nel suo funzionamento non contempla la possibilità che gli Stati membri o i singoli individui possano avanzare petizioni nei suoi confronti. In sostanza, siamo di fronte a un elenco di diritti (o presunti tali) da tutelare, senza però l’istituzione di un giudice che sia competente a giudicare le violazioni e a punire chi le compie.