Siluro su Campo Dall’Orto, la Rai renziana come Alitalia

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Siluro su Campo Dall’Orto, la Rai renziana come Alitalia

24 Maggio 2017

La fiction sul “cambio di passo” in Rai, come lo chiamano, cioè la sempre più probabile fine dell’era Campo Dall’Orto alla direzione generale di viale Mazzini, è degna del Commissario Montalbano. Un giallo tutto italiano e molto provinciale, come provinciale è il remake renziano dei giochi di potere di un Underwood (il protagonista di House of Cards) versione Rignano sull’Arno. Campo Dall’Orto quando è arrivato in Rai tutti lo stimavano, e in coppia con la giornalista Monica Maggioni avrebbe dovuto rivoluzionare la TV pubblica, che somiglia sempre di più agli ex carrozzoni ormai falliti dello Stato ma che ancora succhiano soldi, sempre pubblici, vedi Alitalia e il suo prestito ponte.

In Rai, però, finisce con Campo Dall’Orto e la Maggioni ai ferri corti, e un fuoco di fila di dichiarazioni e prese di posizione, dal Cda dell’azienda ai giornaloni, ai politici, per non dire dei revisori dei conti di viale Mazzini che si appellano all’anticorruzione di Cantone per alcune vicende legate alle nomine degli esterni in Rai, un fuoco di fila contro Campo Dall’Orto che si può spiegare in due modi. O il direttore generale, come dicono, era ed è inadeguato, dunque inadatto a ricoprire il suo incarico, e in questo caso, come per altre scelte fatte da Renzi, ora ne paghiamo tutti le conseguenze (oltre al canone in bolletta), oppure il direttore generale della Rai ha avuto qualche idea troppo autonoma (vedi il nuovo sito di news affidato alla Gabanelli)  è diventato sgradito ai renziani e alla Rai renzianizzata, e adesso rischia con ogni probabilità di perdere il posto.

E qui entra in scena il nostro Montalbano per risolvere lo strano caso del dg Campo Dall’Orto. Il quale, adeguato o inadeguato che sia, si apprestava a presentare il suo piano con tagli annunciati alla Rai. Ma esattamente come sta succedendo in questi giorni per Alitalia, con i dipendenti nella più completa incertezza sul destino di una azienda sclerotizzata, che i governi Renzi-Gentiloni avevano consegnato chiavi in mano ad investitori stranieri i quali a loro volta non sono stati capaci di ripianare le perdite, così, anche per la Rai, che a differenza di Alitalia resta in mano all’azionista pubblico, il Tesoro, Renzi non può permettersi di farsi troppi nemici in giro. Considerando che l’ex premier ha deciso di andare al voto il prima possibile, infatti, si parla insistentemente dell’autunno, ora per Renzi non è certo il momento adatto per annunciare dei tagli, come quelli dicono presenti nel piano di Campo Dall’Orto.

Così la soluzione del caso, per il nostro Montalbano, diventa più facile del previsto: altro che portare in Rai facce nuove e innovazione, quello che serve, al contrario, sono i cari vecchi metodi con cui la politica in passato si è assicurata il controllo ad esempio quello sulla informazione di Viale Mazzini, e per farlo, per usare cioè la Rai come cinghia di trasmissione per la politica, niente di meglio di una bella infornata di nuove nomine, a partire dal direttore generale. Naturalmente decise, come consente la nuova legge fatta da Renzi, direttamente dal governo.