La Puglia è prima in classifica nel Mezzogiorno per aborti farmacologici

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La Puglia è prima in classifica nel Mezzogiorno per aborti farmacologici

18 Gennaio 2011

di M. C.

In appena nove mesi di commercializzazione la pillola abortiva RU486 ha causato, in Italia, l’interruzione di ben 4.317 gravidanze. Stando ai dati comunicati dalla Nordic Pharma, l’azienda scandinava che distribuisce il farmaco nel nostro Paese, le Regioni italiane che hanno utilizzato maggiormente la pillola abortiva sono quelle settentrionali – Piemonte e Toscana su tutte – ma il primato al Sud spetta alla Puglia, prima consumatrice del farmaco fra le Regioni meridionali. Con le sue 340 confezioni la Puglia doppia la Sicilia (147) e stacca di gran lunga Basilicata (122), Campania (110), Molise (90) e Calabria, felicemente ultima in questa triste classifica con le sue 10 confezioni utilizzate.

Il primato della Puglia, tuttavia, ha radici profonde che si espandono rapidamente in un terreno politicamente fertile. Roberto Marti, consigliere regionale Pdl, ha commentato il preoccupante dato definendo in maniera sarcastica “un onore per tutti i pugliesi guidare le classifiche degli aborti nel Mezzogiorno!” e ha sottolineato come la giunta regionale, “piuttosto che promuovere politiche di sostegno alla famiglia e alle nascite, di aiuti ai deboli, di incremento di sussidi ai meno abbienti che, nonostante tutto, mettono al mondo figli, abbia prima autorizzato in tutta fretta l’utilizzo della pillola abortiva, cercando poi di far fuori dai consultori i medici obiettori”.

Gli fa eco, usando parole non meno dure, un altro consigliere regionale Pdl, Saverio Congedo: “Dopo i record nazionali assoluti di perdita di posti di lavoro a cominciare da quelli per laureati, di aumento delle tariffe idriche (27.5% in soli tre anni), di allungamento rapido delle liste d’attesa in Sanità, un altro primato conquista il Governo-Vendola, sia pur questa volta soltanto meridionale: quello sull’utilizzo delle pillole abortive. Tutti insieme, questi primati, ci offrono un bel quadretto delle caratteristiche e delle priorità di un governo dai valori tutti e soltanto negativi, nel segno di un’impostazione ideologica e nichilista che sta impoverendo sia materialmente che spiritualmente una Regione che appare alla deriva”.

La giunta regionale guidata da Nichi Vendola, infatti, ha permesso che fin dal 2006 in Puglia fosse possibile sperimentare la pillola abortiva in due ospedali regionali, il Vito Fazi di Lecce e il Policlinico di Bari, conquistandosi feroci critiche da parte di tutti coloro che ritengono l’aborto farmacologico una pratica in contrasto con la tutela della vita sin dal suo concepimento. Il governo della Regione si è sempre mostrato indifferente alle critiche e, anzi, ha provato, come ha ricordato il consigliere Matri, a calcare la mano con delibere di giunta che avrebbero escluso i medici obiettori dalle turnazioni nei consultori.

Medici obiettori e semplici cittadini contrari a queste decisioni hanno reagito con forza portando il Tar pugliese ad accogliere le richieste, imponendo così alla Regione di rivedere le delibere, nel rispetto delle linee guida tracciate dalla legge 194 approvata nel lontano 1978 dopo un appassionato referendum. Secondo la giunta Vendola, infatti, i consultori avrebbero dovuto essere gestiti solo da medici (ed ostetriche) non obiettori, escludendo di fatto una gran parte di professionisti che lavorano quotidianamente a difesa della vita. I medici obiettori non praticano alcun tipo di aborto – né chirurgico né farmacologico – ma sono ugualmente parte integrante di un ambiente come i consultori, frequentati tanto da donne convintamente decise ad abortire quanto da donne – e sono la maggioranza – che hanno solo bisogno di una ragione in più per non compiere un gesto del genere, spesso dettato dalla paura e dalla mancanza di sostegno a livello sia psicologico che economico.

Questa volta, quindi, il primo posto in classifica non rappresenta un vanto per la Puglia, che preferirebbe essere al centro dell’attenzione per la tutela verso l’individuo e per una serie di politiche che, diversamente da quanto è stato fatto finora, mettano al centro la persona e la società.