May vs. Corbyn, il nostro speciale sul voto in Gran Bretagna
08 Giugno 2017
EXIT POLL. I conservatori di Theresa May sono in testa ma con soli 314 seggi (-17 rispetto al Parlamento uscente). Sono i primi exit poll delle elezioni britanniche: se tutto fosse confermato, la May non avrebbe la maggioranza assoluta di 326 seggi. I laburisti, in recupero, sono accreditati di 266 seggi (+34)
47 MILIONI DI ELETTORI REGISTRATI, IN AUMENTO RISPETTO AL 2015. Alle 20,00 (ora italiana) sono in 46.9 milioni gli elettori britannici che si sono registrati per prendere parte al voto. Si tratta di mezzo milione in più rispetto ai 46,4 milioni delle elezioni del 2015.
LA STAMPA SI SCHIERA. Mentre gli inglesi si recano alle urne, gli ultimi quotidiani britannici in stampa oggi, hanno deciso di schierarsi. Il loro sostegno va in particolare alla leader dei Tory dopo una campagna elettorale che ha visto la gran parte dei media – anche internazionali – tifare per il leader laburista Jeremy Corbyn. Il Sun di oggi lo ha attaccato chiedendo agli elettori di non gettare il Paese nella spazzatura, con un gioco di parole con Corbyn e il bidone dei rifiuti (“bin” in inglese). Il Daily Mail ha inneggiato ad alimentare lo “spirito britannico” votando per la May. Il Daily Express ha scelto una sorta di slogan: “Vote for May today” (oggi vota per May). Il Daily Telegraph ha usato: “Il Paese ha bisogno di te”. L’unico tabloid a schierarsi coi laburisti (come da tradizione) è il Daily Mirror, che attacca la May con il titolo: “Bugie, maledette bugie e Theresa May”.
I CANDIDATI HANNO VOTATO. La May, blazer bianco e pantaloni blu, ha votato insieme al marito Philip a Maidenhead, nel Berkshire. Ai giornalisti si è limitare a mandare un saluto. Corbyn, completo blu e solita cravatta rossa, ha votato nel seggio di Islington, nel nord di Londra: “E’ un giorno di democrazia, sono orgoglioso della nostra campagna elettorale”, ha dichiarato. Tutti e due intorno alle 11,00 (ora italiana). Ma ancor prima di loro aveva votato del partito indipendentista scozzese (Snp), Nicola Sturgeon, a Glasgow.
SEGGI APERTI. Alle 8.00 (ora italiana) si sono aperte le urne per le elezioni politiche anticipate in Gran Bretagna. Il voto di oggi determinerà chi negozierà il divorzio di Londra dalla Ue nei prossimi due anni e la forza del mandato del governo per i prossimi cinque anni. Sono settimane che la stampa ha apparecchiato una sonora sconfitta per i conservatori di Theresa May. Eppure a pochissime ore dall’apertura dei seggi, un sondaggio firmato YouGov accredita il partito conservatore britannico in vantaggio di sette punti sul partito laburista. Quasi a certificare l’isteria di numeri su cui è difficilissimo fare affidamento. “Il nostro ultimo sondaggio per il Times sulle intenzioni di voto accredita i Conservatori al 42%, i Laburisti al 35%, i Liberaldemocratici al 10%, lo UKIP al 5%”, riferiscono da YouGov. Quindi il partito del primo ministro Theresa May è destinato a ottenere una grande maggioranza alla Camera dei Comuni, migliorando il risultato registrato dopo le elezioni del 2015?
L’ARIA CHE TIRA ALLA VIGILIA DEL VOTO. L’Inghilterra domani voterà il suo parlamento. Per il Guardian sono “le elezioni più importanti dal 1945”, volute da Theresa May per negoziare in scioltezza la Brexit. Ancora una volta gli inglesi andranno a votare con la bandiera a mezz’asta per i recenti attacchi del terrorismo jihadista, il velo nero del lutto, la rabbia, la paura e la certezza di essere di nuovo vicini ad un passaggio epocale. Enough is Enough, ha detto Theresa May, rendendo internazionale l’italianissimo “quando è troppo è troppo”, eriaprendo la campagna elettorale dopo il sangue a Manchester e poi a Londra.
La vigilia del voto è stata infatti funestata dal terzo sanguinoso attacco terroristico in tre mesi che ha fatto cadere sulla campagna la tegola della ‘sicurezza’. Addirittura il leader laburista Corbyn, all’indomani degli attacchi di Londra, ha chiesto le dimissioni di Theresa May, accusandola di avere tagliato migliaia di agenti di polizia durante i suoi sei anni da ministro dell’Interno. Il primo ministro ha risposto che i conservatori hanno invece difeso il budget sulla sicurezza che il Labour voleva tagliare. E ha poi costretto Corbyn a ritrattare ogni altra considerazione del genere ricordando alla Gran Bretagna che in trent’anni di carriera parlamentare il leader laburista ha votato sempre contro le misure di controterrorismo e di intervento all’estero.
Che sia un momento “critico”, lo ha ammesso subito Theresa May. Tanto da strigliare polizia e 007 per le falle denunciate dai media nel prevenire gli attentati: “Mi aspetto una revisione del loro operato come è avvenuto a Manchester”, ha tuonato, invocando di fatto un’inchiesta interna. E prima di lei non aveva usato mezze misure neppure il suo ministro degli Esteri, Boris Johnson, che aveva chiesto ad agenti e 007 di “rendere conto” di quello che emerge, sempre più, come un fiasco. Dall’altro lato della barricata lo storico alfiere della sinistra radicale, Corbyn, ha voluto vestire negli ultimi giorni l’immagine del ‘premier in pectore’. Ha respinto come “ridicola e offensiva” l’accusa di May di essere “debole” e “anti-patriottico” nel contrastare il terrorismo. E si è rivolto già alla platea internazionale evocando “un dialogo costruttivo con Angela Merkel ed Emmanuel Macron” sulla Brexit per evitare la linea ‘hard’ della May.
Ieri il primo ministro ha voluto chiudere la sua campagna elettorale dicendosi pronto a modificare le leggi sui diritti umani se queste dovessero “ostacolare” la caccia ai presunti terroristi. Secondo quanto riporta la Bbc, May ha detto di voler semplificare l’espulsione dei presunti terroristi stranieri ed è intenzionata a “limitare la libertà di espressione e di movimento” di coloro che rappresentano una minaccia. Parlando ieri sera a Slough in un incontro con sostenitori dei Tories ha precisato, “Voglio condanne a pene detentive più lunghe per i responsabili di atti terroristici”.
Ma soprattutto la May non ha intenzione di mollare l’osso della Brexit. Non vuole un’uscita pasticciata dall’Unione Europea, un accordo che lasci il paese “metà dentro e metà fuori” e ha definito Corbyn inadatto a negoziare: “getterebbe via tutto il nostro lavoro”, sarebbe “un’abdicazione di leadership… i burocrati di Bruxelles penserebbero che Natale sia arrivato prima”. Ad ogni modo sono giorni che la stampa racconta di un premier con l’acqua alla gola, inadeguata, impreparata e che ha reso la Gran Bretagna il posto più insicuro al mondo, e di un candidato premier, invece, ultima speranza di un paese distrutto e con già i bagagli parcheggiati fuori Downing Street. E poco male se oggi il Daily Telegraph, citando fonti dello Special Branch, l’unità della polizia incaricata della sicurezza interna, ha raccontato che proprio Corbyn è stato sorvegliato per vent’anni dai servizi britannici nel timore che potesse “minare la democrazia”, dal momento che veniva considerato “un sovversivo“. E giudicando, così, un governo Corbyn “una calamità”.
Quanto alla May, politica navigata, e un’immagine di affidabilità coltivata negli anni, è la seconda donna della storia britannica ad essere primo ministro, dopo Margaret Thatcher, ma per giornaloni i sondaggisti mollerà presto il titolo al rivale Corbyn. E’ un quadro strano e senza prospettiva quello che hanno dipinto.
I conservatori che erano dati nettamente come vincitori solo alcune settimane fa, avrebbero eroso giorno per giorno il vantaggio. Da un po’ si inseguono numeri e percentuali. L’ultima rilevazione di YouGov attribuisce ai conservatori il 42% delle intenzioni di voto, contro il 38% dei laburisti. Se volessimo tradurre in seggi le percentuali, sarebbero 305 deputati per il partito della May e 268 per quello di Jeremy Corbyn. Entrambi i partiti dunque, se le stime dell’istituto fossero confermate, sarebbero lontani dalla soglia dei 326 seggi necessari a costituire una maggioranza di governo. I LibDem, la forza politica britannica apertamente schierata contro la Brexit, sarebbero, invece, già fuori dalla corsa portando a Wstminster solo 13 deputati.
Gli inglesi rischiano, pertanto, di svegliarsi con un ‘hung Parliament‘, un Parlamento ‘appeso’. E quindi l’ingovernabilità, siccome un governo di larghe intese non sembra contemplato. Nessuno dei due grandi partiti, infatti, senza una maggioranza autonoma, potrebbe sperare di formare una coalizione di governo guardando alle altre forze politiche viste la distanza siderale su ogni pagina di programma. Secondo altre proiezioni il vantaggio della May si è ridotto ad un solo punto percentuale. L’ultimo sondaggio Survation per il Mail on Sunday vuole i tories al 41,5%, mentre i laburisti al 40,4%. Il che vuol dire che la maggioranza dei conservatori in parlamento è seriamente a rischio. E se nel frattempo altri sondaggi confermano il vantaggio dei conservatori tra gli 11 e i 12 punti e un’ altra proiezione prodotta da Lord Ashcroft Polls consegna invece alla May la maggioranza assoluta dei seggi di Westminster, i bookmakers non si fanno turbare dai numeri dei sondaggisti d’assalto e continuano a scommettere sul primo ministro in carica.
Per l’agenzia Ladbrokes è in vista una vittoria conservatrice che regalerà ai conservatori una maggioranza di almeno 17 seggi. Sulla stessa lunghezza d’onda è anche la società William Hill, che però vede uno scarto un tantino ridotto. Matthew Shaddick, di Ladbrokes, resta invece convinto che i recenti sondaggi che danno in grande rimonta i laburisti risentano della “timidezza dell’elettorato conservatore” meno propenso a dichiarare il suo voto. E ammette, “tutte le scommesse vanno i direzione di una maggioranza Tory. Se vincesse il Labour, ci costerebbe un occhio della testa”!
C’è una rivelazione che però tutti hanno scartato, quella di Kantar, aggiornata al 31 maggio. Quel che guida il sentimento dei britannici risultano essere il sistema sanitario nazionale (23%) e i negoziati sulla Brexit (21%). L’interesse per la sicurezza è fermo al 14%, un pelo più in alto di quella verso l’immigrazione, al 13%. Il nodo dell’assistenza sanitaria è il primo argomento a interessare gli elettori della sinistra (42%) mentre i conservatori sono focalizzati soprattutto sulla Brexit (39%). Se davvero Corbyn finirà al numero 10 ve lo racconteremo tra qualche ora. I sondaggi hanno creato la solita bolla mediatica, o alla fine, sono stati capaci di fotografare il momento?