Forleo: la procura di Milano ha un occhio di riguardo verso D’Alema

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Forleo: la procura di Milano ha un occhio di riguardo verso D’Alema

Le lacrime davanti ai fotografi, le smentite, poi di nuovo le conferme delle presunte intimidazioni ed, infine, anche le indiscrezioni sui consigli del Procuratore Generale, preoccupato che la questione delle intercettazioni di D’Alema fosse trattata con la massima prudenza. L’ultima puntata del caso UNIPOL si intreccia con le vicende personali del giudice Forleo e ne viene fuori una storia forse suggestiva, ma di sicuro poco chiara.

Il GIP di Milano si era presentata al cospetto del CSM per dar conto dei suoi interventi su stampa e televisione in cui aveva denunciato le pressioni che aveva ricevuto da parte di ambienti istituzionali. “Non ho mai detto di avere paura delle Istituzioni” avrebbe riferito il Giudice nel corso dell’audizione, che evidentemente deve essere stata caratterizzata da momenti di enorme tensione, sottolineati addirittura dalle lacrime della Forleo.

Probabilmente, come ha affermato l’avvocato del magistrato, l’Onorevole Giulia Buongiorno, si è trattato “solo di alcuni brevi momenti di commozione” ma di certo, a differenza di quanto sostenuto dal legale, c’è stata una ritrattazione da parte del GIP milanese. Gli spettatori di Annozero  l’avevano infatti ascoltata affermare espressamente di essere stata “vittima di tentativi di delegittimazione e discredito da parte di soggetti istituzionali, che non appartengono al mio ufficio, e anche da appartenenti alle forze dell’ordine. Ho pure avuto la fortuna di scoprire chi manovrava queste persone”.

Chi sulla base di queste affermazioni aveva costruito l’immagine di un magistrato disposto a scontrarsi con la prepotenza e la corruzione dei poteri forti, si sarebbe presumibilmente aspettato dichiarazioni di tutt’altro tenore da parte del GIP. Ci si attendeva forse che la Forleo trovasse il coraggio di rendere noti addirittura i nomi dei presunti intimidatori. Invece, da Palazzo dei Marescialli si apprende di un suo comportamento molto più controllato, che copre la vicenda di un alone di mistero. Non si capisce in sostanza se la Forleo abbia inteso attribuire al suo ruolo nel caso UNIPOL le pressioni subite, o se abbia voluto riferirle solo ed esclusivamente all’inchiesta relativa alla sua tragica vicenda familiare.

Fatto sta che l’immagine di Clementina in lacrime innanzi ai colleghi del CSM, lascia supporre che il famigerato GIP della distinzione tra resistenza e terrorismo viva un momento di difficoltà personale e che, dunque, accanto agli errori che certamente ha commesso, debba essere valutata anche la sua temporanea scarsa lucidità per decidere se sottoporla o meno ad azione disciplinare.

Per il momento, comunque, il CSM non sembra intenzionato a dare avvio ad un procedimento nei suoi confronti. Tuttavia, l’organo di autogoverno della magistratura dovrà probabilmente uscire fuori dal suo proverbiale immobilismo per attivarsi in merito ad altri aspetti della vicenda che sono emersi dall’audizione della Forleo. Il giudice per le indagini preliminari avrebbe, infatti, riferito di un colloquio con il procuratore generale di Milano Mario Blandini, che le avrebbe consigliato di essere prudente e di depositare solo le intercettazioni strettamente attinenti all’inchiesta sulle scalate bancarie in modo da assecondare le presunte preoccupazioni di Massimo D’Alema sull’esistenza di sue conversazioni personali con l’indagato Giovanni Consorte, nelle quali il ministro degli Esteri si sarebbe lasciato andare a giudizi spiacevoli su alcuni compagni di partito, compreso Piero Fassino.

Se così fosse (per la cronaca, sia D’Alema che Blandini hanno smentito tali circostanze), la stessa procura di Milano – che ormai da quindici anni non perde occasione di mettere sotto accusa Berlusconi e le sue aziende, di censurare anche sul piano morale la sua attività di politico e di imprenditore e di aprire con disinvoltura fascicoli finalizzati a discreditare la sua immagine, ma destinati a risolversi sempre in assoluzioni o archiviazioni -, sembrerebbe dunque aver deciso di cambiare improvvisamente rotta e di comportarsi con prudenza, se non addirittura con delicatezza per venire incontro ai timori espressi da Massimo D’Alema.

Le circostanze autorizzano a sospettare che un tale cambiamento sarebbe dovuto al diverso schieramento politico dei due leaders, e accreditano anche i più stravaganti sospetti cospirazionisti sull’uso deviato delle indagini milanesi nei confronti del Cavaliere.

Ma non è da escludersi che, anche in questo caso, il CSM rinunci a fare chiarezza e fornisca così l’ennesima dimostrazione di trovare più interesse nell’equilibrio politico al suo interno che nel reale stato della Giustizia italiana.