L’antiberlusconismo ribalta solo l’ordine pubblico e la pace sociale
15 Dicembre 2010
L’atteso appuntamento del 14 dicembre si è concluso, finalmente. Il risultato, per nulla scontato a dire il vero, ha visto il rigetto della Camera, dopo quello del Senato, della mozione di sfiducia messa in atto dall’opposizione al Governo Berlusconi.
Apparentemente è stato un avvenimento anormale solo per la tempestiva inadeguatezza del momento, segnato da una crisi economica pesante e da una sostanziale assenza di alternativa politica, programmatica e numerica al centrodestra. Ma, come sappiamo, il fatto veramente sconcertante è stato il tentativo di ribaltare la maggioranza operato da una parte della maggioranza stessa, vale a dire da Fli e dal presidente della Camera, Gianfranco Fini. Un atto veramente anomalo, che ha spinto efficacemente i deputati e i senatori del Pdl a dover scindere l’attacco al nuovo nemico dal ruolo istituzionale che il capo futurista ricopre, il quale, evidentemente, non può essere vilipeso allo stesso modo di come meriterebbe la situazione.
A parte alcuni interventi interessanti in Aula, si è trattata, in fin dei conti, di un’avventura surreale, una crisi dove chiunque non fosse animato da insana follia si è sentito dalla parte di Berlusconi, ossia dalla parte della legge e dell’ordine, prima ancora di iscriversi tra i difensori della democrazia. Molti critici hanno osservato nelle scorse settimane, me incluso, che Fini è riuscito, da quando durante l’estate ha cominciato le scorribande, a riesumare un leader, Berlusconi, che indubbiamente stava vivendo allora un momento particolarmente difficile per gli attacchi mediatici che stava subendo dall’inizio della Legislatura. Questa settimana, però, è avvenuto il vero compimento, involontario ma prevedibile, dell’operazione Futuro e Libertà, vale a dire il consolidamento definitivo del Governo, perlomeno sul piano politico.
A dire il vero, a coronare questo rafforzamento simbolico, istituzionale e democratico del gabinetto Berlusconi ci ha pensato il Pd. Se, infatti, Fini ha letteralmente sbagliato strategia, tanto che ha dovuto ammettere dopo la mancata sfiducia il fallimento della fronda, Bersani e i suoi hanno colto l’occasione per rivelare al mondo intero e all’opinione pubblica italiana di che pasta sono fatti gli irresponsabili.
Il discorso fatto nella replica al Governo dal segretario degli ex comunisti è stato a dir poco scandaloso, provinciale e cafonesco. E lo è stato tanto di più quanto maggiormente ha espresso un’indubbia efficacia retorica, tipica dei piccoli notabili di sezione. Parlare di un esecutivo che si ribalta, di contro ad un ribaltone presunto, che secondo lui, non sarebbe mai avvenuto, contrasta esplicitamente con le manifestazioni di piazza che si stavano preparando e che, di lì a poco, si sarebbero viste per tutta Roma nel pomeriggio e nella sera di martedì. Niente di nuovo, per chi conosce la storia e la prassi politica di quei protagonisti. Già in occasione della riforma Gelmini si era voluto scaldare le piazze. Ma le ultime manifestazioni hanno avuto un calibro diverso, molto più violento e massimalista. Non c’erano più i tanti ricercatori perbene che ignari della grande strumentalizzazione ideologica e politica che stavano subendo si erano lanciati pacificamente per le vie della città. No. Questa volta vi erano solo ed esclusivamente brutte persone, teppisti e violenti, della peggiore feccia che si può trovare nell’emarginazione suburbana delle grandi metropoli.
Questo sarebbe il senso di responsabilità della sinistra? Questa sarebbe la razionale capacità gestionale che viene vantata dall’opposizione parlamentare contro il Pdl?
Ma via, come non vedere in tutta l’azione un contrasto netto tra tali povere persone disperate, che tuttavia riducono in fuoco cassonetti e costringono i negozi a chiudere proprio nei giorni, pochi invero, in cui possono sperare di lavorare un po’, e l’atteggiamento saputello di chi vorrebbe insegnare le regole democratiche agli altri?
Bersani parla del ribaltamento del governo. Ebbene, è molto più grave il ribaltamento dell’ordine pubblico, della pace sociale che questi quattro rivoluzionari da strapazzo fanno per conto di un partito che della sinistra gli è rimasto soltanto la velleità incontrollata di muovere i centri sociali contro la gente che lavora duramente e civilmente per sopravvivere.
Almeno un tempo il Pci aveva il controllo della classe operaia. E’ pericolosissimo, invece, per la sinistra di oggi volerla mettere in movimento, come incita Bersani, se non è neanche in grado di reggersi in piedi. Berlusconi, forse, ne ha combinate tante. Ma quanto appare più credibile il suo esecutivo davanti alla spocchia pressapochista di vecchi dirigenti d’apparato che ormai sono i degni rappresentanti unicamente di alcuni disperati che non hanno più né arte e né parte e ci hanno fatto perdere tanto tempo prezioso nel traffico di Roma sotto Natale.
Per non parlare, poi, della follia dei finiani. Sono stati capaci di allarmare tutti e di creare un tale clima psicologico di tensione tra i propri deputati da renderli insicuri di un voto di sfiducia su cui, fino a qualche ora prima, avrebbero scommesso tutti di essere all’altezza.
Ogni cosa può essere migliore, in fin dei conti. Ma questa pagliacciata di Futuro e Libertà ha dimostrato unicamente che la sinistra è sempre la stessa e sempre il peggio del peggio. Tant’è che l’unica opposizione che è riuscita a generare l’ha dovuta creare dalla costola del centrodestra, e non da se stessa. Quello che traspare a sinistra è ormai solo la vecchia violenza giustizialista di Di Pietro allacciata a quella nuova di Bocchino, associata infine alle insurrezioni armate di qualche insignificante facinoroso.
Quando le cose vanno così, in conclusione, non c’è altro da dire: lunga vita al re.