Ci manca solo dare la colpa a Internet se al referendum costituzionale ha vinto il NO

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Ci manca solo dare la colpa a Internet se al referendum costituzionale ha vinto il NO

13 Marzo 2017

Il presunto “complotto populista” con Facebook, Twitter e social network vari che diffonderebbero “fake news”, notizie bufala, per abbattere la democrazia è diventato il cavallo di battaglia anche dei nostri giornali mainstream, come se nessuno avesse mai letto Bel Ami di Maupassant. I giornali del resto hanno sempre messo in giro menzogne diventate perfino senso comune ed era un gioco da ragazzi far credere qualsiasi cosa, come quando, negli anni Settanta, i media erano la tv e qualche agenzia stampa controllate dal potere centrale.

Basta pensare alle lotte sulle televisioni di Berlusconi e al tormentone italico sulla “videocrazia”. La crisi del Pd e il timore di un cambiamento politico in Italia fa perdere la tramontana a molte grandi firme. Editorialisti di punta del Corriere arrivano a teorizzare che i 5 stelle stanno conquistando l’egemonia culturale, pur essendo dei buzzurri, mentre il Pci è riuscito a imporre l’egemonia culturale e a fare diventare verità diventate senso comune menzogne storiche e politiche, perché era un partito pieno di geni. Ma il problema è appunto come grandi firme del giornalismo italiano arrivino a scrivere che i comunisti italiani fossero tanto ganzi da riuscire a far credere al Belpaese che l’Italia fosse stata teatro di una guerra tra partigiani e fascisti, e non invece un grande campo di battaglia della Seconda guerra mondiale, da cui il nostro Paese uscì sconfitto.

Poiché è difficile immaginare che gli italiani non sapessero di avere perso la guerra, è evidente che tale falsificazione della storia non si impose perché il Pci era pieno di geni, ma perché terrorizzava la gente. La paura era tale (Pansa docet) che difficilmente sarebbero stati smentiti. Evidentemente i grandi giornalisti non ricordano le aggressioni e le persecuzioni subite da Renzo De Felice dalla canea egemone nelle nostre università. Sempre sul Corriere dell’8 marzo c’è anche chi se la prende contro il dilagare di Facebook, Twitter e social network vari accusandoli addirittura di avere effetti devastanti sulla personalità, sul tessuto sociale e politico, quali il calo demografico in tutt’Europa, il fenomeno delle famiglie monoparentali e la diffusione di massa degli stupefacenti. Ma anche in questo caso è possibile attribuire il calo demografico degli ultimi decenni ai social media e non alla rivoluzione sessuale, all’aborto e ai cambiamenti avvenuti a partire dagli anni Settanta?

La grande paura dei social network da parte dei media tradizionali si è innescata con la vittoria di Trump alle elezioni Usa, avvenuta perché Trump ha sconfitto la rete globale usando a suo vantaggio Facebook e Twitter e creando un vero e proprio network intorno al sito di enews Breitbart. Anche Obama aveva usato i social media (ricordate le “Twitter Revolution” e le primavere arabe?), ma aveva l’appoggio del New York Times e allora i social network, a quanto pare, non divulgavano fake news. Adesso invece Twitter e Facebook uccidono la democrazia, sono in arrivo i dittatori, gli hacker sono all’attacco dell’Europa. Certo, la tecnologia ha cambiato la comunicazione politica, ma se i 5 stelle si sono imposti con un blog e partiti come il Pd perdono consenso, nonostante, come abbiamo visto col referendum, Renzi avesse il monopolio dei media e inviti a votare per il Sì arrivassero continuamente via Internet, la realtà è che la maggioranza degli italiani non ha fiducia nel Pd. O vogliamo dare la colpa agli hacker russi se ha vinto il No?