Sul caso Consip vince IDEA. Il Cda si dimette. E Lotti?

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Sul caso Consip vince IDEA. Il Cda si dimette. E Lotti?

18 Giugno 2017

L’ultima puntata della vicenda Consip, con le dimissioni di due consiglieri e la decadenza del cda, racconta meglio di mille altri esempi il Paese di pulcinella dei renziani. Ricapitolando: l’ad della centrale di acquisti della pubblica amministrazione finita al centro di una inchiesta su presunti appalti pilotati, Luigi Marroni, afferma di essere stato informato dal ministro Lotti sulle indagini in corso. Lotti smentisce la cosa come una calunnia, ma non denuncia, sempre per calunnia, Marroni. I due, quindi, restano al loro posto, una contraddizione evidente e destinata a farsi insanabile: il rapporto di fiducia tra governo e management di Consip ormai si incrinato, venendo meno. 

Nello scontro politico che si accende sul caso, parte della opposizione si concentra quindi sulla mozione di sfiducia a Lotti, che però per la maggioranza è un bersaglio più facile da difendere. Da qui la brillante operazione di IDEA, e dei senatori Augello e Quagliariello, che sparigliano, e invece di puntare su Lotti presentano un’altra mozione che chiede l’azzeramento dei vertici ormai compromessi dell’azienda controllata dal Tesoro. 

Governo e maggioranza per cento giorni fanno melina in parlamento, allungando a dismisura i tempi di discussione sulla mozione presentata da IDEA e sottoscritta da settantatré senatori di Forza Italia, Lega, Gal, Movimento 5 Stelle e anche da alcuni senatori di maggioranza. Intanto, la linea di Padoan diventa respingere le dimissioni annunciate da Marroni e spiegare alla stampa che non ci sono ragioni tecniche o statutarie per rimuovere l’amministratore delegato dal suo incarico. La contraddizione però resta. E martedì prossimo i nodi sarebbero venuti al pettine in parlamento. La mozione di Idea e dei 73 senatori, tutti schierati in modo compatto per l’azzeramento del Cda, sta per sbarcare in aula a Palazzo Madama e spinge di colpo a più miti consigli il Pd. 

Il rischio, per i renziani, è che in Senato la maggioranza possa andare sotto su una mozione della opposizione, e così, in zona cesarini, spunta una mozione fotocopia presentata proprio dal Pd, a prima firma Zanda. I Democratici insomma fanno di colpo dietrofront, sull’orlo di una crisi di nervi, isterici perché hanno capito che non possono permettersi uno scontro parlamentare in piena campagna elettorale per i ballottaggi delle Comunali. Così i renziani si mettono a chiedere anche loro un nuovo Cda per Consip, “non compromesso dalle indagini”, aggiungono. 

Alla velocità della luce, soprattutto considerando l’inerzia precedente, l’ormai indifendibile Marroni viene scaricato per tutelare Lotti ma, come dicono Quagliariello e Augello, sono “ore febbrili” nella maggioranza, che adesso teme di andare sotto lo stesso in Senato (Mdp non sottoscrive il documento Zanda), proprio sulla sua mozione. Per Padoan, si profila il rischio di essere “commissariato” da Palazzo Madama. Per cui quella improvvisa accelerazione del Pd possiamo spiegarcela anche così: si sapeva già che la mozione Pd non sarebbe stata votata e non restava altro che spingere alle dimissioni i membri del Cda, nel tentativo di salvare capra e cavoli. 

“Non è un bello spettacolo, ma ci consola aver innescato un meccanismo irreversibile che sta spazzando via il pittoresco e avventuroso management renziano posto ai vertici della più importante stazione appaltante italiana”, commentano Augello e Quagliariello, che mettono in cascina una importante vittoria politica per Idea e per il nuovo gruppo del Centrodestra Federazione della Libertà, che si è costituito proprio in Senato. 

La partita comunque non è chiusa: come ha chiarito Augello, le dimissioni del cda di Consip non fanno venir meno la mozione di Idea, non solo perché l’ad Marroni resta in carica fino alla convocazione dell’assemblea degli azionisti, ma anche perché teoricamente sussiste la possibilità che le dimissioni dei consiglieri vengano respinte, come del resto Padoan aveva già fatto con quelle annunciate dall’amministratore delegato. Lunedì, dunque, i firmatari decideranno il da farsi, e la decisione sarà tutta politica. E, come suggerisce Quagliariello, sarebbe inaccettabile se la vicenda si chiudesse senza quantomeno un confronto parlamentare col governo.

Intanto, nella renzianissima Italia di pulcinella, vedremo quali sviluppi ci porterà l’inchiesta della magistratura su Consip (uno dei membri del fu cda è stato sentito come testimone informato dei fatti da chi indaga). E chissà che anche Marroni adesso non abbia qualcosa da aggiungere.