“Dopo Gheddafi gli interessi dell’Italia non saranno in pericolo”
03 Marzo 2011
Gli scontri in Libia tra le forze fedeli a Muammar Gheddafi e i ribelli del “consiglio nazionale” di Bengasi si fanno sempre più duri. I bombardamenti della città di Brega da parte dei jet dell’aviazione libica gheddafiana nei confronti della città ribelle mostrano che il rischio di uno stallo politico e di una spaccatura in due del paese mediterraneo è ben probabile. La comunità internazionale – in particolare i paesi confinanti e in generale quelli della regione mediterranea – deve fare i conti con una situazione difficile. E con dilemmi di varia natura. Per identificare la postura diplomatica più “conveniente” all’Italia, abbiamo chiesto un parere molto autorevole all’ex-Presidente del Consiglio, Lamberto Dini. Fu infatti proprio Dini, in veste di ministro degli esteri italiano nei quattro governi del centrosinistra nella seconda metà degli anni ’90, a tenere le redini del riavvicinamente italiano con la Libia del colonnello. Sua la firma in calce di quel protocollo d’intesa firmato a Tripoli nel 1998 con Gheddafi che molti considerano oggi il vero architrave sul quale è stato edificato, dieci anni dopo, il vituperato (soprattutto di questi tempi) trattato d’amicizia italo – libico del 2008. Lamberto Dini è uno insomma che con il regime del colonnello ha a lungo parlato e negoziato. L’ex presidente del consiglio ricorda all’Occidentale che Gheddafi è stato “un cliente scomodo” per l’Italia e che oggi il nostro Paese farebbe meglio a “isolarlo”.
Presidente Dini che dovrebbe fare l’Italia con Gheddafi?
L’Italia deve fare di tutto per isolare il colonnello. Questa è la cosa più importante adesso.
Dovremmo scaricarlo adesso che è in difficoltà dopo averci stretto degli accordi economico-energetici?
Guardi, aver avuto a che fare con il colonnello in questi anni è stato molto difficile. E’ stato un ‘cliente scomodo’, se mi concede l’espressione.
Un cliente scomodo che ci ha fatto molto comodo però?
Nei rapporti con la Libia di Gheddafi, l’Italia ha solo difeso il suo interesse nazionale. Non gli dobbiamo niente.
Parliamo un attimo degli scontri. Si è parlato di bombe dai jet sui civili libici, di fosse comuni. Notizie e immagini che poi non sono state corroborate in seguito?
Anch’io sono rimasto colpito, soprattutto dall’atteggiamento di Al Jazeera. Non riesco ancora a capire a che gioco stia giocando l’emittente. E’ chiaro, comunque, che non possiamo basarci solamente su ciò che ci viene detto dai media sul campo.
Presidente crede che dovremmo intervenire militarmente in Libia, magari imponendo una no fly zone?
Ma quale intervento militare o no fly zone. E’ chiaro a tutti che un’azione militare in questo momento è del tutto impraticabile.
Sarà pure impraticabile ma intanto due unità navali statunitensi, la Kearsarge e la Ponce, hanno passato il canale di Suez e adesso si trovano a Creta e a 50 miglia dalle coste libiche?
La presenza di navi americane come la Kearsarge o della Ponce di ritorno nel Mediterraneo è solo un power display, una manifestazione di forza da parte statunitense. Niente di più. Un modo per tentare di mettere paura al colonnello.
Presidente ma scaricando il colonnello, l’Italia non rischia di compromettere molto del suo status commerciale in Libia?
Io di questo non mi preoccuperei troppo. Il giorno che Gheddafi non dovesse esserci più, chi verrà dopo di lui, ci assicurerà la continuità del nostro status commerciale.
Mi sta dicendo che l’Italia ha già preso contatti con persone che eventualmente ambiscono a guidare la Libia nel dopo Gheddafi?
A me risulta che dei contatti con "altre" figure libiche siano già stati presi dall’Italia.
Chi sarebbero queste persone con cui l’Italia avrebbe preso contatto? Si tratta di elementi interni al “consiglio nazionale” di Bengasi?
Guardi di questo proprio non posso parlare. Non mi scucirà neanche un nome.