Khomeini peggio di Gheddafi: sanzioni all’Iran per le violazioni dei diritti umani
05 Marzo 2011
Mentre gli occhi del mondo sono puntati sulla Libia e sui crimini perpetrati dal Colonnello Gheddafi ai danni del suo stesso popolo, in Iran, lontano dai riflettori, il regime mette in atto una repressione altrettanto terribile. Le manifestazioni di protesta che questa settimana hanno attraversato tutto il paese da Tehran ad Isfahan, da Tabriz a Shiraz, da Ahwaz a Rashd, fino a Kermanshah e molte altre, sono costate l’arresto di oltre 600 persone che chiedevano la liberazione dei due dei leader più importanti dell’opposizione, Mir Hossein Mousavi e Mehdi Karroubi. Da tempo condannati ai domiciliari, mercoledì scorso i due sono stati “prelevati dalle proprie abitazioni insieme alle rispettive mogli (in particolare Mousavi è sposato con Zahra Rahnavard, a sua volta importante figura delle opposizioni, ndr), bendati ed ammanettati, e stipati nel bagagliaio di una macchina dei Guardiani della Rivoluzione”, in quello che Michael Leeden sul suo blog ha definito un “classico metodo mafioso”.
Nessuna sa ora dove si trovino né se siano ancora vivi, ma secondo Ardeshir Amir-Arjomand, uno dei più stretti collaboratori di Mousavi, attualmente “sono entrambi ostaggio del governo iraniano, ed è sorprendente che due delle principali figure politiche dell’opposizione siano scomparse nel silenzio delle autorità di governo”. Di certo si sa che sono sotto il torchio del “novello Scarpia”, il Ministro dell’Intelligence Heydar Mosley, noto per l’uso della tortura come mezzo per ottenere le confessioni dei detenuti politici (non a caso inserito nella lista nera della UE per le continue violazioni dei diritti umani). Il tutto nel silenzio assordante della comunità internazionale, che è stata estremamente rapida nel condannare la repressione libica ma colpevolmente silenziosa di fronte a quella iraniana. Eppure ciò che sta avvenendo in tutte le maggiori città iraniane non è affatto diverso da quello che avviene nelle strade della Tripolitania e della Cirenaica.
Come nota Emanuele Ottolenghi sul Wall Street Journal “come la Libia, la Repubblica Islamica di Iran sin dal 1979 è stata teatro di brutali repressioni nei confronti dei dissidenti. Purtroppo le torture sono diffuse e persino i familiari dei dissidenti vengono minacciati, rapiti e addirittura stuprati, mentre centinaia di prigionieri politici, omosessuali, donne e rappresentanti delle minoranze muoiono ogni anno tra le braccia dei loro aguzzini, vittime di processi farsa e di un sistema giudiziario che nega le più elementari regole della giustizia”. Ciononostante, il dissenso in Iran non è mai venuto meno, e non verrà meno neppure dopo l’arresto di Mousavi e Karroubi. D’altra parte l’opposizione iraniana non è organizzata in modo top-down, ma al contrario si basa su strutture organizzative diffuse in cui l’onere del coordinamento non è nelle mani di un nucleo ristretto di leader. L’opposizione, dunque, continua nella sua battaglia per la libertà anche senza vertici predefiniti.
L’arresto di Mousavi e Karroubi era nell’aria da diverse settimane, ed in un certo senso, il movimento ha avuto tempo per prepararsi a questa situazione. Anzi, è possibile che in futuro assisteremo ad un aumento delle iniziative di protesta che potrebbero includere nuovi scioperi, manifestazioni di piazza, e persino sabotaggi agli impianti petroliferi. Di sicuro ancora una volta il regime rimarrà sorpreso dalla vitalità dell’opposizione, così come è rimasto sorpreso dalla larga partecipazione alle manifestazioni dei giorni scorsi. Non solo l’Onda Verde è ancora viva e vegeta, ma sembra essersi rafforzata col passare dei mesi, come un fiume carsico che scorre sotto la superficie. Lo dimostra anche l’incredibile sciopero alla raffineria di Abadan, certo non un luogo qualunque, non solo perché si tratta della principale raffineria del paese, ma anche perché porta alla mente lo sciopero che nel 1978 fu uno dei momenti più significativi nella caduta dello Shah. La data stessa scelta dalle organizzazioni dei lavoratori per incrociare le braccia, il 14 febbraio, è importante, poiché si tratta dello stesso giorno scelto dall’Onda Verde per la sua manifestazione di protesta, segno di una vicinanza politica significativa.
Persino l’Occidente, a cominciare dall’Amministrazione Obama, è stato colto di sorpresa dalla vitalità dell’opposizione iraniana, più volte data per sconfitta e sempre risorta, tanto che l’atteggiamento del Presidente degli Stati Uniti finora sempre molto, troppo, prudente, potrebbe cambiare. La scorsa settimana il senatore repubblicano Mark Kirk (Illinois), ha depositato una proposta per una risoluzione da presentare all’ONU per l’istituzione di una commissione di inchiesta sulle ripetute violazioni dei diritti umani in Iran. La speranza è che il Presidente Obama faccia sua la proposta dimostrando di avere davvero a cuore le sorti del popolo iraniano. Come sottolinea Meir Javedanfar in un articolo sul Guardian “il modo migliore per l’Occidente di mettersi in sintonia con il popolo iraniano è appoggiare nuove sanzioni non per le violazioni del programma nucleare, ma per le continue violazioni dei diritti umani”. Un altro modo di aiutare l’opposizione è quello di fornirgli gli strumenti per comunicare. Come nota ancora Michael Ledeen “il regime sta facendo di tutto per creare una nuova Hermit Nation in Iran, isolando i propri cittadini attraverso l’oscuramento di tutti i siti internet considerate pericolosi, dai maggiori social network ai canali satellitari considerati filo-occidentali come la BBC Persian. L’obiettivo è spegnere ogni voce in dissonanza con la propaganda governativa, ed isolare le persone impedendogli di comunicare tra loro in modo da non consentirgli di coordinarsi per le manifestazioni”.
Anche Geneive Abdo su Foreign Affairs sottolinea la necessità di “fornire ai disobbedienti la tecnologia di cui l’occidente dispone per contrastare l’oscuramento dei mezzi di comunicazione” in atto in Iran. Il supporto pubblico degli Stati Uniti alle piazza egiziane e tunisine ha consentito a milioni di persone di ottenere la libertà che chiedevano, in Iran però non basterà. Sarà necessario molto di più, per mettere sotto pressione il terribile regime dei mullah, ma se è vero che le sanzioni non potranno sostituire il coraggio del popolo iraniano, è vero però che potranno renderlo ancora più audace.