Sulle infrastrutture la politica dovrebbe ascoltare gli abruzzesi
26 Gennaio 2011
di F. C.
Tra le emergenze che l’Abruzzo sta affrontando c’è sicuramente il nodo relativo alle infrastrutture, sulle quali la nostra regione ha accumulato un grave ritardo. Oggi mancano le risorse ma nel passato ciò che è mancato è stata soprattutto la lungimiranza politica, il saper guardare oltre la breve prospettiva delle elezioni successive.
Se abbiamo coscienza degli errori fatti, non possiamo perseverare nel ripeterli. Eppure è quello che potrebbe accadere con la questione del pedaggio dell’asse attrezzato.
L’Abruzzo ha bisogno di strade, di una rete ferroviaria più moderna, di grandi opere. E’ questo che abbiamo portato all’attenzione del governo, del ministro delle Infrastrutture e dell’Economia in particolare, ogni volta che ne abbiamo avuto l’occasione. E ci siamo sempre trovati tutti d’accordo che bisognasse ragionare in una prospettiva ampia, di rilancio del territorio. Ci aspettavamo perciò investimenti e non certo lo spauracchio di una nuova tassa.
Eppure, il decreto sui nuovi pedaggi che entrerà in vigore dal primo maggio e che riguarderà anche una delle principali strade urbane della nostra regione, l’asse attrezzato Pescara-Chieti, avrà proprio questa conseguenza: si trasformerà in una tassa ingiusta, soprattutto per i possibili destinatari, ovvero pendolari e residenti dei comuni limitrofi a Pescara, che quotidianamente utilizzano l’asse attrezzato per raggiungere luoghi di lavoro, scuole, università, servizi. Un sacrificio, dunque, che è improponibile chiedere ai cittadini, già alle prese con una crisi economica difficile da fronteggiare. Di questo il ministro Altero Matteoli, così come il ministro Giulio Tremonti, non possono non tener conto. Gli abruzzesi hanno bisogno di futuro e non di ostacoli ad esso.
E non si tratta difendere interessi locali. Si tratta piuttosto di difendere un principio di equità e di giustizia sociale che rappresenta una responsabilità per ogni politico. Facendo i conti in tasca ai cittadini questa “novità” comporterebbe una spesa media di circa cinquanta euro al mese, senza considerare l’aumento del prezzo del gasolio e del pedaggio delle autostrade. Un peso sulla vita delle famiglie, dei lavoratori e delle imprese del trasporto ingiustificabile.
Senza considerare altre prevedibili conseguenze: per evitare il pedaggio migliaia di mezzi si riverserebbero, giustamente, sulla viabilità ordinaria, con conseguenze drammatiche per l’ambiente, il traffico, i tempi di percorrenza, la sicurezza delle persone. Non si può non tenere conto di tutto questo. Specie nel momento in cui si lavora proprio per rendere le nostre città meno inquinate, più a misura d’uomo, più sicure. Una contraddizione in termini.
La battaglia, sulla quale tutta la politica abruzzese è d’accordo, ovvero richiedere all’ente nazionale delle strade di declassare l’arteria da "raccordo autostradale" a "superstrada" e di modificare il Decreto Milleproroghe per escludere dall’applicazione del pedaggio tutti i raccordi autostradali gestiti da Anas che abbiano un interesse prevalentemente urbano, è pertanto giusta e perseguibile.
Questo gli abruzzesi chiedono al governo ed è una richiesta che non può non essere ascoltata. Non si può non tener conto che ad essere colpito sarà chi non ha alternative all’utilizzo dell’automobile. E che dire, inoltre, del trasporto delle merci, che avviene prevalentemente su strada? Proprio da una recente indagine è emerso che gli italiani giudicano la maggior parte delle tasse ingiuste, inutili, eccessive e mal distribuite. E soprattutto ritiene che non ci sia un equo rapporto tra tasse pagate e servizi ricevuti. Compito della politica è di difendere e perseguire l’interesse collettivo. Un eventuale pedaggio dell’asse attrezzato, significa tradire questa missione.