In due mesi Berlusconi batte Fini e Casini 4 a 0. E Bondi resta in sella

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In due mesi Berlusconi batte Fini e Casini 4 a 0. E Bondi resta in sella

26 Gennaio 2011

La sfiducia a Bondi diventa la quarta fiducia al governo Berlusconi in poco meno di due mesi. Le mozioni di Bersani, Di Pietro, Casini e Fini si trasformano in un nuovo “suicidio politico”, col risultato – paradossale – di rafforzare il centrodestra anziché aprire varchi o crepe. E’ il primo round della battaglia finale che la maggioranza porta a casa nel giorno in cui lo scontro tra schieramenti si concentra da un lato sull’affaire Montecarlo e sul ruolo del presidente della Camera, dall’altro sull’invio dei pm milanesi di altre trecento pagine del Rubygate alla Giunta per le autorizzazioni a procedere. 

 Quello che si è visto alla Camera è il segno della debolezza di un’opposizione (le distinzioni tra moderati, pasdaran, riformisti e dialoganti ormai sono andate a farsi benedire)  ridotta a usare la sfiducia – al governo il 14 dicembre o ai singoli ministri nei casi di Calderoli prima e Bondi poi – come unico strumento per tentare la spallata al Cav. Di contro, l’esito del voto conferma la tenuta del centrodestra: numeri alla mano, su 606 votanti i no sulla sfiducia a Bondi sono 314 (al voto partecipa anche il premier) e i sì si fermano a quota 292, due gli astenuti.  

Esattamente la stessa soglia raggiunta il 14 dicembre quando il governo incassò 314 voti a favore e 311 contro. Un dato che tuttavia non consente ancora quella piena autosufficienza ipotecata dall’uscita dei finiani dal Pdl. La ‘mission’, dunque, resta l’allargamento della base parlamentare. Dalla conta di ieri vanno escluse alcune assenze fisiologiche, come quelle di cinque deputati piddini alle prese con problemi di salute e quelle della delegazione centrista volata a Strasburgo per il dibattito europarlamentare sulla cristianofobia, ma il fatto che la maggioranza ancora una volta può contare su un numero congruo di voti per superare agevolmente la soglia di sicurezza (ieri era fissata a 304), è un dato oggettivo che acquista una valenza tutta politica.

Il gruppo dei Responsabili fa la sua parte e l’ex Fli Moffa annuncia che sono in arrivo altri parlamentari pronti a sostenere l’esecutivo. Pure l’ex Pd Calearo lo rimarca dando per imminente l’ingresso nel neonato gruppo parlamentare di alcuni deputati democrat. L’ipotesi che circola da alcuni giorni spinge a ritenere che i potenziali parlamentari con la valigia in mano provengano dall’area cattolica, la componente più in sofferenza nel partito di Bersani che flirta con Vendola e Di Pietro ma per disarticolare la scalata dei veltroniani ai piani alti del Nazareno, non chiude del tutto la porta a Casini. Ed è ai cattolici dell’opposizione che Bondi si rivolge nel suo intervento stigmatizzando l’imbarbarimento della politica e il fatto che con la mozione di sfiducia è stata introdotta “una prassi nuova nella politica del paese. D’ora in avanti al posto del confronto democratico e politico, si potranno presentare mozioni di sfiducia individuali per attaccare e umiliare gli avversari politici”. Poi la sottolineatura all’indirizzo del terzo polo che rispetto a Pd e Idv s’è inventato la variante della mozione ‘barattabile’ con le richieste alla maggioranza. Della serie “se accetti le nostre proposte, allora la ritiriamo; altrimenti pollice verso”.

Sarà forse per limitare i danni politici della nuova sconfitta, peraltro abbastanza prevedibile, che Casini mette le mani avanti giusto prima del voto in Aula affermando che “lo sanno anche i bambini dell’asilo che Bondi avrà la maggioranza. Noi, che abbiamo dato un giudizio negativo sul ministro Bondi voteremo la sfiducia. Non è un problema di mettere in difficoltà il governo, ma di votare secondo coscienza”. Più in generale, nota il leader centrista, proprio “per questo non proponiamo più nessuna mozione di sfiducia contro il governo, perché sarebbe inutile. Però ciascuno ha il dovere di assumersi le proprie responsabilità”. Come dire: ho sbagliato e ho capito che non è cosa.

Tuttavia, la tentazione della spallata a prescindere al governo è forte e il leader centrista col sostegno dei futuristi ci riprova annunciando fin da ora che i terzo polisti voteranno compatti contro il federalismo, al voto di Montecitorio la settimana prossima. “L’ennesimo ricatto politico”, commentano dal centrodestra, un nuovo avvertimento rivolto soprattutto alla Lega se la si guarda sul piano dei tatticismi neocentristi che sperano ancora nel passo indietro del premier. Non sono mancati attimi di tensione nell’emiciclo durante la ‘chiama’ e i segnali di nervosismo questa volta sono all’interno delle truppe finiane. Al punto che si sfiora la rissa tra i futuristi Lo Presti e Granata (quest’ultimo nel suo intervento a nome di Fli ha usato toni tranchant contro il ministro dei beni culturali, quasi come quelli dell’Idv Zazzera che definisce il ministro “un giullare di corte”) e un parlamentare del Carroccio che vengono divisi dai commessi.

Ad alzare il livello di tensione c’è poi il caso Montecarlo. Questione che dopo le carte inviate dall’isola caraibica di Santa Lucia alla Farnesina e subito girate da Frattini alla Procura , adesso finisce al centro di un’interrogazione parlamentare . E’ il senatore Pdl Luigi Compagna a chiedere al premier e in particolare al ministro degli Esteri “quali atti abbia compiuto per verificare la veridicità degli elementi riportati dalla stampa riguardanti la proprietà dell’immobile situato a Montecarlo al numero civico 14 di Rue Princesse Charlotte e se questi elementi siano sufficienti a chiarire definitivamente e in modo rispondente alla verità dei fatti l’intera vicenda”. Frattini risponderà stamani nel question time a Palazzo Madama.

Fini tiene il punto e in suo soccorso accorre Casini che prima bolla come “tutta da ridere se non da piangere la pretesa di attribuire a Fini una regia occulta della vicenda Ruby”, poi serve l’assist al collega di cordata anti-Cav. per dire che “è aperta una giusta indagine giudiziaria su vicende, inventate di sana pianta, che volevano coinvolgere Fini e tra qualche settimana si potrà sapere chi ha cercato di fare una vendetta sul presidente della Camera”. Peccato che il ‘verdetto’ finale pronunciato con tanta sicurezza dal leader Udc valga per Fini ma non per il Cav.

Chi invece torna a battere sul tasto delle dimissioni è il Senatur, dopochè in martedì in conferenza dei capigruppo Pdl e Lega avevano sollevato la questione. Un modo, fanno osservare alcuni parlamentari della maggioranza, per rispondere al messaggio in codice dei terzo polisti sul no al federalismo e ribadire il concetto di fondo: “Penso che il federalismo passerà e se non passa si vota, però vedremo se davvero non passerà. Se qualcuno vuole fare degli accordi con la Lega "non è me che deve convincere ma la base, la nostra base. Se uno vota contro il federalismo poi come fa a chiedere di fare accordi con noi?”. Ma c’è anche chi nelle parole del Senatur legge uno scenario diverso: l’intenzione di trattare con le opposizioni non solo sul varo definitivo della riforma ma pure in chiave elettorale in vista delle amministrative di primavera.

Infine, la seconda puntata del Rubygate con l’invio dei pm milanesi a Montecitorio di altre 227 pagine del decreto di perquisizione domiciliare nei confronti del premier che si aggiungo alle 389 già inviate dieci giorni fa. Ora il dossier sul tavolo della Giunta (che lo esaminerà oggi) è lievitato a oltre 600 pagine. Che nel breve spazio di poche ore finiscono puntualmente sui media, e poco importa se si tratta di documenti relativi ad attività investigativa che, per legge, dovrebbero restare segreti nella fase dell’indagine preliminare. Per Berlusconi “è tutto scandaloso”, per Bossi sono “solo scartoffie” mentre l’opposizione cavalca le dimissioni del premier. Nuovo round e nuove polemiche. 

Ciò che resta agli atti della giornata parlamentare è la nuova debàcle dei ribaltonisti, quelli che vogliono togliere di mezzo Berlusconi senza ripassare dalle urne e per questo si affannano coi governi costituzionali – da Sel a Fli passando per la Lega come propone D’Alema – o di emergenza, o salvezza nazionale come chiedono Casini e Fini. La sintesi più efficace sta nelle parole del Guardasigilli Alfano che la mette giù così: “Stiamo 4 a 0, il risultato pare chiaro”. Ma la partita, quella decisiva, non è ancora finita.