“Never again”, partiamo dal presente per non dimenticare la Shoah
27 Gennaio 2011
“Never again”, non una costatazione ma una battaglia. È stato questo lo slogan che ha animato il convegno “Mai più? Chi progetta lo sterminio degli ebrei oggi” organizzato dall’ On. Fiamma Nirenstein, vicepresidente della Commissione Esteri, presso la Sala delle Colonne della Camera dei Deputati.
Nel giorno in cui si celebra la Giornata della Memoria per ricordare quel 27 gennaio 1945, quando l’Armata Rossa apriva i cancelli di Auschwitz-Birkenau, il campo di sterminio che incarna e simboleggia l’orrore della Shoah, un gruppo di intellettuali ed esponenti del mondo ebraico dello spessore di Giorgio Israel, Carlo Panella, Dan Diker, Emanuele Fiano, Piero Ostellino, Riccardo Pacifici hanno proposto una lettura inconsueta e senz’altro più significativa di questa ricorrenza.
Lo hanno fatto partendo non dal ricordo storico, ma dal presente. Quale futuro per il popolo d’Israele, di fronte alla minaccia incombente di un secondo genocidio a carattere strategico da parte di uomini quali Mahmoud Ahmadinejad? Durante le annuali celebrazioni di questa giornata che ha per sempre cambiato la storia mondiale, molti rispolverano i soliti e vuoti convenevoli, convinti del fatto che è anche giusto ricordare, ma quel che è stato ormai giace sotto la polvere depositatasi col trascorrere del tempo.
Così non è. “Il negazionismo dei leader iraniani significa che Teheran potrebbe preparare un nuovo Olocausto, bisogna combatterlo”. È di questo avviso Rocco Buttiglione, presidente dell’Unione dei Democratici Cristiani e Democratici di Centro, intervenuto al meeting.
Ma l’Iran, Hezbollah e Hamas non sono gli unici nemici di Israele. Come sottolineato dal giornalista e scrittore Carlo Panella, ben 51 stati islamici negano ad oggi l’esistenza dello stato di Israele. Quel che maggiormente preoccupa è l’indifferenza da parte dell’Occidente ai continui attacchi che questo stato privo di diritti deve subire (vedi il continuo lancio di razzi da Gaza), senza che abbia, peraltro, la possibilità di difendersi. È questa la normalità per uno stato la cui nascita non è altro che l’espressione, secondo Piero Ostellino del Corriere della Sera, dei due principi fondamentali ai quali tutti noi teniamo: libertà e nazionalità?
Il tema della sicurezza, sentitamente riportato in auge del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo discorso per la Giornata della Memoria nel 2007 – oggetto di elogi da parte dell’ambasciatore israeliano in Italia presente al convegno –, sembra non rivestire ai nostri occhi alcuna importanza. La negazione di questa facoltà ad assicurare l’incolumità di una nazione è alla base di un nodo di cui oggi noi europei dobbiamo preoccuparci: quello che lega antisionismo e antisemitismo.
Proprio quest’ultimo fenomeno – anticamera, per Ostellino, “della tirannia e della negazione della libertà” –, secondo Giorgio Israel, professore di Storia della matematica e scrittore, è in forte crescita soprattutto perché c’è un inconcepibile “boicottaggio culturale”. Il mondo scolastico e accademico, infatti, non è capace di “far passare alcuni fondamentali concetti attraverso la memoria storica”. L’unico modo, secondo lui, per farla capire appieno è ribaltare il ragionamento partendo dalla spiegazione del “pericolo presente” che potrebbe presentarsi davanti ai nostri occhi.
È sbagliatissimo infatti celebrare l’‘unicità’ dell’Olocausto. La tragedia che ha colpito sei milioni di ebrei è estendibile, come ha sottolineato Dan Diker, Segretario Generale del World Jewish Congress, a livello universale. Si guardi a ciò che è avvenuto in Cambogia, in Darfur, in Rwanda e ai tentativi di genocidio in Tibet e in Bosnia.
E allora quello che i relatori della convention si sono chiesti è: cosa ha fatto la comunità internazionale per far fronte a un tale scempio? Evidentemente troppo poco, dato il proliferare di esempi che ci circondano, oltre a quello esemplare di Israele. Quello che bisogna fare, come ha sottolineato Riccardo Pacifici, Presidente della Comunità Ebraica di Roma, è cambiare prospettiva: mettere da parte patetismi e parole di compassione nei confronti del popolo ebreo, mobilitarsi per la difesa dei cristiani arabi e preservare l’Europa dall’invasione incontrollata di esponenti islamici, potenzialmente pericolosi.
Allora forse, come suggerito dall’On. Nirenstein, bisogna agire con vigore sul presente riportando alla luce la Convenzione per la prevenzione e punizione del crimine di genocidio approvata con risoluzione dell’Assemblea Generale dell’ONU il 9 dicembre 1948, perché quello che è successo 66 anni, quello che all’unisono è stato definito un “crimine contro l’umanità”, fa non accada mai più. Preserviamo il presente per preservare il ricordo.