Senza etica la scienza del clima non andrà lontano
18 Marzo 2011
L’attività e le azioni dall’IPCC (Intergovernmental Panel onClimate Changes) hanno determinato un vulnus all’etica scientifica della comunità dei climatologi. Certamente il problema del clima è di enorme difficoltà, anche per l’inadeguatezza della base scientifica e metodologica, ma questo non giustifica la caduta etica di chi, ormai con prove evidenti, ha sorvolato su errori macroscopici, banalità nelle approssimazioni, eccesso di “fiducia” nelle simulazioni, taroccamento dei risultati, mettendo la scienza al servizio di finalità politiche e commerciali. I danni provocati da questo atteggiamento minano anche la credibilità dei ricercatori di altre discipline.
Veniamo ai fatti. L’IPCC ha finanziato e finanzia generosamente svariati progetti di ricerca per dimostrare che siamo di fronte a dei “cambiamenti climatici”, ovvero si dà per scontato che esistano cambiamenti climatici causati dall’uomo, segnatamente il riscaldamento globale, ed escludendo che il clima, come succede da sempre, è banalmente variabile. Se si legge una qualsiasi enciclopedia si vedrà che il clima è caratterizzato da cicli multipli con durate di centinaia di migliaia, migliaia, centinaia e decine di anni. A questi cicli sono sovrapposte variazioni a breve termine, di ampiezza anche significativa e di difficile descrizione, detto "rumore". Inoltre, l’uomo esiste sulla terra da sei milioni di anni con condizioni di vivibilità all’incirca costanti. Usare sull’asse dei tempi decine di anni, come fatto nei rapporti IPCC, è indice d’irresponsabilità scientifica. In aggiunta, come ben sa un qualsiasi studente di matematica o di discipline affini, l’interpolazione lineare di una funzione complessa, come la presunta temperatura media del globo, non fornisce alcuna informazione futura e non ha valenza nella descrizione di tendenze, anche di medio termine.
Una terza osservazione banale, nota a chiunque usi descrizioni comportamentali di sistemi, è che l’utilizzo (nei modelli previsionali) di numerosi parametri di fitting, con un aggiustamento funzionale dei parametri stessi, determina soluzioni dipendenti unicamente dai parametri usati. Ovvero, un qualsiasi modello con eccessiva descrizione parametrica “fitta” qualsiasi andamento temporale e fornisce estrapolazioni “a piacere”. L’avere tanti modelli che s’appoggiano alla stessa curva, pur misteriosamente affetti da rumore, non dice assolutamente nulla, se non, appunto, mostrare che una retta può essere approssimata da un numero esorbitante di modelli: basta usare varie decine di parametri e si ha quel che si vuole, specie se i parametri sono definiti da interazioni “interessate” tra i modellizzatori, che hanno, secondo le email del "climategate", coordinato le simulazioni per ottenere risultati concordati. Fornire grafici con dettagli del centesimo di grado a cadenze di un anno (rapporto AR4WG, pag. 600) è semplicemente una mancanza di serietà professionale.
I modelli usati dai climatologi, di difficile reperibilità e comprensibilità, sono spesso scritti in Fortran, un linguaggio poco adatto a problemi di grande complessità e non tengono adeguatamente conto del feedback. Essi portano all’errata conclusione che sistema-terra è molto “delicato” e sensibile a trascurabili sollecitazioni. Nulla di più improbabile. Il sistema-terra, considerando l’aspetto energetico, riceve dal sole 122 mila Terawatt, circa ottomilavolte l’energia trasformata ogni anno dall’uomo, 15.5 Terawatt (2005). Inoltre, le fluttuazioni dell’attività solare sono circa-periodiche con variazioni dello 0,1% ogni decina di anni; l’incremento del consumo energetico dell’uomo è di qualche percento all’anno. Il risultato corrisponde a valori assoluti e fluttuazioni solari cicliche molto superiori alle trasformazioni causate dall’uomo. Non si capisce allora come un sistema che resiste a tali grandi sollecitazioni e variazioni temporali possa essere “turbato” da eccitazioni migliaia di volte inferiori.
Si dice che la colpa è del CO2. Quel biossido che, poverino, fino a qualche anno fa era il benemerito componente chimico per la sintesi clorofilliana. Ricordiamo che il biossido di carbonio è essenziale per il complesso di reazioni con le quali le piante producono sostanze organiche. Inoltre, la quantità di energia catturata dalla fotosintesi è un centinaio di Terawatt, parecchie volte il fabbisogno totale del mondo. Il motivo per cui il CO2 sia diventato un veleno per l’ambiente non è chiarissimo ma l’aspetto che dimostra, chiaramente, la caduta etica degli scienziati, riguarda la pubblicazione di dati relativi a previsioni di concentrazione di CO2 che alla fine si sono rivelate un vero imbroglio. I dati sono stati forniti dall’IPCC (Figura 6.3 dell’IPCC WG1-AR42007, documento ufficiale del panel dell’ONU) e, nonostante la successiva scoperta del falso, nessuno si è sentito in dovere di cambiare le raccomandazioni e chiedere almeno scusa. E’ evidente che un tale fasullo abnorme aumento di CO2, anche per gli effetti nefasti impropriamente attribuitigli, avrebbe dovuto significare la fine del mondo. Nessun sistema può ammettere variazioni in valore e derivata di tale entità se non per breakdown.
La reazione della comunità scientifica, insomma, non poteva essere, com’è stato, un “andiamo avanti come senon fosse accaduto nulla”. Supponendo una minima adeguatezza scientifica, tutti avrebbero dovuto capire che i dati forniti da Susan Solomon, co-chair WG1 dell’IPCC, nella slide 7 della sua presentazione alla Royal Society a Londra (Marzo 2007) e alla Norvegian Accademy of Science di Oslo (Aprile 2007) erano contraffatti. Parimenti, la perentoria dichiarazione della Solomon nella slide 10, per cui il vapore acqueo (le nubi) amplificherebbe i cambiamenti climatici, è assolutamente ridicola. Infatti, a pag. 608 il rapporto IPCC del 2007 dichiara: “Al di fuori delle regioni polari si riscontrano errori relativamente larghi nella parte est del bacino oceanico tropicale, probabile sintomo di problemi nella simulazione di nuvole basse”. Prima, a pagina 601, si diceva: “Poiché le nuvole sono responsabili di circa metà della radiazione verso SW, gli errori non devono sorprendere poiché simulare il processo delle nubi è molto difficile”. A pagina 630 si parla invece di sostanziali miglioramenti grazie all’uso di parametri “aggiustati” e relativi al processo delle nubi; a pagina 633 il rapporto informa che l’assorbimento di radiazione aumenta approssimativamente (ripeto, approssimativamente) con il logaritmo del vapore acqueo (sic…). Infine, a pagina 637, si ammette che il feedback associato all’effetto combinato di dinamica e cambiamenti di temperatura sulle nuvole extratropicali non dà risultati chiari.
Insomma, com’è possibile che tutte queste timide ammissioni d’inadeguatezza dei modelli, pur nascoste in centinaia di pagine senza una formula o una descrizione, abbiano potuto dare certezza alla signora Solomon? Si potrebbe continuare a lungo ad individuare tantissime altre manchevolezze scientifiche, come peraltro quelle riscontrate da un crescente numero di “eco-scettici”. La reazione della maggioranza dei climatologi alle critiche sarà certamente una discreta dose di arrogante supponenza, accompagnata dauna valanga di dati, tabelle, grafici variopinti, costati svariate centinaia di milioni alla comunità, e seguiti dalla richiesta di altre svariate centinaia di milioni. Nessunoperò fornirà giustificazione per le violazioni etiche e i comportamenti truffaldini di quella parte della comunità scientifica che ha tradito la sua missione.