La nuova sfida è ridare fiducia ai mercati
11 Febbraio 2008
Altro che “spiriti animali”, come li
chiamava John Maynard Keynes. Di fronte alla crisi che impazza da interi
mesi, le borse occidentali lasciano intravedere la risposta più prevedibile e
razionale che ci possa attendere da chi è stato tradito nella fiducia.
La crisi subprime e il tonfo della
finanza strutturata hanno certamente rivelato centinaia di miliardi di euro di
crediti marci annidati nei bilanci delle banche e dei loro veicoli non
consolidati, il mercimonio finanziario di titoli “impacchettati” sui mercati
secondari, le spericolate acrobazie dei sistemi di tesoreria finanziaria, e
mille altri sgradevoli dettagli che i più ignoravano.
Purtroppo, tutto questo non è che la manifestazione
esteriore – la conseguenza – di mutamenti profondi – la causa. Soprattutto dentro l’industria
bancaria, e dunque nel cuore del nuovo capitalismo mercatista, si è infatti manifestata quella che da tempo Giulio
Tremonti considera una fortissima mutazione: dimensionale e funzionale al tempo
stesso.
La prima tipologia di mutazione ha fatto sì che le banche
internazionali assumessero la morfologia di megabanche.
La seconda specie di mutazione ha invece fatto sì che le megabanche applicassero in forma
radicale e su scala globale la forma nuova della tecno-finanza: l’OTD. L’OTD (originate-to-distribute-model)
è la tecnica con cui chi origina un rischio lo trasferisce a soggetti terzi. Ed
è il mattone, per inciso, con cui si è costruito un tipo nuovo di banche: universali e irresponsabili.
In un crescendo intensissimo, la struttura aperta dei
mercati finanziari, la caduta dei controlli e le nuove tecniche della finanza
hanno infatti sancito la rottura del vecchio equilibrio tra rischio e
responsabilità, aprendo una tragica asimmetria, quella tra origine del rischio e responsabilità per il rischio.
Questa stessa asimmetria, manifestandosi
in tutto il suo fragore ha messo a nudo il fallimento dei “guardiani del
sistema”: organi di vigilanza, istituzioni comunitarie, funzioni di controllo
interno, revisori esterni e agenzie di rating. Tutti, ma proprio tutti,
amorevolmente uniti nella gara a chi ha più fette di salame sugli occhi.
Una tendenza diffusa, simboleggiata dal
grottesco buco nei conti di Société Generale: originato da acrobazie nel back
office della banca francese e ancora oggi stimato con difficoltà da chi indaga
sull’intera vicenda.
Per giunta, le proposte delle agenzie di
rating di autoriformarsi – questi giorni si accatastano a pacchi sulle colonne
dei giornali, manco fossero foglie morte in autunno – lasciano il sapore amaro
di una excusatio (quasi) non petita.
L’effetto simbolico è forse quello
peggiore – anche se quantificabile con grande difficoltà – dell’intera crisi:
la radicale perdita di fiducia nelle istituzioni da parte degli
investitori.
In Germania, tanto per dare l’idea, la
perdita di fiducia è
Pur di restituire fiducia ai mercati –
non ci sono riusciti nemmeno gli utili 2007 appena resi noti da Deutsche Bank –
a Berlino stanno pensando a misure drastiche: team della gloriosa Bundesbank sono già al lavoro.