Codice antimafia, l’ennesima mancetta Pd per non perdere consensi (rincorrendo i 5 Stelle)

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Codice antimafia, l’ennesima mancetta Pd per non perdere consensi (rincorrendo i 5 Stelle)

29 Settembre 2017

C’è poco da fare: sembra proprio che il nuovo codice Antimafia approvato dalla Camera convinca solo il Pd. Per Rosy Bindi, presidente della commissione antimafia, è “un regalo al Paese”. Per il ministro della Giustizia Orlando è “una buona notizia”. Ma il senatore di Idea Carlo Giovanardi si chiede: “d’ora in poi quale amministratore si assumerà serenamente la responsabilità di firmare un atto, consapevole che un minimo sospetto può costargli la confisca dei beni?” anche perché, rincara il senatore, “non si capisce nemmeno come uno possa difendersi, nel senso di pagare le spese legali, se i suoi beni sono sotto sequestro”. Insomma, il rischio di mandare in rovina, anche per un semplice sospetto, amministratori e imprenditori e, con essi, anche altre persone implicate, è altissimo. Il punto più controverso è l’ampliamento dei destinatari delle misure di prevenzione patrimoniale. D’ora in poi, infatti, oltre ai mafiosi, provvedimenti del genere potranno essere esercitati nei confronti di chi è accusato (sottolineiamo: semplicemente accusato) di terrorismo, stalking o di associazione a delinquere finalizzata a gravi reati contro la pubblica amministrazione, come la corruzione, il peculato e la concussione.

L’equiparazione tra accusati di mafia e accusati di stalking o di corruzione non va giù, ed è tutto dire, nemmeno a Raffaele Cantone, presidente dell’autorità Anticorruzione, che già a luglio aveva espressamente invitato il Parlamento a “cambiare questo passaggio”. Perché, come ha ricordato in una intervista al Mattino Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale, tutto questo non fa altro che alimentare “una giustizia del sospetto”, ma soprattutto permette di “usare la confisca e il sequestro come strumenti di prevenzione a tutto campo in una situazione in cui c’è il sospetto che la persona abbia commesso un reato”. In pratica, l’opposto di quanto previsto dalla nostra Costituzione che, al contrario, tutela la presunzione di innocenza. Per cui, per esempio, di fronte ad una sproporzione tra reddito dichiarato e patrimonio, si può avanzare il sospetto che quel patrimonio sia frutto di varie corruzioni precedenti, e il pm può chiedere il sequestro. 

Ma non è tutto. Dato che tali misure preventive previste dalla legislazione antimafia sono rivestite di eccezionalità perché utilizzate per combattere un fenomeno eccezionale come la mafia, c’è il rischio che estendere all’ordinario uno strumento straordinario come quello della prevenzione porti a delegittimare e rendere incostituzionale l’intero impianto normativo, facendo decadere in questo modo uno strumento fondamentale per la lotta alla mafia, già in uso giustamente e con successo. In pratica, un autogol pazzesco.

Tuttavia non tutto il Pd esulta. Non è un mistero che Renzi già tempo fa avesse espresso qualche perplessità su questa svolta giustizialista, per il timore di perdere consensi nel mondo imprenditoriale. E in questo senso è da interpretare l’approvazione di un ordine del giorno che prevede un “monitoraggio” della riforma. Magari già con l’intento di lasciare aperto un pertugio per cambiarla.

Insomma, al netto dei compromessi tra l’area più giustizialista e quella più morbida interne al Pd, si ha l’impressione che l’obiettivo dem fosse quello di approvare il Codice per il solo gusto di poter dire nella prossima campagna elettorale “abbiamo combattuto la corruzione” e recuperare un po’ di voti dei 5 Stelle, e soprattutto di non essere mediaticamente massacrati qualora si fosse scelto di affossare il provvedimento. Come sempre, il Pd sceglie il proprio interesse di bottega, incurante degli effetti che il provvedimento ha sul paese, già affetto da immobilismo difensivo di amministratori pubblici e imprenditori. È noto che proprio questo è uno dei più gravi problemi italiani: l’accumulo di leggi, leggine, competenze diverse sulla stessa questione, con la possibilità di essere accusati di aver saltato qualche passaggio burocratico e di non aver seguito pienamente l’iter previsto dalle normetive. Aggiungiamo la possibilità di essere equiparato a un mafioso, con il sequestro preventivo dei  beni, e il quadro di un paese paralizzato dalla cultura del sospetto è completo.