Aborto, se nemmeno un prete può attaccare Emma Bonino

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Aborto, se nemmeno un prete può attaccare Emma Bonino

22 Novembre 2017

Emma Bonino è un simbolo del diritto all’aborto, e questo simbolo Renzi lo vuole aggregare nel suo piccolo “Ulivo” personale, la mini-coalizione che vorrebbe mettere insieme per sostenere un Pd che ha perso troppi pezzi e rischia di apparire isolato. Forse anche per questo i media si sono scatenati sul post di Don Francesco Pieri, il parroco bolognese che sulla sua pagina fb ha posto la domanda ormai nota: “Ha più morti innocenti sulla coscienza Totò Riina o Emma Bonino?”.

La frase significa mettere sullo stesso piano un mafioso e una donna politica? No, certamente. Proviamo a farci capire con un esempio diverso. Se dicessimo: “ha più morti sulla coscienza Riina o Stalin?” non vorrebbe dire che Stalin era mafioso, o che socialmente le due figure si equivalgono, ma che uccidere è sempre uccidere, sia che lo si faccia per realizzare il comunismo che per eliminare i clan concorrenti. Se togli la vita a qualcuno, alla vittima non importa che tu lo faccia per un ideale alto o infimo, per soldi o per ottenere una legge che sancisca il diritto all’aborto. Per giudicare diversamente bisogna ritenere che il bambino abortito non sia una vita umana, che eliminarlo sia un atto indifferente sul piano etico. Don Pieri ha usato un tono sicuramente provocatorio, totalmente estraneo al politicamente corretto che imperversa ovunque, annacquando le menti e ottundendo i sensi, per un post in uno dei mezzi di comunicazione più contestati del momento, cioè facebook, ormai additato come fonte di ogni malainformazione. Negli anni ’70 la domanda di don Francesco sarebbe stata un perfetto ta tze bao, quelle frasi fulminanti attaccate ai muri, fatte apposta per far pensare, e le levate di scudi sarebbero state di ben altro tenore e spessore. Ma adesso quelle parole sono diventate indicibili.

Eppure non ci sono errori, nei presupposti di quella domanda, e don Francesco è in ottima compagnia nel porsela. Come molti hanno ricordato in questi giorni, è innanzitutto in compagnia di un altro Francesco, ben più importante e noto, e cioè il Papa attuale che, il 18 febbraio del 2016, di ritorno dal Messico, con schiettezza disse testualmente “L’aborto non è un ‘male minore’. E’ un crimine. E’ fare fuori uno per salvare un altro. E’ quello che fa la mafia. E’ un crimine, è un male assoluto”. Il primo paragone fra aborto e mafia è del Papa attuale, quindi.

E non c’è neppure bisogno di scomodare i Papi, per trovare parole di fuoco contro l’aborto. Pierpaolo Pasolini, per esempio, il 19 gennaio 1975 sul Corriere della Sera scrisse:  “Sono traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio”. O  Cristopher Hitchens, l’intellettuale corrosivo nei confronti di Madre Teresa e di Benedetto XVI, che di sé diceva “Sono un ateo. Non sono neutrale rispetto alla religione, le sono ostile”, il quale, però, scrisse “ Ovviamente il feto è vivo, quindi la disputazione se debba o meno essere considerata “una vita” è casuistica. Lo stesso si applica, da un punto di vista materialistico, alla questione se questa vita sia o no “umana”. Cos’altro potrebbe essere? (…) Al fine di terminare una gravidanza, devi ridurre al silenzio un cuore che batte, spegnere un cervello che cresce e, al di là del metodo, rompere delle ossa e distruggere degli organi”.

Perché solo atei impenitenti, o scrittori omosessuali, possono dire apertamente certe cose, patrimonio da sempre del magistero della Chiesa? Perché un prete non può dirle? Ma forse anche Pasolini e Hitchens, di questi tempi, avrebbero avuto le loro grane, a scrivere certe cose.

Insomma, qual è il problema, visto che Emma Bonino rivendica da sempre la sua battaglia per ottenere la legalizzazione dell’aborto, tanto che ci ha costruito sopra la sua carriera politica? La Bonino, come tutti i suoi difensori, dovrebbe pur sapere che le polemiche e le discussioni su qusto tema non si sono mai spente, e che in tanti ritengono che si tratti di omicidio. E di omicidio dell’innocente, come ha ben ricordato, ad esempio il Cardinal Ruini qualche giorno fa, spiegando l’enciclica di un altro  Papa, Giovanni Paolo II, l’Evangelium Vitae: “Nel pubblicarla, Giovanni Paolo II ha inteso compiere un atto del più alto valore dottrinale, massimamente impegnativo per i credenti. E’ questo infatti il documento del suo pontificato nel quale impegna maggiormente il suo magistero, affermando che il comandamento “Non uccidere” ha un valore assoluto quando si riferisce a persone innocenti […] Secondo l’Evangelium vitae questa “inviolabilità assoluta della vita umana innocente è una verità morale esplicitamente insegnata nella Sacra Scrittura, costantemente ritenuta nella Tradizione della Chiesa e unanimemente proposta dal suo Magistero”. […] Poi Giovanni Paolo II applica questa dottrina al caso dell’aborto: “con l’autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, … dichiaro che l’aborto diretto, cioè voluto come fine o come mezzo, costituisce sempre un disordine morale grave, in quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente” (n. 62: al n. 61 aveva premesso “E’ già un uomo colui che lo sarà”). Questa decisione infallibile e non riformabile riguardo all’aborto prima dell’Evangelium vitae non era stata ancora così esplicitamente formulata come decisione infallibile”.

Ecco, considerando queste parole chiare e nette, che niente tolgono alla gravità del male compiuto da Riina, ci chiediamo: dove sta l’errore nella domanda provocatoria di Don Francesco? Perché un sacerdote cattolico non può farla? Chi lo pensa, abbia il coraggio di spiegarlo pubblicamente.