Pensioni: ecco quanto ci costa la controriforma

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Pensioni: ecco quanto ci costa la controriforma

Pensioni: ecco quanto ci costa la controriforma

21 Novembre 2007

DOSSIER sulla “controriforma” pensionistica di cui al Protocollo del 23 luglio 2007 e al ddl n. 3178 a cura del Comitato Scientifico della Fondazione Bettino Craxi e Associazione Giovane Italia.

 

Premessa

 Il 23 luglio dell’anno corrente il Governo ha sottoscritto con le organizzazioni sindacali (successivamente hanno aderito anche alcune associazioni imprenditoriali, tra cui la Confindustria) un Protocollo in tema di politiche previdenziali e del lavoro che ha introdotto importanti modifiche della legislazione vigente e delle riforme realizzate dal precedente Governo nella passata legislatura. In seguito, le norme del Protocollo – con qualche significativa modifica – sono state recepite da un disegno di legge attualmente all’esame del Parlamento.

Il presente Dossier si limita ad affrontare il capitolo pensioni, che è poi quello più a rischio sul versante dei conti pubblici, in quanto le modifiche proposte mettono in crisi l’equilibrio del sistema previdenziale, faticosamente raggiunto attraverso un decennio di interventi.  Si riportano di seguito le principali revisioni, corredate dalle considerazioni di carattere finanziario.

1. Età pensionabile: la legge n.243/2004 (riforma Maroni) aveva affrontato il nodo critico del pensionamento anticipato (early retirement), un istituto che nell’ultimo decennio ha consentito ad oltre 2,5 milioni di lavoratori di andare in quiescenza (senza penalizzazione alcuna) in età di poco superiore a 50 anni, fino ad arrivare, a regime nel 2008, ad un requisito di 57 anni di età con 35 anni di versamenti contributivi (inclusa una parte consistente di contribuzione figurativa) o di 40 anni di anzianità a qualunque età anagrafica. La riforma del 2004 aveva, invece, disposto che dal 1° gennaio 2008, il requisito anagrafico del trattamento di anzianità  salisse da 57 a 60 anni (nella pubblicistica si era usata correntemente l’immagine dello “scalone”) per arrivare gradualmente negli anni successivi a 61-62 anni per i lavoratori dipendenti e a 62-63 per gli autonomi (il limite rispettivamente dei 62 e dei 63 anni era condizionato ad una verifica degli andamenti del sistema), come è evidenziato nelle seguenti tabelle 1 e 2.

 

1. Pensione di anzianità (legge n. 243/2004): i requisiti dei lavoratori dipendenti

Anno di decorrenza

Minimi contributivi + età

Requisito solo contributivo

2002-2003

35 + 57

 37

2004-2005

35 + 57

 38

2006-2007

35 + 57

 39

2008-2009

35 + 60

 40

2010-2013

35 + 61

 40

Dal 2014

35 + 62*

 40

* questo requisito è sottoposto a preventiva verifica ed entrerà in vigore solo in caso di necessità

 

 

2. Pensione di anzianità (legge n.243/2004): i requisiti dei lavoratori autonomi

Anno decorrenza

Minimi contributivi + età

Requisito  solo contributivo

Fino al 2007

35 + 58

  40

2008-2009

35 + 61

  40

2010-2013

35 + 62

  40

Dal 2014

35 + 63*

  40

*questo requisito è sottoposto a preventiva verifica ed entrerà in vigore solo in caso di necessità

 

Questa operazione  avrebbe comportato notevoli risparmi  (oltre 75 miliardi dal 2008 al 2017) e ridotto l’incidenza della spesa pensionistica sul Pil (- 0,6%), nel decennio 2020-2030, proprio quando veniva previsto il picco (tab. 3 e 4).

 

3. LEGGE n. 243/2004: Effetti finanziari rispetto alla normativa previgente in materia di accesso al pensionamento d’anzianità già scontati nel tendenziale (in milioni di euro)

2008

2009

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016

2017

cumulato

445

4.137

6.883

8.539

8.856

8.821

8.619

9.474

9.868

%3C/td>

10.199

75.847

Fonte: RGS, Inps e Inpdap

 

4. Proiezione della spesa publica sulle pensioni (% del Pil)

 

Prima della riforma del 2004

Dopo la riforma del 2004

2005

14.1

14.1

2010

14.0

13.5

2015

14.3

13.6

2020

14.6

14.0

2025

15.0

14.4

2030

15.8

15.2

2035

16.1

15.6

2040

15.7

15.8

2045

15.0

15.3

2050

14.1

14.4

Fonte: Ministero del  Lavoro e delle Politiche sociali, 2005

 

Inoltre, la misura aggrediva uno dei problemi aperti del sistema pensionistico italiano, affrontato in maniere inadeguata dalle riforme. La possibilità di pensionamento anticipato – consentita a lavoratori che hanno iniziato a lavorare in età precoce, che vanno quindi in pensione in età ancora giovane e hanno davanti a sè un’attesa di vita destinata ad allungarsi – rappresentava – nonostante i passi in avanti compiuti – il “nodo gordiano” del  sistema pensionistico italiano. La considerazione vale anche se l’età media di pensionamento effettivo è ormai in linea (intorno ai 61 anni) con quella della UE-25.  Ma all’interno di tale dato pullulano evidenti contraddizioni. Se consideriamo lo stock dei trattamenti previdenziali del mondo privato (dipendente ed autonomo organizzati dall’Inps) ci accorgiamo che circa 2,5 milioni sono erogati a lavoratori maschi (in larga maggioranza residenti nel Centro Nord) contro poco più di 500mila prestazioni a donne (il dato della vecchiaia si inverte). Per quanto riguarda l’importo medio, quello dell’anzianità è quasi doppio del trattamento di vecchiaia in tutte le categorie (anche perché l’anzianità è sostenuta da versamenti contributivi di 35 e più anni, mentre quelli dei pensionati di vecchiaia risultano di poco superiori a 20 anni). Con riferimento, poi, al lavoro subordinato e a quello autonomo, in rapporto alla consistenza delle categorie, è molto più diffuso il pensionamento anticipato tra gli artigiani, commercianti e coltivatori (in queste gestioni la voce anzianità supera ovunque la voce vecchiaia) che nei pensionati del fondo del lavoro dipendente.

 

2. Le modifiche proposte:  il requisito di nuova istituzione  garantisce l’accesso al pensionamento di anzianità sommando il requisito anagrafico e quello contributivo (sistema delle quote). Come correttivo concorrente è prevista una soglia minima di età. Tutto ciò a partire dal requisito anagrafico di 58 anni (con 35 anni di contributi) dal 1° gennaio 2008 (59 i lavoratori autonomi). (tab.5)

 

5. Nuovo requisito minimo per l’accesso al pensionamento (con 35 anni di contributi versati)

%3Ctd width=”130″ valign=”top”>

Autonomi anni

Data

Dipendenti anni

Dipendenti quota

Autonomi quota

1.1.2008

58

 

59

 

1.7.2009

59

95

60

96

1.1.2011

60

96

61

97

1.1.2013

61

97

62

98

 

Il piano finanziario a corredo del disegno di legge attribuisce a questa misura (nel decennio 2008-2017) un onere complessivo di 7,48 miliardi di euro così ripartito (tav.6):

 

6. Effetti finanziari nel periodo 2008-2017 (in milioni di euro)

2008

2009

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016

2017

totale

59

557

1.490

1.838

873

870

-436

623

951

659

7.484

Fonte: Relazione tecnica ddl 3178 Camera dei Deputati

 

Va detto subito che la cifra di 7,48 miliardi è  sottostimata. Prima che la trattativa conclusasi con la stipula del protocollo prendesse il via, l’Economia divulgò delle ipotesi di spalmatura dello scalone con i relativi costi. Quella che partiva da 58 anni nel 2008 per arrivare ai 62 negli anni successivi – articolata sulla base di scalini rigidi – avrebbe richiesto (per ammissione della RGS) 9,3 miliardi di copertura come dato cumulato fino al 2016 (tab.7).

 

7. Mezzi da reperire, in caso di soluzione graduale () partendo da 58 anni nel 2008 e salendo gradualmente in ragione di un anno ogni due fino a 62 anni per i dipendenti e a 63 per gli autonomi. Accorpamento della finestre da 4 a 2.

 

2008

2009

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016

cumulato

26

442

1.965

2.456

1.879

832

 478

982

264

 9.325

Fonte: Rgs, 2007

 

 

La soluzione trovata – scalini più quote – è senz’altro più flessibile, tale da consentire un numero più elevato di trattamenti; è quindi maggiormente onerosa. Non è pertanto credibile che la revisione (quote + gradini) possa , sia pure con qualche differenza nell’arco temporale considerato, quasi 2 miliardi in meno.

Si è quindi lavorato, nel presente Dossier, ad una stima più realistica dei costi conseguenti alla revisione proposta per l’età pensionabile di anzianità. Tale stima si basa sul maggior numero di pensioni di anzianità che saranno erogate – per altro in tempi anticipati – grazie alla nuova normativa rispetto ai trattamenti attribuibili alle regole di cui alla legge Maroni.

 

La Relazione tecnica (nota n. 5 a pag. 14)  attribuisce agli effetti della normativa del ddl un maggior numero complessivo di pensioni pari 345mila nel decennio 2008-2017 (al netto dei trattamenti riconosciuti ai lavoratori adibiti a mansioni usuranti). Assumendo – come fa la Relazione – ad ogni pensione un valore medio di 22mila euro annui, si arriva appunto a 7,5 miliardi di euro. Una proiezione condotta nel contesto del presente Dossier (tav. 8) è pervenuta alla conclusione che il numero di 345mila trattamenti sia sottostimato per 174mila unità. Pertanto, usando il medesimo parametro dei 22mila euro annui (come valore medio della prestazione) di cui alla Relazione tecnica si arriva ad un maggior onere decennale di 3,8 miliardi.

 

8. Pensioni di anzianità tra la legge n.243/2003 e il ddl 3178 AC

anno

Differenza: maggior numero pensioni di anzianità

2008

   20.000

2009

   49.000

2010

   73.000

2011

   91.000

2012

   99.000

2013

 100.000

2014

 105.000

2015

 117.000

2016

 153.000

2017

 174.000

Fonte: elaborazione su dati Inps (modello previsionale)

 

Questa ricerca, oltre a condurci ad una più realistica valutazione dei costi, consente di segnalare (tab.n.9) l’evidente contraddizione tra l’onere sostenuto per l’aggiustamento del c.d. scalone e il numero modesto dei lavoratori che ne sarebbero stati coinvolti. I dati dell’Inps dimostrano, invece, che si sarebbe trattato di una minoranza di lavoratori, importante ma esigua. Solo  129.500 persone nel corso del 2008 sarebbero risultati bloccati dall’innalzamento del requisito minimo di età; di questi 43mila sarebbero stati lavoratori autonomi. Ragionando degli 86.500 dipendenti privati, soltanto 25mila  – per il combinato disposto tra la data della maturazione dei diritti e quella dell’apertura della finestra di accesso alla pensione – avrebbero subito una proroga forzata di 4 anni per effetto dello , mentre per 24mila il ritardo sarebbe stato solo di un anno, per 25mila di due, per 12.500 di tre. Naturalmente ai casi Inps andrebbero aggiunti, nel numero di qualche migliaia, i dipendenti pubblici, la cui condizione di lavoro – si ammetterà – renderebbe comunque meno oneroso il sacrificio di qualche anno di lavoro in più. 

 

9.  Stima del numero di persone che nel corso del 2008 matureranno i requisiti per la pensione di anzianità e che di conseguenza saranno bloccati ai sensi della legge del 2004se non sarà modificata

INPS: Fondo pensioni lavoratori dipendenti e gestioni dei lavoratori autonomi

 

Anni di attesa

1

2

3

4

totale

FPLD

 

24.000

25.000

12.500

25.000

  86.500

Autonomi

 

12.000

12.000