An e Forza Italia non si parlano ma si scrivono

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An e Forza Italia non si parlano ma si scrivono

An e Forza Italia non si parlano ma si scrivono

18 Dicembre 2007

Sarà pure
combattuto a colpi di inchiostro e calamaio, ma se è vero che la parola
talvolta punge più della spada, il duello a mezzo stampa in corso fra Alleanza
nazionale e Forza Italia non ha nulla da invidiare quanto a potenziale
contundente. Il confronto è esiziale: il teatro di battaglia, apparentemente, è
la legge elettorale, l’opportunità e i confini del dialogo con Veltroni, le
rispettive responsabilità sul ritardo che il centrodestra ha accumulato
rispetto al Pd nel cammino verso una meta unitaria. La posta in gioco,
altissima, è il rischio che il popolo della fu Cdl non capisca. L’epicentro,
reale, è la programmazione di un futuro in cui i centristi vagheggiano la
riedizione di formule in disuso, il Cav. guarda senza infingimenti alla
costruzione di una grande casa dei moderati, e Gianfranco Fini, corteggiato dai
primi per cercare di isolare il secondo, rischia di ritrovarsi senza uno spazio
di agibilità politica, e senza quell’identità cui sovente si richiama.

A inaugurare
questo nuovo capitolo del feuilleton è stata una lunga intervista del
leader di An a Libero. A scatenare il finimondo, al di là delle già note
argomentazioni sul sistema elettorale, sull’obbligatorietà dell’indicazione
delle coalizioni e sulla teoria delle “mani libere”, la seguente frase: “La
Casa delle Libertà – dice Fini – è stata demolita da Silvio. Ma un sistema di
alleanze alternative al Pd o all’Unione è possibile, con o senza il demolitore.
Il monopolio della politica non è previsto”.

Ventiquattr’ore
dopo, stavolta sul Giornale, la replica di Bondi e Cicchitto, che
imputano all’interlocutore “una ricostruzione mistificata della realtà, sia per
ciò che riguarda il passato che per ciò che riguarda il presente”. “Proprio da
Fini – ricordano i due dirigenti forzisti – furono infatti imposte all’intera
Casa delle Libertà una serie di mosse politiche controproducenti,
dall’astensione nella fiducia al governo Dini, al rifiuto di formare il governo
Maccanico, fino all’iniziativa del cosiddetto ‘Elefantino’. Anche l’esperienza
del governo Berlusconi dal 2001 al 2006 – soggiungono – fu contrassegnata da
una serie di distinzioni di An, dalla richiesta delle dimissioni di Giulio
Tremonti, alla cabina di regia, alla ripetuta richiesta di verifiche, alla
contestazione della riduzione dell’Irpef, fino alla dissennata scelta di andare
alle elezioni con le cosiddette tre punte e divisi sui candidati all’estero”.
Fino al de profundis intonato dall’Udc e, ai giorni nostri, alla
battaglia sulla Finanziaria in Senato.

Altre
ventiquattr’ore, e il postino ha bussato ancora alla porta dei giornali d’area.
Mittenti, Gianfranco Fini da una parte, Bondi e Cicchitto dall’altra. Il
contenuto delle rispettive lettere lo trovate in queste pagine.