Il Pci e l’inganno pacifista
01 Dicembre 2007
Tornato dagli USA, dopo il viaggio dell’estate 1947, Giuseppe Saragat scrisse diversi articoli sul sistema economico-sociale statunitense, e rilasciò alcune interviste. Rileggere oggi questi interventi consente di verificare la capacità, per così dire, premonitrice del leader socialista democratico, rispetto al nascente sistema di contrapposizione fra blocchi, che avrebbe improntato le relazioni internazionali, su scala planetaria, per circa un cinquantennio.
Saragat aveva compreso che una “terza forza” europea, tra le due superpotenze, era ormai divenuto un semplice, quanto ancora efficace, slogan politico, che le componenti socialiste e liberali avrebbero continuato ad agitare, senza tuttavia particolare convinzione circa la sua effettiva realizzabilità.
In numerosi interventi sul quotidiano del PSLI, “L’Umanità”, si affacciava, molto realisticamente, il discorso sul confronto militare fra Est ed Ovest, che la difficile situazione della Germania rendeva non improbabile. Da qui la necessità di scelte nette, chiare, a cominciare da quella che la competizione elettorale del 18 aprile 1948 avrebbe richiesto al popolo italiano.
E la sofferta adesione del PSLI al Patto atlantico, nelle difficili giornate parlamentari del marzo 1949, avrebbe sancito in modo definitivo la scelta occidentale ed “atlantica” dei socialisti democratici italiani. Proprio dall’adesione dell’Italia all’alleanza atlantica si avvia il lavoro di Andrea Guiso, La colomba e la spada. “Lotta per la pace” e antiamericanismo nella politica del Partito comunista italiano (1949-1954), (Soveria Mannelli, Rubbettino, 2007, pp. 686, euro 38).
E’ un libro importante, che va alle radici dell’Italia repubblicana, in merito ad un tema destinato a esser ritornante nel tempo: il pacifismo con il connesso antiamericanismo, promosso e sostenuto dal PCI ed epigoni.
Nella mitologia comunista, gli USA hanno sempre ricoperto il ruolo del Male. Essi erano considerati la quintessenza del capitalismo con il connaturato, “ineliminabile”, militarismo e imperialismo economico e militare. Il sistema ideologico e di propaganda del PCI ha senza posa alimentato nei decenni questa immagine, che ne costituiva una delle strutture portanti. Ed Andrea Guiso lo rileva in premessa: “La struttura di pensiero ed il linguaggio dei comunisti [si svolge] per categorie ideologiche… Lo studio del comunismo è l’apprendimento di un linguaggio, di un gergo esoterico…”. E nel terzo capitolo l’autore esamina la capillarizzazione del linguaggio comunista del pacifismo e dell’antiamericanismo, che entra a far parte del vissuto quotidiano, della cultura di massa di parte considerevole dei cittadini italiani. E tale è stata la sua penetrazione nelle coscienze – in ragione di una propaganda intensa, permeante, basata sulla mozione delle paure – che ancor oggi l’eredità ideologica di quel linguaggio permane, è vitale. Si ascoltino gli slogan della sinistra d’ogni sfumatura nel corso delle manifestazioni.
Il libro di Guiso è quindi molto importante. Ci fa capire perché ancor oggi un linguaggio obsoleto permanga, trovi suoi attivi diffusori ed interpreti. La ragione di ciò è evidente: fu una delle tante operazioni condotta dal PCI sulle coscienze: quello che ha fatto esclamare, in questo ultimo ventennio, a tante persone che vi prestaron fede: “siamo stati ingannati”.
L’inganno pacifista ed antiamericano prende le mosse dal 1949. Ma ha suoi notevoli antecedenti. Anzi si può dire ormai – grazie a successivi studi liberi dal pregiudizio benevolo verso il PCI – che l’inganno ideologico e morale fa parte intima della cultura comunista, che molti, in questi anni, hanno eufemisticamente definito “doppiezza”.
Qui il discorso potrebbe ulteriormente arricchirsi: informative e relazioni delle forze dell’ordine ricevevano diversi e successivi vagli di attendibilità, prima di arrivare agli organi superiori: comandi generali delle diverse armi, comandi dei Servizi di informazione, Ministro dell’Interno, Presidenza del Consiglio. Pur essendo fonti “poliziesche”, le notizie che recano risultano sempre dotate di un alto grado di veridicità. Può dirsi lo stesso delle fonti documentarie ufficiali prodotte dal Partito comunista italiano? Certamente no: esse erano volte in due direzioni. Ai militanti, per consolidarli nella loro passione; ai cittadini, per convincerli della truculenza morale dell’avversario e della bontà delle politiche comuniste. Questa documentazione quindi subiva un trattamento adeguato al doppio fine: omissioni, falsificazioni, linguaggio adeguato. Solo la documentazione riservata o segreta del partito ci potrebbe dire la verità sulle sue iniziative. Ma questa documentazione, opportunamente, è stata occultata o distrutta.
Tra queste difficoltà e necessarie precisazioni il lavoro di Guiso ci parla dell’ampia iniziativa politica della “lotta per la pace” che attraversò i confini di tutta l’Europa occidentale.
Essa ebbe antecedenti illustri nella teorizzazione leniniana, alla quale Guiso dedica il capitolo iniziale, così, per brevità, sintetizzabile: la guerra è frutto delle contraddizioni interne del sistema capitalistico. Con la successiva evoluzione ideologico-propagandistica che, se la guerra è frutto del capitalismo e quest’ultimo trova i maggiori interpreti nei sistemi totalitari nazifascisti e nell’imperialismo degli USA, ne consegue che Fascismo e USA sono posizionabili sullo stesso piano, e quindi a braccetto debbono muoversi Antifascismo e Antiamericanismo.
In quattro densi capitoli, Guiso illustra come la “lotta per la pace” abbia subìto nel tempo diversi agganci alla vicenda politica del momento e successive interpretazioni-rappresentazioni: lotta contro la bomba atomica, infiltrazione nelle Forze armate, opposizione parlamentare e di piazza al Patto Atlantico, boicottaggio, sino al sabotaggio, dei trasporti d’armi della NATO, propaganda culturale ed educativa, ostilità alla Comunità europea di difesa.
Il lettore, alla fine della proficua lettura, finirà per porsi la stessa domanda che Guiso ha posto in partenza: quanto i militanti e la pubblica opinione recepirono e divulgarono i temi di questa articolata battaglia culturale e morale? Quando cominciò ad incrinarsi la “fede” nelle parole del partito? Certo è che all’indomani della notizia che anche l’URSS si era dotata, alla metà del 1949, dell’arma atomica, il movimento europeo dei “partigiani della pace” cominci