Contrada, un nuovo caso Tortora

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Contrada, un nuovo caso Tortora

02 Gennaio 2008

Il caso di Bruno Contrada è ormai come quello che fu di Enzo
Tortora. Un uomo perbene distrutto dai pentiti di camorra l’ex presentatore di
“Portobello”, un servitore dello stato incastrato dai pentiti di mafia e da
qualche collega che gli voleva fare le scarpe l’ex numero tre del Sisde.

Per questo l’avvocato Giuseppe Lipera ieri in una apposita
conferenza stampa ha fatto sapere a tutti che il proprio assistito ha intenzione
di chiedere la revisione del processo. Lipera ha anche raccontato le vessazioni
subite da Contrada nei giorni a cavallo tra Natale e l’ultimo dell’anno,
costretto dalla spietata burocrazia della magistratura di sorveglianza di Santa
Maria Capua Vetere a passare le feste in una specie di cella frigorifera di un
metro per due dove di solito vengono messi i mafiosi soggetti al 41 bis quando
non si può tenerli in carcere per motivi di salute. Insomma Contrada trattato come Totò Riina.

E in effetti in quel reparto del Cardarelli che si chiama
“Palermo”, alcuni anni fa è transitato proprio il capo dei capi dei corleonesi
che aveva fatto richiesta di differimento della pena anche lui per motivi di
salute.

E poche ore dopo la fine della conferenza stampa finalmente
la giudice Daniela Della Pietra ha acconsentito a far ritrasferire Contrada nel
carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, ritenuto dall’ex investigatore
antimafia del Sisde “infinitamente più confortevole di quel reparto del
Cardarelli”.

Nel resto della conferenza stampa l’avvocato Giuseppe Lipera
ha illustrato le nuove emergenze processuali che stanno dietro la futura
richiesta di revisione: “per prima cosa c’è un processo in corso a Catania
contro due pentiti che hanno confessato di essersi inventate tutte le accuse
contro di lui per compiacere i pm”, poi le risultanze delle sentenze di
assoluzione a favore dell’ex sette volte presidente del consiglio Giulio
Andreotti e del giudice di Cassazione Corrado Carnevale.

 A proposito della
grazia, nella conferenza stampa tenuta ieri al Jolly hotel, Lipera ha  insistito nel ribadire che quella che era
stata presentata al Presidente della Repubblica era una istanza che si basava
con il disposto dell’articolo 681, n. 4 del codice di procedura penale che
recita: “la domanda di grazia può essere concessa anche in assenza di domanda o
di proposta”. E ciò perché “Contrada non ha presentato né mai presenterà
domanda di grazia”. Lipera si è però rifiutato di riferire i particolari del
colloquio avuto al Quirinale due giorni fa con il consigliere giuridico di
Napolitano, l’ex pm Loris D’Ambrosio.

Infine l’avvocato Lipera ha rievocato la vicenda di Enzo
Tortora facendo i paragoni  del caso.

“Questo è un nuovo caso Tortora –
ha detto il legale – la nostra è una battaglia che doveva iniziare anni fa:
l’errore giudiziario nel caso Contrada è palese, l’accusa di collusione mafiosa
non è provata da nessun reato… rimane appesa al nulla, Contrada è innocente e
vuole che emerga la verità..lui sta malissimo, è moribondo, credo che abbia
poco tempo, solo il Padreterno potrà interrompere la sua volontà, facendolo
morire”.

La richiesta di revisione sarà
depositata al Tribunale di Caltanissetta dopo il 10 gennaio, data in cui sarà
decisa dal tribunale di sorveglianza di Napoli l’istanza di differimento della
pena per motivi di salute. 

Lipera comunque si dice convinto
che la pratica di revisione sarà esaminata dai giudici di  Catania.

E questo per motivi di legittima
suspicione: il presidente del tribunale di Caltanissetta è quello stesso
giudice Francesco Ingargiola che ha già giudicato e condannato Contrada nel
processo di primo grado e quindi la legge gli impone di astenersi.