A Bali si decide il futuro ecologico del pianeta
16 Dicembre 2007
di redazione
13 giorni di trattative (uno in più del previsto), 190 paesi, più di 10.000 persone hanno raggiunto ieri a Bali (Indonesia) quello che è stato già ribattezzato “Bali Roadmap”, o “Kyoto 2”, l’accordo che ha deciso di far partire due anni di negoziati per poi decidere sull’emissione di gas serra e altre sostanze inquinanti da parte dei paesi aderenti.
Il consenso degli Usa, ottenuto tra gli applausi, dopo che la portavoce americana Paula Dobriannsk aveva poco prima annunciato il forfait del suo paese, la dice lunga sull’importanza del trattato. Uno dei punti fermi del “Kyoto 2” sta nel fatto che i paesi in via di sviluppo hanno accettato di aderire alle restrizioni dei più industrializzati in materia di inquinamento in cambio di tecnologie e materiali d’avanguardia, in questo modo si è riusciti ad evitare quello che era ritenuto in gergo un “catch 22”, un gatto che si morde la coda. Proprio in paesi meno industrializzati, infatti, hanno più bisogno di emettere inquinamento, a causa delle loro caratteristiche intrinseche, comportamento che cozza contro la volontà delle nazioni già industrializzate di ridurre l’inquinamento atmosferico.
Il Segretario britannico per l’ambiente, Hilary Benn, ha definito l’accordo “storico”, proprio per l’adesione degli Usa. Da parte americana, lo stesso Consigliere Capo del Presidente Usa per l’Ambiente, James Connaughton, ha rivelato quanto segue al Times: “Stiamo guidando in il gruppo e continueremo a farlo…ma questo richiede che il resto del mondo si metta in fila e ci segua”.