A Berlino una festa sottotono
26 Marzo 2007
Le strade di Berlino si sono tinte di blu celebrare
solennemente i Cinquantanni dei Trattati di Roma. Città simbolo di uno dei più
grandi successi dell’Unione europea, la riunificazione tedesca, come ha
ricordato in una recente intervista il presidente del Parlamento Europeo
Hans-Gert Poettering: «il successo di gran lunga più importante è stata la
caduta del muro di Berlino».
Sabato pomeriggio ad accogliere i 27 capi di Stato c’era
una speranzosa Merkel, ed in sottofondo
le note della quinta di Beethoven. Scelta musicale di Sir Simon Rattle, il
direttore dell’orchestra della filarmonica di Berlino. Ufficialmente preferita
alla nona perché la quinta è la sinfonia del destino che simboleggia nel suo
quarto movimento il passaggio dalle tenebre alla luce, in realtà la scelta è
stata dettata da ragioni meno nobili: per la nona il direttore avrebbe dovuto
spostare tutta l’orchestra impegnata a Salisburgo, dove si sta allestendo L’oro
del Reno, di Richard Wagner, in cartellone per il 31, per la quinta no,
perché basta mezza orchestra. Persino Gianna Nannini, all’ultimo momento si è
rifiutata di cantare nel concerto conclusivo. “Una festa troppo legata alle
parole e alla retorica, qui si brinda con un bicchiere vuoto”, ha detto la
cantante toscana, per poi aggiungere: “Lo spessore storico, culturale, civile e
filosofico dell’Europa ci obbligano a fare di più”.
Sinistri presagio
di una festa riuscita solo a metà, fatta di tante celebrazioni ‘sotto i tigli’
ma di pochi momenti d’incontro e di discussione, forse evitati per non rovinare
del tutto quel delicato clima di festa. Ultima festa per Tony Blair e per
Jacques Chirac, in procinto di essere sostiuiti al vertice dei loro paesi,
entrambi però sorridenti e galanti con la padrona di casa.
Un clima di festa presto rovinato dagli echi di quanto
succedeva a Roma con il discorso di Papa Benedetto XVI in occasione della Conferenza
episcopale europea. Parole dure quelle di Benedetto, secondo cui l’Europa
rischia ‘l’estinzione e il congedo dalla storia’. É molto diversa la fotografia
dell’Unione scattata da Ratzinger rispetto a quella della Merkel. Tra i moniti
del Papa all’Europa quello sugli effetti sociali ed economici della denatalità.
Il calo demografico mette – secondo Benedetto VXI – a rischio l’Europa e la mancanza delle radici
cristiane la sua identità. L’Europa di Ratzinger pare dunque incamminata verso
un lento ma inesorabile declino. Inevitabilmente più islamica data la
provenienza dei flussi migratori rischia di smarrire la propria identità e di
diventare terra di conquista da parte dei musulmani. Quegli stessi musulmani
fermati militarmente a Lepanto, a Poitiers e a Vienna ma difficili da arrestare
sotto il profilo demografico.
Anche la dichiarazione di Berlino è sembrata sottotono.
Una dichiarazione breve e semplice, lontana dagli eurotecnicismi acrobatici cui
ci aveva abituato il trattato cosituzionale, firmata sottovoce solo dal
Cancelliere Merkel, dal presidente del Parlamento Europeo Hans-Gert Poettering
e dal Presidente della Commissione Jose Manuel Barroso. Tre firme per un
documento volto più a celebrare i successi del passato che a costruire il
futuro e a risolvere la crisi del presente. Nessun accenno alla costituzione,
nessun richiamo alle radici cristiane o al metodo comunitario fatto salvo per
un debole accenno scritto in coda che suona così: «siamo uniti nell’obiettivo
di dare all’Unione Europea entro le elezioni del Parlamento europeo del 2009
una base comune rinnovata». Una frase ambigua al punto giusto da non sollevare
le critiche di nessuno. Francamente ci si aspettava di più per rilanciare il
trattato costituzionale ed era la stessa Europa ad averne bisogno per uscire
dalla crisi.
Difficile pensare
di affidare il rilancio della road map ad una dichiarazione così debole. Quasi
per compensare la retorica della dichiarazione, la Merkel ha pronunciato un discorso
appassionato– a tratti fortemente biografico e proprio per questo credibile:
«quando si conclusero i trattati di Roma avevo appena tre anni e sette quando
fu costruito il muro».
Un discorso che
spiega il perché della scelta di Berlino, una «città divisa da un muro per 18
anni dove le persone pagavano con la vita per ricercare la libertà» e che
impegna la Merkel a titolo personale a rilanciare il processo costituzionale
con ritrovato vigore: «Io sto lavorando per assicurare che la road map venga
adottata al termine della presidenza tedesca e confido nel vostro sostegno. In
caso contrario sarebbe un fallimento storico».
Un fallimento storico
non solo dell’Europa ma%2C pare di capire, anche e soprattutto un fallimento
politico del Cancelliere.