A Chavez non piacciono i Vargas Llosa, padre e figlio

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A Chavez non piacciono i Vargas Llosa, padre e figlio

02 Giugno 2009

Il presidente venezuelano Chavez aveva ammonito: “la stampa corrotta e pagata dalle oligarchie è un fenomeno che ormai si avvicina alla follia del fascismo, di quello duro, aperto, sfacciato e cinico”. In Venezuela ci sarà una stretta, un’altra, per difendere il governo legittimamente eletto dagli abusi della stampa. “La stampa nemica del cambiamento”. Il cambiamento della Nazione Bolivarista, s’intende.

Se di mestiere fai lo scrittore o il giornalista e parti per il Venezuela, dove andrai a parlare di liberismo economico e della libertà di espressione, qualche rotella fuori posto ce l’hai. Ma al massimo il governo del Paese che ti considera un ospite indesiderato potrebbe respingerti alle frontiere. Invece ti fa sbarcare e ti ferma per dei controlli, un paio d’ore di controlli, ritirando i documenti come se fossi un vero criminale.

E’ perfettamente quello che è successo ad Alvaro Vargas Llosa, il figlio del più celebre Mario, quand’è arrivato all’aeroporto di Caracas. Mario, il padre, è uno dei maestri assoluti della narrativa latino-americana. Ma nella sua vita non si è limitato a scrivere racconti. Da giovane si era infatuato della rivoluzione cubana ma poi ha capito cos’era (il povero Padilla) ed oggi si attesta su posizioni moderate e fiduciose del progresso economico frutto della globalizzazione capitalistica.

Alvaro, il figlio, non ha vissuto la stagione delle utopie ed è cresciuto senza fronzoli fra le università di economia londinesi e le redazioni dei grandi quotidiani americani, con qualche incursione in riviste letterarie essenziali come “Granta”. Ha commentato così l’accaduto: “Sono un cittadino peruviano, una nazione che è stata liberata da Bolivar. Credo di non avere meno diritti di altri cittadini bolivariani nel difendere le mie idee, che sono le stesse idee che porto in giro per il mondo”.

Intanto Chavez fa prima sapere che Mario sarà espulso dal Venezuela se dovesse intervenire ai dibattiti organizzati per screditare il governo. Poi però lo invita a una discussione pubblica con altri intellettuali per parlare di bolivarismo e ricordare il Che.