A chi appartengono le fattorie di Sheeba?
03 Novembre 2007
Le
Sheeba Farms.
Quattordici fattorie di coloni israeliani arroccate sul versante occidentale
del Monte Hermon. Il monte Sion, la vetta della “Terra Promessa”. La disputa di
Sheeba è uno dei micro-livelli del conflitto arabo-israeliano. Una questione di
confini da ridisegnare tra Libano, Siria e Israele. Ma la contesa territoriale
si comprende soltanto in una dimensione storica più complessa, e cioè
l’annessione israeliana delle Alture del Golan dopo la “Guerra dei sei giorni”.
Gli israeliani conquistarono la
Valle, ma si sono ritirati parzialmente negli anni
successivi. Restano nel Golan per ragioni di sicurezza, nonostante la Risoluzione 1701
delle Nazioni Unite abbia definito l’occupazione “illegale”. Il decimo
punto della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza chiedeva al Segretario
Generale dell’ONU di “sviluppare la demarcazione dei confini
internazionali del Libano, specialmente in quelle aree dove il confine è
soggetto a dispute o incerto, compresa l’area delle fattorie di Shebaa…”, ma
nessun passo avanti è stato fatto e la questione dei confini resta ancora
aperta. Negli insediamenti israeliani vivono cinquemila ebrei
etiopici, i Falashas.
Sono arrivati nella Vale all’inizio degli anni Ottanta da Beta Israel, la casa di Davide nel continente africano. Sono
contadini trapiantati per soddisfare le assillanti esigenze demografiche che
tormentano il governo israeliano. Ripopolazione ed emarginazione. Forza lavoro.
Sul Monte Hermon ci vengono anche gli israeliani ricchi in vacanza, c’è una
stazione sciistica e si praticano sport di montagna. Negli ultimi anni, pare
che anche la vicina Siria abbia speso milioni per il turismo alpino. Dall’altra
parte del Monte Hermon c’è il villaggio libanese di Shebaa. Agricoltori che
coltivano frutta e verdura, in prevalenza sunniti, che tifano per il vecchio
Nasser e sognano ancora il panarabismo. Il terreno della valle è fertile, le
sorgenti fanno gola a tutti. Gli abitanti di Shebaa hanno convinto il
parlamento libanese a scuotere le cancellerie internazionali per
condannare le prepotenze dei coloni ebrei. Al Jazeera e gli altri canali
arabi amplificano la protesta sulla “guerra dell’acqua”.
Qualsiasi
piano di pace tra Israele e i paesi arabi dovrebbe ambire a risolvere
innanzitutto le contese parziali come le Shebaa
Farms, per sperare di risolvere questioni di frontiera più
generali come quella del Golan. Un processo dal basso in alto,
dunque, dalle ‘tracce’ delle esperienze locali verso un’azione
politica di respiro più ampio. In questa auspicabile road-map libanese,
Hezbollah consegnerebbe i militari israeliani catturati e in
cambio otterrebbe la liberazione di alcuni detenuti rinchiusi
nelle carceri israeliane. Compiuto questo passo, si aprirebbe il
negoziato vero e proprio per risolvere il contenzioso sulla valle di
Shebaa. L’intervento delle Nazioni Unite e di una Forza
Multinazionale sarebbe una garanzia in più per mettere la parola
fine alle ostilità. Insomma, se il governo israeliano si ritirasse
dagli insediamenti di Shebaa (come aveva promesso Sharon nel
2001), e se il parlamento libanese riconoscesse l’esistenza
dello stato di Israele, si aprirebbe anche la strada per una
trattativa sul destino del Golan. Da una piccola a una grande, “necessaria”
concessione. Le ultime dichiarazioni del premier israeliano Olmert potrebbero
essere lette in questo senso.
Certo
risolvere la disputa sul confine di Shebaa appare arduo. C’è da tenere in conto
la scellerata politica europea dei ‘mandati’ novecenteschi, la
responsabilità storica delle potenze occidentali del passato e dei paesi arabi
e di Israele nel presente. Prima di addentrarsi nelle questioni di
cartografia storica, occorre aggiungere che l’Europa, e in particolare la
diplomazia francese, dovrebbe attivarsi per spingere la Siria a riprendere possesso
di una Valle che in fin dei conti è sua. Lo dice la missione
cartografica dell’ONU che nel 2000
ha ristabilito i vecchi confini, sulla base di polverose
mappe francesi, libanesi e siriane. Le Nazioni Unite hanno imposto a Siria e
Libano di determinare tra loro gli esatti confini nella regione della Sheeba
Farms, ma per i paesi arabi definire i confini significherebbe privarsi della
‘resistenza’ di Hezbollah nel Libano meridionale. Beirut e Damasco non
controllano i ‘martiri’ dello sceicco Nasrallah, anzi, temono
l’autonomia dell’Hezbollah dopo ‘la vittoria’ contro gli israeliani
dell’estate 2006. È la Siria
l’anello debole della catena, ecco perché Parigi deve fare
pressing su Damasco. All’epoca del mandato francese, negli anni Venti, gli
ispettori dell’intendenza parigina si erano già accorti che nella zona di
Shebaa c’era qualcosa che non quadrava. Per esempio non si capiva a chi
pagavano le tasse i contadini della valle, al governo libanese o a quello
siriano? Il mandato assegnava de iure il controllo degli insediamenti alla
Siria, de facto la popolazione era in prevalenza libanese.
Le
cose si complicarono dopo l’armistizio anglo-francese del ’49. Tra gli anni
cinquanta e sessanta, polizia e popolazione diventarono a maggioranza siriane.
Il governo libanese iniziò a disinteressarsi della questione. Nel ’67 gli
israeliani invasero il Golan e la ‘carovana missionaria’ di
Hezbollah raggiunse il sud del Libano per arginare la spinta
dell’Esercito di Davide. Il Libano non aveva partecipato alla Guerra
dei Sei Giorni eppure Israele lo invase lo stesso. Le fattorie del Monte Sion
nacquero così. Il governo Barak ordinò il ritiro nel 2000, in ossequio alla
risoluzione ONU, e da allora è iniziato lo stillicidio del Partito di
Dio. Oltre quaranta attacchi missilistici nei due anni successivi al ritiro.
Rapimenti e omicidi di ufficiali israeliani. Incursioni che sono diventate
quotidiane nel 2006. Le ricerche sui ‘veri’ confini della Shebaa Valley
lasciano molti dubbi, ma nello stesso tempo l’ONU ha rifiutato le prove addotte
dal governo di Beirut per dimostrare che quei territori erano libanesi. Secondo
le Nazioni Unite c’è un solo modo per risolvere la contesa: la regione delle
fattorie di Shebaa è territorio siriano. L’esercito libanese dovrà collaborare
con le forze multinazionali per far ripiegare Hezbollah. Il parlamento
libanese, nel frattempo, dovrebbe chiudere i lavori della commissione che si
sta occupando di definire i confini con la Siria. La nuova frontiera sarà la vecchia Blue line segnata
dall’ONU nel 1978, ex Purple-line
(1967), ex Green-line
(1948), ex Trattato di Sevres (1920).