“A destra, ancora quanta vita c’è!”

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“A destra, ancora quanta vita c’è!”

08 Dicembre 2018

Senatore Gaetano Quagliariello, già pioniere dell’antirenzismo in tempi di renzismo trionfante, morirà renziano? 

“Possiamo parlare di cose serie, per favore?”. 

Ok, allora piuttosto che di come morire parliamo di come vivere. Il periodo è complicato. I giornali, nel tentativo di sbrogliare l’intricata matassa del centrodestra, hanno ricominciato con i cataloghi delle possibili annessioni di personalità e movimenti da parte di questo o quel partito. Anche lei e la sua “Idea” siete stati tirati in ballo. Le piace?

“Simili ricostruzioni nascono da un pregiudizio, da una vera e propria perversione della politica di oggi. E’ un residuo paretiano della rottamazione renziana. Si sfiora il razzismo:  pur di non essere sospettati d’esser ‘vecchi’, si costruiscono i ‘casting’. A ciò che in realtà pensano le persone non viene attribuita alcuna importanza. Sotto il vestito indossato per il provino può anche non esserci niente, purché si salvi l’immagine. Non ho mai ragionato in questo modo e non inizierò certo a cinquantotto anni”.

Quindi? Se per il centrodestra del futuro ci fosse un provino delle idee, con quale proposta lei si presenterebbe? Dopo anni di diaspore e aborti, è davvero possibile iniziare a rimettere insieme i cocci fra aree affini? Se sì, in qualche spazio?

“Partiamo da una fotografia oggettiva dell’esistente. In Italia c’è uno spazio, definito ‘sovranista’, totalmente occupato dalla Lega e da un’ala del Movimento 5 Stelle. E’ lo spazio ricoperto dalla Le Pen in Francia e dalla gran parte dei nuovi movimenti anti-europeisti. Ne ho grande rispetto, ma è uno spazio che culturalmente non mi appartiene. Comprendo perfettamente le ragioni del suo successo, tuttavia ritengo che queste ragioni siano effimere e contrastino con le tendenze di fondo del terzo millennio”.

Si riferisce alle tendenze che vorrebbero far prevalere le burocrazie “illuminate” sullo spirito dei popoli e il relativismo sull’identità? Non negherà che c’è qualche problema in questo senso…

“Non solo non lo nego, ma è un tema che con la fondazione Magna Carta abbiamo iniziato a porre quando tutti o quasi se ne disinteressavano. Diciamo che in Italia sono fra i pochi a poterne rivendicare la primogenitura… Proprio per questo, quando mi riferisco alle tendenze di fondo del terzo millennio, mi riferisco ad esempio alla crisi dei ceti medi e al discredito delle élite, mi riferisco al nuovo ordine mondiale e alla nuova fase della globalizzazione con la iper-valorizzazione delle conoscenze; mi riferisco, insomma, a tutti quei fattori che hanno fatto di Donald Trump un fenomeno che andrebbe studiato in profondità. Trump, però, dietro di sé ha l’America e la sua forza. Se lo si dimentica, e si pretende in Italia di scimmiottarlo, si può finire per essere asfaltati persino da un’Unione Europea debolissima e in piena crisi. E’ storia di questi giorni”.

Chiarito il contesto, ci dice allora qual è lo spazio in cui pensa di muoversi nello scenario della destra italiana? Fuori dalla Lega, per chi non coltivi vocazioni centriste, oggi si fa fatica a intravederne uno…

“A me interessa un’altra cosa: una forza che si collochi senza esitazioni a destra, e per un assoluto bisogno di chiarezza ometto volutamente di riferirmi al ‘centro’. Una forza che abbia a cuore i princìpi della tradizione cristiana, la libertà della persona, un’economia di mercato attenta ai temi della solidarietà. Per quest’area c’è uno spazio elettorale, anche se bisogna compiere un grande sforzo per definirne i confini e la proposta. Sono pronto a lavorare con chiunque si prefigga questo stesso obiettivo”.

Quali delle forze attualmente in campo possono secondo lei corrispondere a questo identikit?

“Non voglio cadere a mia volta nel tranello del ‘catalogo’”.

Ma con qualcuno dovrete pur parlare…

“Noi non abbiamo mai smesso di parlare con nessuno, e anche su questo fronte posso avanzare qualche rivendicazione. Insieme a pochi altri, fra questi il compianto amico Altero Matteoli, siamo stati fra i primi nella scorsa legislatura a riunire intorno a battaglie altamente paradigmatiche le forze del centrodestra. Il problema è che a un certo punto il centrodestra non ci ha creduto fino in fondo. La mancata vittoria del 4 marzo e tutto ciò che ne è seguito sono figli del non aver valicato i confini delle vecchie rendite di posizione. Ma ora bisogna guardare avanti”.

Ecco, appunto. Guardare dove?

“Guardare dove si condivida l’individuazione del campo da arare e da coltivare. E oggi sono evidentissime dinamiche politiche a indicarne confini e potenzialità. Ma non voglio eludere la domanda”.

Forza Italia?

“Potrebbe rientrare appieno in quel campo, a condizione che sia veramente disponibile a rimettersi in gioco, a creare qualcosa di nuovo, a fuoriuscire da logiche soltanto interne”.

Fratelli d’Italia?

“Avrebbe tutto l’interesse a condividere la ricerca di uno spazio originale, oggi orfano di rappresentanza, e ovviamente una discussione su questo terreno è sempre la benvenuta. Finora mi pare che la loro proposta, che a ogni pié sospinto insiste su etichette oggi un po’ inflazionate, che non ha sviluppato una proposta originale di europeismo critico, che non ha eliminato residui di diffidenza nei confronti dell’economia di mercato e della libera iniziativa, si sovrapponga troppo a quella della Lega. Io spero di sbagliarmi perché molto spesso, soprattutto a livello locale, gli amministratori di Fratelli d’Italia nel Centro-Sud sono i migliori interlocutori sul territorio. Spero dunque che sia ancora possibile che la loro proposta si evolva e si apra”.

Fuori dal recinto dei partiti? Cosa si muove?

“Vi sono diversi movimenti con i quali la possibilità di andare avanti o meno andrà rintracciata sui programmi. E, cosa più importante, bisognerebbe coinvolgere personalità e aggregazioni che oggi non giocano nell’arena politica principale, disponibili a questa prospettiva”.

Insomma, si profila un’altra gran fatica. Con quale prospettiva di appeal?

“Parliamoci chiaro: se il metro è soltanto quello dell’appeal, oggi sul versante della destra l’unica realtà che ne sia davvero dotata è la Lega. Forte di quest’onda, la Lega avrebbe potuto aprirsi diventando una sorta di PdL 2.0, accogliendo altre propensioni politiche e culturali. Comprensibilmente la scelta non è stata questa e allora, se non si vuole rimanere fermi, è necessario sfidare la categoria dell’appeal”. 

Per rivolgersi a chi?

“Io credo che oggi lo spazio politico-elettorale da coltivare sia quello di chi, in nome delle libertà personali e della libertà di intrapresa, inizia a mobilitarsi per la mancata crescita e lo sviluppo fermo al palo. Di chi ritiene che la giustizia non sia una categoria astratta e la sicurezza debba coniugarsi obbligatoriamente con la libertà. Io credo che lo spazio sia quello della piazza dei 40mila di Torino, sia quello della mobilitazione degli imprenditori, sia quello dei commercianti preoccupati per una serrata imposta non dalla protesta ma dalla crisi. Persone e forze sociali che non vogliono andare a sinistra, alle quali bisogna rivolgersi con un messaggio forte e identitario, e che non devono essere regalate al partito di Renzi, comunque si chiamerà e qualsiasi forma esso assumerà”.

Eccoci tornati al punto di partenza. Non intende dunque morire renziano?

“Da Matteo Renzi e dalla sua prospettiva, al di là di una diversa concezione della serietà personale, ci separa irreversibilmente il tema della libertà e dei diritti. Per quanto mi riguarda, la libertà non è una matrice di diritti positivi ma una dimensione essenziale dell’uomo che va interpretata alla luce della responsabilità e deve essere coniugata con la verità. La proposta di Renzi, per sua stessa ammissione, si ispira alla post-verità. Si tratta di un’altra storia e lo si è visto sulle scelte essenziali della scorsa legislatura”.

Cosa intende?

“Intendo dire che una delle faglie principali sulla quale è destinato a consumarsi il conflitto politico-culturale del nostro tempo è quella antropologica. Intendo dire che una proposta politica può avere un futuro solo se costruita sulla roccia di princìpi non negoziabili che investono la dimensione dell’origine dell’uomo, la genitorialità ancorata al diritto naturale, la visione liberale e cristiana che rifiuta ogni piano quinquennale sul corpo umano, la tutela della vita e l’affidamento alla meraviglia e al mistero che essa racchiude fino all’ultimo istante”.

Senatore Quagliariello, da dove cominciare?

“Dalla presa d’atto dell’esistenza di uno spazio potenzialmente enorme, la cui dimensione si coglierà appieno nei prossimi mesi, quando l’attuale proposta di governo andrà incontro all’inevitabile fallimento. Io credo che l’attuale quadro politico, Lega a parte, sia agli sgoccioli. Immagino che la rinascita e rifondazione dell’area che un tempo è stata del grande PdL possa svilupparsi seguendo un processo non dissimile da quello che segnò il passaggio dall’Msi ad Alleanza Nazionale: con vecchi soggetti che proseguono lungo il loro percorso e nuovi contenitori che dovrebbero farsi carico delle proposte innovative, per poi ritrovarsi a un appuntamento comune con l’obbiettivo di fondare un nuovo soggetto politico. E’ evidente, a mio avviso, che i vecchi soggetti non hanno il potere di rigenerarsi ma, se vogliono, hanno quello di interdire questo percorso. Se ciò dovesse accadere, è evidente che non si potrebbe navigare contro venti e maree, né servirebbe costruire confessionali se poi il diavolo decide di entrarci dentro. In questa eventualità, che io evidentemente non auspico, resterebbe solo lo spazio per una testimonianza culturale a futura memoria”.

Posso dirglielo? Il quadro che lei ha tracciato suona un po’ come un già detto.

“Probabilmente non era la sua intenzione, ma mi ha fatto un complimento. Con ‘Idea’ sono tre anni che lavoriamo in questa direzione”.

A proposito di “Idea”, qual è il suo ruolo oggi?

“’Idea’ è un movimento di resistenza che continua a proporre con insistenza una strada, che è quella della riunificazione di una grande famiglia e del suo rinnovamento. Abbiamo navigato in mare aperto, nuotato controcorrente, e se dopo tre anni ‘Idea’ è ancora presente in quasi tutte le regioni, riesce a presentare liste alle elezioni regionali e amministrative, ha amministratori locali, lo deve solo al fatto di aver azzeccato la sua analisi di fondo. ‘Idea’ non aspira certo a essere una quarta gamba. E’ pronta a dichiarare compiuta la propria missione e ad affluire in un fiume più ampio se questo movimento di rinnovamento si metterà in moto”.