A fare le spese del voto politico sui rifiuti a Bruxelles è il sistema Paese

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A fare le spese del voto politico sui rifiuti a Bruxelles è il sistema Paese

04 Febbraio 2011

di M.P.

I rifiuti tornano nuovamente sul tavolo dell’Europarlamento e, questa volta, vengono marchiati a fuoco. Con una risoluzione apodittica dal chiaro sapore politico arriva una bocciatura, senza possibilità di smentita, nei confronti delle istituzioni italiane, ritenute colpevoli di aver contribuito negli anni alla disastrosa gestione del ciclo dei rifiuti in Campania.

"Il dramma nel quale 15 anni di scelte sbagliate hanno relegato la Campania non può risolversi sottraendosi alle proprie responsabilità o delegando all’Unione compiti esecutivi che il principio di sussidiarietà non le attribuisce", aveva tuonato Erminia Mazzoni, Presidente della Commissione per le Petizioni al Parlamento Europeo, alla vigilia di quella che si prospettiva come una sconfitta annunciata, almeno sul piano numerico. Nel merito, invece, la deputazione italiana del Ppe ha vinto la sua piccola battaglia in un contesto bellicoso di accuse reciproche rilanciate a mezzo stampa. Risultato simbolico, ma ininfluente ai fini del voto, che ha di fatto bocciato i 17 emendamenti presentati.

Avevano sperato, i Popolari europei, in quello che definivano un atto di responsabilità da parte dei colleghi italiani degli altri gruppi politici e, invece, quegli stessi protagonisti della vita amministrativa dell’ultimo decennio alla "corte partenopea", hanno consapevolmente fortificato un impianto accusatorio che, stando ad alcune dichiarazioni, identifica i colpevoli senza cercare soluzioni.

A Bruxelles, mutuando metafora, i sacchetti campani hanno ormai imparato a pernottarci. Dalla procedura di infrazione aperta d’ufficio dalla Commissione esecutiva, fino alla sentenza della Corte Europea dello scorso aprile che ha condannato l’Italia per i fatti contestati fino al 2008, confermando il congelamento in via sanzionatoria dei fondi destinati alla Regione, la questione rifiuti tiene in allerta le istituzioni europee che continuano nel lavoro di monitoraggio e di verifica avviato nei mesi dell’emergenza.

Ma dall’apertura della procedura, aldilà della crisi contingente dei mesi scorsi, qualcosa è cambiato:  la fase commissariale è stata ufficialmente archiviata – con la chiusura della contabilità relativa ai quindici anni di stato emergenziale da parte delle unità di stralcio – e la gestione ordinaria del ciclo dei rifiuti – grazie al famoso decreto legge 90 del 2009 oramai convertito in legge – è passata nelle mani degli enti locali, concedendo poteri straordinari al governatore solo per le fasi di appalto e messa a regime dei due nuovi termovalorizzatori di Napoli est e Salerno, che dovrebbero rappresentare la chiave di volta.

E il punto nevralgico dell’accesa discussione parlamentare parte proprio dal nuovo contesto: la documentazione presentata dall’assessore regionale all’Ambiente Giovanni Romano al Commissario Potocnik che contiene, come espressamente richiesto, il piano approvato sullo smaltimento dei rifiuti speciali, la bozza di piano sul trattamento degli RSU e il crono programma delle nuova impiantistica, a dimostrazione dell’apertura di una nuova stagione programmatica, è ancora in fase di verifica. Come confermato dalla Commissione Esecutiva non più di dieci giorni fa.

Ma all’Europarlamento, evidentemente, le precisazioni del prudente Potocnick, che tenta di eludere nuove fughe di notizie dagli ambienti para-parlamentari, non sono bastate. La risoluzione presentata da Verdi, Socialisti e Idv, che in una prima fase avevano goduto del beneplacito della Lega, acuisce infatti la posizione e insiste sulla irrogazione di una nuova sanzione a danno dell’Italia, anche a prescindere dalla valutazione del piano regionale. Una nuove scure che si abbatterebbe sulle casse della Regione Campania, già messe a dura prova anche dallo sforamento del patto di stabilità.

Bocciato, dunque, il tentativo di far passare gli emendamenti al testo presentati dal Ppe che, come ha sottolineato la prima firmataria, l’europarlamentare Pdl Erminia Mazzoni, "volevano solo tentare di trasformare un rabbioso atto d’accusa fine a se stesso in una mozione di responsabilità comune". La replica in serata dell’eurodeputato Pd Andrea Cozzolino è secca: "Nelle prossime settimane e nei prossimi mesi tutto dipenderà dalle disposizioni che la Campania metterà in campo. Ci sono delle direttive europee da rispettare. La precedente Giunta regionale è stata sottoposta al vaglio critico della Ue; anche questa Giunta deve sapere che lo sarà", ha rimarcato ricordando, forse a se stesso, che proprio lui, il vincitore in pectore delle contestate primarie napoletane, è stato uno degli esponenti di spicco di quella amministrazione condannata dall’Ue.

Il voto di ieri, con la posizione degli oltranzisti, rischia dunque di far deragliare il treno della cooperazione diplomatica. Purtroppo, a farne le spese, è l’immagine sempre più compromessa dell’intero sistema Paese. C’era chi voleva una dimostrazione esemplare. Peccato sia toccato solo a Napoli immolarsi sull’altare delle pubbliche inefficienze. Intanto si attende il verdetto della Commissione esecutiva, l’unica autorizzata ad intervenire nel merito.

Resta il fatto che, per il momento, una importante occasione di confronto si è tramutata nell’ennesimo espediente di (de)qualificazione politica. In fondo, una guerra tra poveri.