A l’Aquila il  70% della popolazione soffre di una depressione silente

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A l’Aquila il 70% della popolazione soffre di una depressione silente

11 Ottobre 2011

“Dobbiamo avere una missione, non importa se umile o elevata, se eroica o quotidiana. Avere una fede e una missione vuol dire essere inseriti nel fiume della vita, sentirsi parte di essa, con un senso e una meta. Seguire la propria missione è come percorrere la strada che ci porta a casa”. E’ questo l’antidoto al male di vivere chiamato depressione, secondo il sociologo Francesco Alberoni. Ma pensiamo a chi “la strada che riconduce a casa può percorrerla, ormai, soltanto nel luogo figurato della memoria, agli abitanti della città dell’Aquila che hanno visto dissolversi in una manciata di secondi, un microcosmo unico e dal valore inestimabile di ricordi, di storia,di luoghi, di emozioni sedimentatisi nel corso di una vita intera. Nonostante gli sforzi compiuti e le energie investite per ridare un volto alla città ed una dimora agli aquilani, certe cose risultano ancora estremamente difficili da ricostruire.

Un’indagine iniziata a nove mesi dal sisma e ancora in corso nella cornice dello Spes – Programma di supporto psicosociale e di tutela della salute mentale per l’emergenza sisma -, condotta su  un campione di 400 aquilani, ha messo in rilievo che fra il 70% della popolazione serpeggia uno status di depressione silente. “Non sono ancora riusciti a mettere in moto meccanismi di adattamento, a dare un senso a quanto è accaduto”, sostiene lo psichiatra Massimo Casacchia, ordinario presso la Facoltà di Medicina dell’Aquila. Gli aquilani sarebbero attanagliati da una “silente depressione che genera tristezza, apatia, scoraggiamento e insoddisfazioni”, in una miscela di malessere ed emozioni negative legate alla perdita di luoghi e di relazioni, di quei punti di riferimento tipici di una quotidianità ormai profondamente modificata nell’essenza.

Sicuramente anche la consapevolezza di dover vivere in contesti sempre diversi e spersonalizzanti, in una situazione economica tutt’altro che rosea – conseguenze legate al sisma – esercita un effetto determinante su questo status quo. Pare che il clima di scontentezza diffusa non risparmi nessuna fascia d’età: a demoralizzare gli anziani sarebbero l’isolamento e la mancanza di svago, i genitori nutrirebbero profonde preoccupazioni circa il futuro dei propri figli, mentre i giovani risentirebbero della mancanza di luoghi di socializzazione. Il quadro psicologico della maggior parte della popolazione aquilana è quindi preoccupante: il 40% è vittima di uno stato di ansia superiore alla soglia della normalità, il 10% ad un anno dal terremoto, presentava chiari sintomi di “disturbo post-traumatico da stress”: uno stato di continuo allarme, di paura intensa, d’insonnia ed irritabilità che si somma al timore costante di sperimentare nuovamente l’episodio traumatico.

“Occorre rivolgere maggiore attenzione ai bisogni ed alle necessità della popolazione-conclude il Professor Casacchia – perché non sappiamo quante di queste insoddisfazioni possano tramutarsi in depressione cronica”. Quale la possibile soluzione al problema? Lo psichiatra invita i residenti del capoluogo abruzzese ad intraprendere un cammino terapeutico, che li guidi nella ricerca degli originari punti di riferimento smarriti e nel superamento di incertezze ed insicurezze, per “ritrovare il filo nascosto della nostra vocazione di vita, della nostra missione, ricominciando daccapo come fosse il primo giorno”, citando nuovamente Alberoni.