A L’Aquila nasce il G14. Ok alle regole anticrisi, passi in avanti sul clima
09 Luglio 2009
Il G8 diventa G14. Nasce ufficialmente a L’Aquila il nuovo format dei grandi della terra. Non più solo un’elite di potenze economiche occidentali, ma un rassemblement allargato ai Paesi emergenti del G5 (Cina, India, Brasile, Messico e Sud Africa) ai quali si aggiunge l’Egitto. Al termine della seconda giornata dei lavori del summit internazionale che ha visto proprio il G14 elaborare la prima dichiarazione comune, è il premier italiano Silvio Berlusconi a ufficializzarne il nuovo ruolo. “Abbiamo constatato che il G8 è un format non più idoneo” mentre il G14 è “una struttura ormai consolidata”, che rappresenta oltre l’80% dell’economia mondiale e consente ”una vera dialettica”. Il premier lo ribadisce nella conferenza stampa che chiude la sessione pomeridiana di lavori e sancisce il raggiungimento di due importanti obiettivi: l’intesa sulle regole anticrisi, sottoscritta anche dal Mef (Major Economies Forum) e un passo in avanti verso la risoluzione del capitolo clima. Anche se restano le resistenze della Cina che pur apprezzando l’impegno della leadership italiana, non condivide pienamente la posizione comune degli otto grandi della terra.
Tuttavia il lavoro di mediazione va avanti. E l’intesa raggiunta dal G8+G5 è il presupposto per il cammino verso Doha. “Guardiamo alla conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici con molto maggiore ottimismo rispetto a prima e perfino la posizione di Cina e India ci ha sorpresi positivamente”, ha affermato il premier Berlusconi, commentando la sessione del Mef dedicata alle misure da adottare per contrastare il riscaldamento del pianeta. Non a caso, ha parlato di un “grande cambiamento”.
Ma nell’incontro con i giornalisti, Berlusconi non ha mancato di sottolineare il ruolo dell’Italia nel summit, con un riferimento specifico agli attacchi arrivati da alcuni quotidiani stranieri e alle polemiche collegate a vicende interne. Il presidente del Consiglio non usa giri di parole e replica: “Ci sono due tipi di realtà, quella vera della gente comune e c’è la realtà che qualche volta i giornali descrivono, che non è relatà ma pura fantasia. E la dimostrazione penso sia lampante”. Il riferimento corre agli strali lanciati contro la leadership italiana dal Guardian e dal New York Times, ma anche alla campagna lanciata contro di lui da La Repubblica. E’ proprio rivolto a un giornalista del quotidiano di Largo Fochetti che Berlusconi afferma: “Non avete raggiunto il risultato che volevate. Auguri”.
Tornando ai temi del summit, i paesi del Mef (G8, G5, Egitto, Australia, Corea del sud e Indonesia) hanno approvato la loro dichiarazione comune sul clima, riconoscendo “l’opinione scientifica secondo la quale l’incremento della temperatura media globale al di sopra dei livelli pre-industriali non dovrebbe eccedere i due gradi Celsius”. In pratica si impegnano a rispettare la soglia di due gradi centigradi rispetto all’era pre-industriale, quale livello massimo di riscaldamento del pianeta e ridurre tra il 50 e l’80% le emissioni di gas inquinanti entro il 2050.
Da qui alla conferenza di Copenaghen, prevista a dicembre, non sono comunque esclusi nuovi vertici del Mef. Già presenti in agenda diversi incontri utili a definire obiettivi precisi per la riduzione delle emissioni di C02 e, soprattutto, traguardi intermedi. La problematica del clima sarà discussa anche all’Onu, il giorno prima dell’Assemblea generale prevista in settembre a New York, oltrechè al G20 di Pittsburgh a metà dello stesso mese; infine al vertice Ue di fine ottobre. Su questo argomento, la Cina ha ribadito la propria contrarietà. Lo ha fatto il consigliere di Stato, Dai Bingguo. “L’accordo sul clima raggiunto dal G8 sui cambiamenti climatici non vincola la Cina”, che ritiene necessario, per i paesi già sviluppati, di prendere in considerazione le “diverse condizioni” dei paesi emergenti e in via di sviluppo. Sempre secondo Dai Bingguo, la Cina è impegnata ad affrontare il problema dei cambiamenti climatici, rispettando il Protocollo di Kyoto e svolgendo un ruolo costruttivo per tradurre in pratica la road map di Bali. Ma niente di più.
Sull’intesa raggiunta per il capitolo economico il presidente Usa Barack Obama ha espresso soddisfazione parlando di un “meeting molto produttivo delle maggiori economie del mondo in cui abbiamo avuto delle discussioni molto franche e in cui abbiamo compiuto degli importanti passi in avanti”.
Nei fatti, durante il pomeriggio è stato approvata “l’Agenda globale”, il documento che contiene i paragrafi economici sulla crisi, sul rilancio dei negoziati di Doha e sull’impegno comune verso i Paesi più poveri. Si è deciso che i Paesi industrializzati e i paesi emergenti e in via di sviluppo hanno eguali e grandi responsabilità. I primi, partendo da una posizione di forza, devono difendere i diritti dei paesi “arretrati” allo sviluppo economico, provare a ridurre il debito pubblico e promuovere i trasferimenti di tecnologia. I secondi, invece, devono concentrarsi sullo sviluppo e far entrare gli investimenti esteri nella propria economia. Le grandi organizzazioni come il Fondo monetario internazionale, infine, dovrebbero riformarsi per garantire migliore partecipazione,ma partire dalla Cina, che vuole una riforma graduale del sistema valutario internazionale per una maggiore diversificazione della moneta di riferimento. A proposito di aiuti ai paesi più poveri, l’Italia verserà i 130 milioni di dollari del “Global Fund” per l’Africa “entro il prossimo mese” coprendo così il ritardo nei pagamenti delle quote. E ha promesso di aggiungerne 30 in più. Lo ha garantito il premier Berlusconi, chiudendo così tutte le polemiche dei giorni scorsi sulla mancanza di serietà verso gli impegni umanitari.
Ma del secondo giorno del summit resterà l’immagine delle first ladies che con abiti sobri e tacchi bassi, camminano tra le rovine del capoluogo abruzzese devastato dal terremoto. Michelle Obama, non ha nascosto la commozione pensando in particolare ai bambini sepolti sotto le macerie e ha chiesto: “Ma quanti ne sono morti nel terremoto?”. Le altre signore, pur fortemente impressionate, sono rimaste in silenzio scambiando qualche impressione tra loro. Nello stesso istante dalle tendopoli è partita la manifestazione di altre donne, un piccolo gruppo che ha voluto rimarcare il disagio dei terremotati rimasti senza casa. “Noi siamo le last lady”, c’era scritto sui cartelli di una dell’improvvisato corteo che si è snodato in alcune vie della città. A L’Aquila è stata anche la giornata di George Clooney. L’attore americano ha visitato il centro storico annunciando l’intenzione di girare un film nel capoluogo abruzzese (le riprese inizieranno a settembre) sulla tragedia del terremoto. Ad accompagnarlo, le autorità locali, l’attore Bill Murray e Walter Veltroni. ”È sorprendente vedere una città che ha subito tanti danni e credo che questo sia il miglior modo per dare una mano e rilanciare l’economia”, ha chiosato Clooney parlando del suo contributo alla rinascita.
Insomma, una giornata densa di impegni, da cui emerge la volontà comune di allargare l’attuale format verso i paesi più poveri, ponendo al centro dell’attenzione il principio del “people first” come indicato dalla presidenza italiana di turno. I leader, chi prima chi dopo, hanno posto l’attenzione sul fatto che il maggior sostegno dei governi, in questa crisi, debba andare alle persone che vivono in condizioni difficili. A tutti i cittadini che perdono il lavoro e a chi soffre la fame.