A Napoli fiumi di denaro per l’America’s Cup, mentre a Venezia il Comune non spenderà un euro

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A Napoli fiumi di denaro per l’America’s Cup, mentre a Venezia il Comune non spenderà un euro

17 Aprile 2012

Vele ammainate e strutture da smontare. Da domenica sera, Napoli sta facendo i conti con l’America’ s Cup andata in archivio, e con il mare di Via Caracciolo orfano di barche e ormeggi. Oggi, dopo una lunga settimana, e con le luci dei riflettori spente, sembra arrivato il momento di tirare le somme, e tracciare un bilancio conclusivo di una manifestazione, capace per giorni, di monopolizzare per se tutta l’attenzione partenopea.

Innanzitutto, è necessario dire una cosa: guardare quelle imbarcazioni affrontare il mare, sullo sfondo del Vesuvio e di Caste Dell’Ovo, è stato uno spettacolo, soprattutto per gli occhi. I napoletani si sono divertiti, i flash dei turisti si sono sprecati e in città si è respirato un po’ di sano entusiasmo. Se a ciò si aggiunge poi la vittoria dell’italiana Luna Rossa, il quadro idilliaco sembra completo.

In realtà, fatta questa doverosa premessa, le conclusioni appaiono però tutt’altro che rosee. E’ vero, l’evento è stato seguito da tanti, e lo scenario, inutile ripeterlo, era tra i più suggestivi al mondo. Ma,c’e’ da chiedersi: il gioco è valso davvero la candela?

Qualcuno, nell’entusiasmo generale, pare aver dimenticato, infatti, che per realizzare l’evento sono stati spesi quasi venti milioni di euro e, soprattutto, che a tirarli  fuori sono stati Comune, Provincia e Regione. Un investimento importante, e forse troppo oneroso, per un’iniziativa che non ha fatto registrare un ritorno economico nemmeno alla pari e che mal si concilia con la stagione di austerity imposta alle casse pubbliche dalla recessione economica. Del resto, in tanti hanno alzato la voce, mentre in città si consumavano ancora le regate, protestando contro uno sperpero di denaro pubblic, da poter utilizzare altrove e in modo diverso.

Il sindaco napoletano Luigi De Magistris, da Twitter a Facebook, appare oggi entusiasta dell’iniziativa, parlando addirittura di rinascita, quasi come se avesse regalato ai napoletani migliaia di nuovi posti di lavoro.Tra i tanti post archiviati online negli ultimi giorni, spiccano foto di Via Caracciolo chiusa al traffico, bambini che giocano e coppiette che passeggiano al tramonto. Quasi a dire: “Napoli è una città migliore, grazie all’America’s Cup”.

Un altro sindaco, distante da Napoli centinaia di chilometri, appare invece decisamente meno entusiasta. Parliamo di Giorgio Orsoni, primo cittadino di Venezia, dove l’11 maggio andrà in scena la prossima tappa italiana dell’America’s Cup. Orsoni, in un’intervista rilasciata al Corriere del Mezzogiorno, ha commentato così: “I veneziani non spenderanno un euro. Il Comune si occupa solo degli aspetti organizzativi sul territorio, come la vigilanza. Si tratta di costi ordinari come per un qualsiasi evento. Abbiamo avuto una sponsorizzazione importante dal consorzio Venezia Nuova (il consorzio che costruisce il Mose) che si è assunto l’onere di coprire tutte le spese. Il pubblico non mette un euro”. Insomma, a Venezia l’imperativo è stato prima di tutto: niente soldi pubblici.

A Napoli, invece, la Coppa America, è costata quasi quanto il bilancio comunale di tutti i comuni vesuviani messi insieme, ed è forse inutile stare qui a dire quali e quante cose sarebbe stato possibile realizzare con quei soldi. Eppure, i contratti siglati da Napoli e Venezia, dovevano essere gli stessi, ma alla fine non è stato così.

“La Coppa America – ha aggiunto il primo cittadino veneziano – in Italia l’abbiamo portata noi. Io sono andato a Cascais per contattare gli organizzatori dell’evento. In un primo momento ci avevano chiesto una cifra spaventosa. Ho detto che avrebbero dovuto pagare loro per venire a gareggiare a Venezia. A quel punto ci siamo accordati”.

Intanto, a Napoli, il risultato lasciato in eredità dalla kermesse nautica sembra essere Via Caracciolo chiusa al traffico, a quanto pare per sempre, sentendo De Magistris. E poco importa se molti commercianti del celebre lungomare, sono sul piede di guerra a causa dei mancati introiti economici, dovuti proprio alla chiusura al traffico.