A Napoli non bastano i miracoli di De Gennaro

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A Napoli non bastano i miracoli di De Gennaro

21 Febbraio 2008

Newsweek, con il Time il più autorevole settimanale americano, ha dedicato l’ultima copertina dell’edizione atlantica all’immondizia di Napoli (http://www.newsweek.com/id/112727). E lo ha fatto con un titolo emblematico: “Italy’s mess”. Per la prima volta lo scempio campano è stato identificato come un disastro italiano, conseguenza logica di un declino che investe l’intera nazione, con una pubblica amministrazione che si contraddistingue, quando funziona, per la lentezza della sua azione, incapace di garantire i servizi basilari ai cittadini, immobile dinanzi all’arretratezza strutturale ed economica e con un pericoloso sgretolamento del tessuto sociale.

Del resto l’emergenza prosegue seguendo un cliché visto più volte in questi anni: un commissario nuovo che si insedia proponendo un piano del tutto irrealistico, tempi stretti per la sua attuazione, illusioni e resistenze locali, violenti scontri tra le forze dell’ordine e la popolazione, la presa d’atto dell’ennesimo fallimento. Non si vuole apparire come cassandre, ma l’esperienza del “supercommissario” De Gennaro è incanalata verso il medesimo risultato.

Già alla presentazione del piano lo scorso gennaio si era capito che il suo ruolo era circoscritto al brevissimo periodo con un obiettivo minimo: ripulire le strade della regione dai rifiuti trovando un “grande buco” dove mettere tutti i rifiuti accumulati negli ultimi mesi. Ben lungi, dunque, dalla risoluzione del problema. A tutt’oggi il buco è ancora lontano dall’essere predisposto, visto che dopo settimane di rassicurazioni, lo stesso De Gennaro ha dovuto constatare che le discariche indicate nel suo piano, per varie ragioni, non possono essere riaperte. Clamoroso il caso di quelle di Treponti a Montesarchio e di Difesa Grande presso Ariano Irpino: i dati forniti dai tecnici, che offrivano piene rassicurazioni sulla staticità del terreno e sulla sua messa in sicurezza, in realtà erano fasulli. Controlli successivi effettuati dal genio militare, infatti, hanno rinvenuto infiltrazioni di percolato nel terreno, con rischi di stabilità da aggiungere a quelli dell’inquinamento prodotto. Insomma, le vecchie discariche non solo sono pericolose e non riutilizzabili, ma sono delle vere e proprie bombe ecologiche. De Gennaro ha ammesso pubblicamente che i cittadini “avevano ragione”, ma sarebbe bastato leggere le dichiarazioni e gli impegni presi da uno dei suoi predecessori, Guido Bertolaso, circa la necessità di procedere ad azioni di bonifica e messa in sicurezza del territorio, umiliato e violentato da sistemi di smaltimento del percolato pressoché inesistenti.

A meno di tre mesi dalla fine del mandato assegnato all’ex capo della polizia, si è ancora una volta alla ricerca di nuovi siti, visto che già altre due discariche erano state cancellate dal piano (quelle di Caserta e Villaricca, in provincia di Napoli). Ma la soluzione sulla quale più si sta lavorando è divenuta il trasferimento dei rifiuti all’estero. Nulla di nuovo, i rifiuti della Campania sono quotidianamente inviati nel nord Europa e già nelle scorse settimane c’era stata la decisione di incrementare i viaggi in Germania, ma stavolta si parla di trasferimenti importanti in grado di consentire il trasporto di una quantità eccezionale di rifiuti pari a circa 200mila tonnellate. Non trapelano ancora previsioni sui costi di un piano che è in fase di studio, ma se fossero confermati i dati trapelati dalla Ecolog (una divisione delle Ferrovie Italiane impegnata nel trasporto dei rifiuti campani), per i quali ogni giorno lo Stato italiano spende circa 200mila euro per due treni che trasportano circa mille tonnellate di rifiuti, equivalente a un settimo del quantitativo prodotto quotidianamente in tutta la regione (stimato in 7200 tonnellate, dati del commissariato ai rifiuti), il costo per lo smaltimento dei rifiuti campani raggiungerebbe livelli stratosferici, ma alla lunga sicuramente più economici di quelli sopportati per smaltirli direttamente in Campania.

È di qualche settimana fa un’inchiesta pubblicata sul Corriere della Sera da Sergio Rizzo, dalla quale emergevano i costi assolutamente folli sopportati dal commissariato per l’emergenza. Il prezzo per lo smaltimento in Campania va da un minimo di 290 euro a tonnellate a cifre imprecisate, in taluni casi non inferiori ai mille euro. Per prima cosa c’è il costo della trasformazione nelle famose ecoballe: 120 euro la tonnellata. Poi c’è il trasporto con i camion sui terreni dove queste ecoballe vengono parcheggiate: altri 20 euro. Quindi il costo dello stoccaggio provvisorio: 150 euro. Provvisorio si fa per dire. Perché siccome non ci sono gli inceneritori, quelle ecoballe stazionano per anni sui terreni acquistati o presi in affitto a caro prezzo: 250 ettari di territorio campano sono ormai completamente occupati. Più stanno lì, più il costo sale. E le prime ecoballe stazionano lì dal 2001. Non a caso la Remondis, la più grande azienda tedesca che opera nel campo dello smaltimento dei rifiuti, avrebbe dato la propria disponibilità a realizzare in un’area della Renania al confine col Lussemburgo, un inceneritore adibito a bruciare tutta l’immondizia della Campania, producendo elettricità. La spazzatura campana si sta trasformando nell’oro del nuovo millennio.

Quattordici anni di gestione straordinaria ci hanno, comunque, abituato a ben altro. Quale ingenuo osservatore, ad esempio, avrebbe mai immaginato la nomina come assessore all’ambiente dell’ex presidente di Greenpeace, Walter Ganapini? Ebbene Bassolino è riuscito anche in questa impresa. Nel rimpasto cui è dovuto ricorrere in seguito al terremoto provocato dalle indagini della magistratura che ha di fatto inquisito l’intero partito dell’Udeur, confermando di procedere nella più assoluta incertezza, indebolito sul piano dell’immagine, divenuto uno degli impresentabili nelle liste del Partito Democratico, è ricorso alla nomina di un tecnico che è tra i più lontani dalle sue posizioni e da quelle della giunta che presiede. In particolare sulla strategia rifiuti sono emersi immediatamente gli elementi stridenti di contrasto: Ganapini, da sempre contrario ai termovalorizzatori, si trova in una giunta che, almeno fino a qualche giorno fa, ha fatto proprio dei termovalorizzatori l’elemento centrale per lo smaltimento dei rifiuti. Le sue prime dichiarazioni in merito non si sono fatte attendere. Rilasciando interviste a varie testate, ha subito precisato che il suo accordo con Bassolino è fondato sulla reciproca lealtà ed è consapevole che il piano rifiuti della regione si fonda sulla messa in funzione degli inceneritori. Detto questo, è passato poi a una serie di considerazioni tese a sconfessare l’operato della giunta regionale stessa. In particolare a Repubblica ha dichiarato che in Campania potrebbe bastare anche un solo termovalorizzatore, in contrapposizione ai tre previsti dal piano. Un termovalorizzatore che non è neppure tra i più garantiti. Una frase che non solo sconfessa le assicurazioni fornite dal governatore, ma che avalla le preoccupazioni dei cittadini di Acerra.

Chissà cosa ne pensa il presidente del Consiglio uscente, Romano Prodi, che in una accorata lettera inviata al quotidiano Repubblica, in risposta all’invito di Fiorello di non andare a votare finché non sarebbero stati rimossi i cumuli di immondizia, ha testualmente affermato: “(…) abbiamo preparato un piano operativo che entro il 7 maggio porti alla pulizia delle strade, all’apertura di discariche temporanee e definitive (quelle indicate dalla legge n. 87 del 2007), al ripristino della responsabilità del ciclo di smaltimento dei rifiuti in capo agli enti locali e infine alla creazione di almeno tre termovalorizzatori (Acerra, Santa Maria La Fossa e Salerno)”. Di sicuro è del tutto gratuito l’orgoglio col quale difende la discesa in campo del suo esecutivo per risolvere un problema laddove avevano fallito commissari nominati da governi di destra e da governi di sinistra, senza distinzione, avvenuta solo dopo i primi richiami provenienti da Bruxelles e che espongono l’Italia al rischio di sanzioni. L’attribuzione, poi, di poteri straordinari a questa nuova figura, il supercommissario in luogo del commissario semplice, non ha prodotto risultati significativi. La vera risposta a Fiorello, in realtà, è arrivata dal capo del Dipartimento della Protezione Civile, Guido Bertolaso: «Mi auguro che i responsabili di questa vergogna, che hanno tutti un nome e un cognome, siano giudicati e spero pertanto che il 13 aprile tutti vadano a votare». Uno che parla a ragion veduta, dopo che da commissario straordinario nominato dal governo Prodi, si era visto costretto a rassegnare le dimissioni in seguito alle proteste di alcune realtà locali che trovarono l’appoggio di un rappresentante di quello stesso governo, il ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio.

Per la serie non c’è mai fine al peggio, sono riapparsi al fianco dei manifestanti di Gianturco (dove De Gennaro vuole insediare un sito di stoccaggio dei rifiuti presso la ex manifattura dei tabacchi) Francesco Caruso e Oreste Scalzone, ex leader di Autonomia: nuovi e vecchi cattivi maestri che in una situazione di caos generale trovano terreno fertile per tornare alla ribalta.

L’alternativa? Rivolgersi a San Gennaro. Da De Gennaro al santo patrono della città, del resto, il passo era troppo breve perché non si compiesse. Come nel ‘600 quando il vescovo espose le reliquie chiedendo l’intercessione del santo per risolvere l’emergenza di allora, ovvero la peste, il cardinale Crescenzio Sepe è riuscito a riempire il Duomo di fedeli e semplici rappresentanti della cosiddetta società civile. Al di là del gesto folkloristico (sono trascorse più di due settimane ma di miracoli non c’è ombra) con la traslazione delle reliquie del santo patrono, portate sull’altare per l’occasione fuori dalle date rituali (il sabato che precede la prima domenica di maggio e il 19 settembre), il messaggio dell’alto prelato è stato estremamente lucido e amaro. L’invito rivolto a ogni cittadino ad assumersi le proprie responsabilità, riconoscendo le colpe di una comunità che troppo spesso si è mostrata priva di senso civico o silente complice «di fronte al massacro della nostra città, mai così umiliata e così in pericolo, con sacchetti neri insudiciati dagli egoismi, dalle inadempienze, dalle incapacità e dalle connivenze con il malaffare, sono andati ad ammassarsi come rifiuti, sporcando non solo le mani ma anche la coscienza».

Un monito che rappresenta l’unica cosa seria e dignitosa di mesi nei quali una intera regione è stata esposta alla vergogna su scala mondiale. Con gli alberghi del lungomare deserti, tour operator che depennano Napoli dai percorsi turistici e una regione che non riesce a fare altro che produrre nuovi spot televisivi con Fabio Cannavaro per promuovere le bellezze e l’accoglienza di un tempo ormai andato, anche l’ultimo briciolo di fiducia nelle istituzioni si è dissolto.