A pagare il prezzo dell’indipendenza saranno i cittadini della Catalogna
06 Ottobre 2017
di Daniela Coli
Cosa sta accadendo in Spagna? Per media e social sembra stia per scoppiare la guerra civile. Per i giornalisti che non sono rimasti ai tempi di Hemingway, la Spagna è una democrazia avanzata, dove la Catalogna ha un’ampia autonomia, è una potenza globale, lo spagnolo è la seconda lingua più parlata in Occidente, ha banche importanti come il Banco di Santander, fondato nel 1857 per favorire gli scambi con l’America del Sud. Soprattutto, la Spagna ha superato la crisi finanziaria del 2008 ed è tornata ai livelli di Pil che aveva prima della grande crisi. L’economia spagnola da tre anni cresce di oltre il 3% all’anno. Più di tutte le altre economie dell’eurozona, il triplo dell’Italia, il doppio della Francia, quasi il doppio persino del prodotto lordo tedesco. Il debito pubblico spagnolo è di 1.128 miliardi, quello italiano 2.278 miliardi: tanto per avere un’idea. Il cinema spagnolo ha scavalcato negli Stati Uniti quello italiano, in crisi da decenni tanto da arrivare ad assurde misure autarchiche come quelle introdotte dal ministro Franceschini. Registi come Almodovar hanno fatto conoscere la Spagna democratica, Penélope Cruz è in America oggi quello era quarant’anni fa Sophia Loren: è l’immagine della donna latina. Così Javier Bardem e Antonio Banderas hanno sostituito il grande Mastroianni. Se pensiamo ai film dedicati da Woody Allen all’Europa, Vicky Cristina Barcelona del 2008 con Penélope Cruz, Javier Bardem e Scarlett Johansson, non è proprio la Spagna di Hemingway.
La Spagna, una delle grandi potenze della storia europea, un grande impero, che insieme agli inglesi colonizza le Americhe, è una delle grandi nazioni europee. Certo, noi italiani abbiamo qualche problema con la Spagna per il Regno delle Due Sicilie, ma Benedetto Croce era nipote di un alto magistrato dei Borboni, una delle grande dinastie europee. A un certa gauche e a un certo antifascismo stressato piace incollare la Spagna alla guerra civile e, come sappiamo, Renzi ha sempre fatto di tutto per escludere la Spagna di Rajoy dai vertici con Francia e Germania. L’eterna rivalità italiana, ma il Pil e il debito ci raccontano un’altra storia. La Catalogna è una questione seria, ma il referendum catalano è stato considerato incostituzionale dall’Europa, non solo perché nessuna costituzione prevede la secessione, ma soprattutto perché appellarsi al principio dell’ autodeterminazione dei popoli, come fa “el quinto Beatle”, Puigdemont, come lo chiamano gli spagnoli, è fuori luogo in quanto la Catalogna non è l’Algeria e la Spagna non è la Francia colonialista. Occorre quindi riportare la questione catalana in Europa, dove l’austerità di Bruxelles dopo la crisi del 2008, e il disagio della globalizzazione ha prodotto scontento e disagio.
Soprattutto, la sinistra europea, già disastrata dalla Cina capitalista e dal crollo dell’Urss, ha sostituito l’internazionalismo con un europeismo esasperato, provocando la nascita di movimenti anti-Ue e indipendentisti. La Catalogna è un esempio: Carles Puigdemont, sindaco di Girona, una cittadina di 96.722 abitanti, è diventato presidente della regione Catalogna. Ha iniziato come membro della Gioventù nazionalista di Catalogna, è riuscito a battere i socialisti nel 2011, e nel 2016 a diventare presidente della Catalogna col voto decisivo della CUP, un partito anticapitalista, leninista, e indipendentista. La CUP è il partito più temuto in Spagna: le foto e i video ritoccati sulle violenza della polizia spagnola postate sui social, in Spagna hanno prodotto barzellette, ma anche preoccupazione: quelle foto e video fake potrebbero essere utilizzati per provocare violenze, accusare la polizia spagnola e presentare la Spagna come una nuova Libia, magari adatta a una nuova no fly zone. In realtà , il grande problema dell’Europa, oltre ai limiti dell’Ue, è la fine della sinistra, da cui nascono dinosauri come la CUD leninista o personaggi come Puigdemont.
La questione della Catalogna, con larga autonomia, è che vuole pagare meno tasse al governo centrale, come ha concluso Oxford Economics. Si sarebbe potuto risolvere con la richiesta di un referendum per l’autonomia, come in Lombardia. L’insipienza di Puigdemont lo ha indotto ad appellarsi all’autodeterminazione dei popoli, come se fosse Ghandi e la Catalogna fosse l’India colonia dell’impero britannico. Da questa assurda politica sarà purtroppo la Catalogna a pagare: in 48 ore dalla Catalogna hanno trasferito la sede in Spagna due grandi banche come Banco Sabadell e Caixa Bank. Per la Catalogna indipendente unilaterale, il 10 ottobre si profila uno scenario greco, come ha concluso Federico Fubini sul Corriere. Mentre si avvicina il D-Day, con un referendum a cui ha votato solo il 42% della popolazione, considerato illegale da Bruxelles e da Washington, i risparmiatori catalani corrono ai bancomat a prelevare euro. Il 10 ottobre la Catalogna disconnessa dalla Spagna non avrà una moneta e non riceverà più un euro dalla Bce, perché l’Ue è un’unione di Stati nazionali. La Catalogna ha un debito di 80 miliardi e il sistema bancario catalano dipende dai prestiti della Bce. Questo sarà il dramma della Catalogna e della Spagna, una volta crollata l’impalcatura mediatica della lotta per l’autodeterminazione catalana.
Le bandiere al vento sono romantiche, ma l’Ue non ha mai voluto diventare una federazione di regioni, come piacerebbe a Macron, autore di un piano per trasformare le elezioni europee in elezioni transnazionali. Difficile che la Germania dopo l’ultimo voto accetti la riforma europea Macron, soprattutto la comunitarizzazione del debito. Difficile che la coalizione “Giamaica” in Germania lo accetti. Con Christian Lindner alle finanze è più probabile la “Dexit”.