A Palermo Casini rompe il Terzo polo ma a Roma parla un’altra lingua

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A Palermo Casini rompe il Terzo polo ma a Roma parla un’altra lingua

13 Marzo 2012

A Palermo il Terzo Polo va in frantumi: Casini punta sul candidato sindaco Costa, molla Fini e Lombardo, stringe un patto con Pdl e Grande Sud (Miccichè). Fli e Mpa scommettono sul finiano Aricò. Una mossa che va nella direzione auspicata dai moderati – centristi e pidiellini – : la ricomposizione del centrodestra. Ma se a Palermo funziona così, non vale per altre piazze al voto e a Roma il leader Udc parla un’altra lingua, quella di Monti legando al sostegno incondizionato al governo dei Prof. gli scenari possibili del 2013. L’asticella casiniana si sposta sempre più in avanti e il ‘laboratorio’ palermitano se può rappresentare un punto di partenza verso i partito dei moderati, non è detto che coincida col traguardo finale.   

Certo è che nel capoluogo siciliano i movimenti dei giorni scorsi hanno portato a uno scossone non da poco. Con due effetti immediati. Il primo: la ricostituzione di una nuova alleanza nel campo di centrodestra, una sorta di anticipazione di ciò che potrebbe accadere tra un anno e per il quale Alfano si sta spendendo da mesi rinnovando un giorno sì e l’altro pure appelli all’unità dell’area moderata. Su Massimo Costa, fino a un paio si settimane fa venne presentato in pompa magna come candidato sindaco nella convention terzopolista oggi convergono Pdl, Udc, Grande Sud (Miccichè) e La Destra. Restano fuori finiani e lombardiani che avevano posto il veto si chiunque avesse avuto un minimo di collegamento con la galassia berlusconiana e gli uomini di Alfano. Casini ha scelto altro: niente veti, ma un ampio schieramento, competitivo attorno a un giovane candidato sindaco (imprenditore), reo per i finiani di aver aperto al Pdl, e a un’offerta politica nuova. Il secondo effetto è, appunto, la rottura del Terzo Polo, con Casini e Rutelli che prendono un’altra strada. Pronti a convergere su Costa in caso di ballottaggio anche il partito di Saverio Romano (Pid) che al primo turno corre con la deputata Marianna Caronia      

Da Roma, però, i leader di Udc e Fli minimizzano affrettandosi a considerare quello di Palermo “un caso locale” e dunque senza alcuna connotazione di rilievo nazionale. Tatticismi che tuttavia la dicono lunga sulla reale volontà dei centristi di ‘esportare’ il modello palermitano. A Verona, città dove si sta consumando la resa dei conti dentro la Lega con il maroniano Tosi (sindaco uscente) che conferma la corsa con una propria lista,  il Terzo Polo è compatto sul candidato sindaco del Pdl Castelletti ma non è detto che sarà così anche in altre piazze al voto. Il che significa che la politica dei due forni continua a essere la bussola dei centristi che non rinunciano all’idea di fare da ago della bilancia della competizione elettorale e in virtù di questo dettare le condizioni. Un dejà vu, insomma.

Quadro d’insieme che porta molti esponenti pidiellini a mantenere un realistico scetticismo sulla fattibilità del progetto di Alfano, proprio perché Casini sta dando segnali diversi. E non è un caso se ieri proprio lui nell’intervista al Corsera ha dato la stura a un’altra giornata carica di tensione nei palazzi della politica. Il passaggio nel quale afferma che se Alfano punta a “riunire i moderati” non deve fare “l’errore gravissimo” di “portare il governo alla paralisi” con i “veti reciproci”. Il riferimento neanche troppo velato è al vertice con Monti di Abc (Alfano, Bersani e Casini) saltato la scorsa settimana e alle diffidenze manifestate dal segretario del Pdl su giustizia e Rai non considerate priorità nell’agenda dell’esecutivo tecnico chiamato al suo compito sui dossier economia e crescita. Casini avverte: “Un governo che non può riunire la sua maggioranza e che non può permettersi di parlare di alcuni argomenti è più debole”. Quindi sale in cattedra e ricorda ad Alfano (che stima), che aver fatto saltare quell’incontro è stato un errore. E per finire sposta in avanti l’asticella centrista: “La premessa per ogni intesa futura è sostenere questo governo, dargli forza e coraggio ed evitare piccoli espedienti per complicare la vita a Monti, perchè la gente è stanca della vecchia politica, di un teatrino che abbiamo vissuto per anni e di cui nessuno ha nostalgia”.

Se questa è la sua risposta all’appello all’unità dei moderati lanciato pure ieri da Alfano, la replica del segretario Pdl non si fa attendere. Il destinatario è il leader Pd che lo ha attaccato definendolo “irresponsabile” ma è chiaro che tra le righe la risposta vale anche per Casini: “Bersani mi da dell’irresponsabile perché voglio parlare di banche e di lavoro. Quando noi dicevamo che la priorità era la giustizia, la sinistra diceva che i problemi erano altri. Oggi c’è un governo votato dal parlamento per occuparsi della vera emergenza del Paese che è l’economia e la sinistra oggi di cosa vuole parlare? Di giustizia e di Rai…”. Più diretta la sottolineatura di Gianfranco Rotondi che a Casini dice: “Monti lo sosteniamo tutti, ma non è il luogo della ricostruzione di una forza moderata. Il governo Monti e’ la conseguenza della politica malata, guai a scambiarlo per la cura”. E Gaetano Quagliariello rincara la dose nei confronti del leader democrat: “Bersani che attacca Alfano sembra quello che si butta avanti per non cadere indietro. Il Pdl ha sempre sostenuto responsabilmente il governo nel perimetro della sua azione. Il Pd ha un’ottima occasione per fare altrettanto: appoggi la riforma del lavoro senza se, senza ma e senza inutili dilazioni”. Tensione alle stelle.

A tarda sera Monti prova a gettare acqua sul fuoco delle polemiche e delle schermaglie: Palazzo Chigi annuncia che il vertice coi tre soci di maggioranza ci sarà giovedì e si parlerà di tutto. Alfano ci sarà, ma la linea del Pdl resta ferma: la priorità è il lavoro e l’accesso al credito. Su twitter chiosa così: “Di Rai e giustizia (ultime classificate nell’agenda) parli chi vuole”.