A Palermo il carisma di Orlando contro l’efficienza di Cammarata

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A Palermo il carisma di Orlando contro l’efficienza di Cammarata

14 Maggio 2007

Urne aperte ieri e oggi a Palermo. Tra passato e presente, la città è chiamata a decidere del proprio futuro. Il presente ha il volto pulito del sindaco uscente, l’avvocato Diego Cammarata (CdL); il passato quello maturo di Leoluca Orlando (Unione), uomo politico di lungo corso e grande cultura. Le previsioni non sono scontate, lo scrutinio potrebbe riservare sorprese: i palermitani sono combattuti, da un lato il viscerale amore per il carismatico Orlando, già a lungo sindaco, dall’altro l’indiscutibile buona amministrazione di Cammarata.

Di Leoluca Orlando si erano perdute le tracce dopo la sconfitta alle elezioni regionali siciliane del 2001 che videro trionfare l’attuale presidente della regione Salvatore Cuffaro. L’”Orlando furioso” come è stato ribattezzato nell’ultimo periodo, è tornato sul proscenio politico per sostenere, un anno fa, Rita Borsellino che, dopo avere vinto le primarie, ha tentato vanamante di insidiare la poltrona di Totò Cuffaro. Successivamente si è presentato quasi autonomamente alle primarie dell’Unione per il sindaco di Palermo da lui stesso pretese, stravincendole.

Eccolo qui, dunque, trafelato ed  instancabile al contempo, messianico anche  tra i banconi dei mercati popolari. E’ fermamente convinto che solo lui possa salvare Palermo, ridarle l’anima e la vita ma soprattutto un sindaco. E’ stata questa, infatti, la principale contestazione mossa a Diego Cammarata durante una campagna elettorale condotta lancia in resta. Secondo Orlando, Cammarata sarebbe stato assente, trincerato dietro il portone perennemente sbarrato di Palazzo delle Aquile, e quindi sordo ai reali disagi dei cittadini.

Leoluca Orlando, invece, è il campione di quella politica assistenziale che ha prodotto una generazione di precari negli anni ’90, ancora convinto che rientri tra i compiti del Sindaco quello di creare posti di lavoro. Un uomo sempre in prima linea che ha trasformato la capitale della mafia in capitale dell’antimafia, restituendole dignità negli anni della “primavera di Palermo” e del “sospetto quale anticamera della verità”. A lui, tutti i palermitani devono indubbiamente riconoscere un lascito morale importante ma  anche una insufficiente gestione della città.

Diego Cammarata, invece, si presenta a questa tornata elettorale forte di tutto ciò che è stato portato a compimento durante la propria sindacatura. Non è uomo da fare proclami o guidare crociate, piuttosto esibisce la serenità di chi è consapevole di avere adempiuto il proprio dovere. Mai un una parola contro Orlando, ma solo l’intento di fare emergere quanto di buono sia stato realizzato per la città. E alle accuse di assenza e lontananza dai cittadini ha replicato di avere voluto dare visibilità alla città e non al suo sindaco, secondo un  “understatement”  che i siciliani difficilmente comprendono. Qualche giorno fa, durante una visita, con uno dei paradossi cui ama ricorrere, Silvio Berlusconi ha sostenuto che “se i palermitani non votassero per Diego Cammarata sarebbero da ricoverare per infermità mentale”. Al di là della rituale smentita, come dare torto al presidente degli azzurri.

Negli ultimi cinque anni Palermo ha vissuto un fermento che non si ricordava da tempo, aperture di cantieri e di musei si sono alternate, dando, adesso si, l’impressione di una città viva, anzi vitale. Dal prato del Foro Italico, al giardino della Zisa, dalla nuova Galleria d’arte moderna alle massicce ristrutturazioni di un centro storico ancora sfregiato dai bombardamenti anglo-americani del 1943. E ancora, i cantieri per i parcheggi sotterranei, per le linee del tram e il progetto della metropolitana. E, infine, conquista irrinunciabile per ogni società che voglia definirsi civile, il servizio idrico giornaliero e continuato in ogni casa palermitana.

Il candidato della Casa delle libertà, ha inoltre chiarito l’equivoco sul Comune come datore di lavoro, affermando decisamente che sarà premura del sindaco predisporre le condizioni perché germoglino imprese ed attività, senza mai, però, ricorrere allo strumento del precariato, pesantissima voce del bilancio comunale. Il voto di Palermo avrà senza dubbio un valore politico, ed esprimerà l’opinione dei cittadini sul governo Prodi, sul ruolo dell’UDC ( a quanto pare destinato ad una grossa affermazione), sul futuro partito democratico e, come ha rilevato Gianfranco Fini, potrà fare da volano per le amministrative che tra pochi giorni si svolgeranno in tutta Italia, iniziando a destabilizzare l’attuale maggioranza. Ecco perché Palermo dovrebbe optare per la continuità, evitando voli pindarici verso un passato ormai remoto.

Oggi Palermo non ha più bisogno di un eroe, di un salvator patriae ma di un buon amministratore che l’avvicini agli standard che si addicono a una metropoli europea. Alla mafia e ai mafiosi lasciamo che continuino a dedicarsi, con professionalità e successo, le forze dell’ordine e la magistratura.