A proposito di vacanze e turisti: qualcuno sa perché Acireale si chiama Acireale?
11 Agosto 2009
Mi sveglio prima di Roberta nella nostra stanza in affitto e scendo a fare colazione cercando di non svegliarla. Sia perché è stanca e sono contento che si riposi, sia soprattutto perché se faccio colazione senza di lei posso mangiare molto di più e con molta più tranquillità.
Scendo il piano di scale che mi separa dalla hall, se hall si può definire, della pensione, e la signora molto avanzata negli anni ma lucidissima mi accoglie senza alcun entusiasmo, anzi.
“Vuole fare colazione?”.
“Sì, se possibile”.
“Certo, sono due euro e sessantacinque” mi dice.
Due euro e sessantacinque, penso.
E sessantacinque.
Non sentivo un prezzo del genere dal secolo scorso.
“Va bene” le rispondo.
Mi lascia lì come uno stoccafisso.
Ci ripenso, e sì, al primo impatto è un prezzo strano, ma pensandoci bene è anche incredibilmente economico!
Mi accomodo da solo in questa stanza con pochi tavoli. Per fortuna ce n’è uno usato da chi prima di me ha consumato questa fantomatica colazione. E finalmente torna la signora. Ha in mano un piatto, un tovagliolo e delle posate, che posa sgraziatamente davanti a me.
Poco dopo torna di nuovo con un vassoio che rappresenta quanto di più deludente mi sia mai capitato di vedere: c’è pane, burro e marmellata. Stop.
“Da bere cosa vuole?”.
“Un succo di frutta”.
Non mi chiede neanche a che gusto e me lo porta alla pesca e di una marca sconosciuta.
Quando assaggio il tutto però, apriti cielo!
È tutto incredibilmente squisito: il pane e la marmellata sono fatti in casa, e sono a dir poco deliziosi. Non capisco bene il sapore di quest’ultima, ma credo sia al fico, come me.
E il succo di frutta sa VERAMENTE di pesca, come le pesche!
Allibito dalla bontà chiedo il bis di tutto, e la signora, incredibilmente, sorride alla mia richiesta,e la esaudisce.
Finita la colazione torno su da Roberta che nel frattempo si è svegliata e le racconto tutto.
Cioè, tutta la prima parte: quella dei due euro e sessantacinque e dell’infinità bontà e genuinità per intenderci.
Ma lei è ancora nel limbo tra il sogno e la vita, sorride senza dare peso alle cose che dico. E forse è meglio così in questo caso specifico.
Un’ora dopo, con grande rilassatezza, andiamo al mare.
Capisco subito che questa sarà una vacanza molto rilassata: lo è la gente, lo sono i luoghi, e per osmosi lo siamo già anche noi. Me ne rallegro e compiaccio.
Passando compro un giornale locale: mi piace entrare in contatto con le realtà attraverso i giornali locali. Comunico questa mia passione a Roberta.
“Sì, per ammorbarmi con la tua nuova passione per la politica anche in vacanza, altro che realtà locale. Che giornale hai preso?”.
“Si chiama Il Turista”.
“Ma come il turista! Ma non avevi detto la realtà locale mi sento già del posto sono cresciuto a pane e panelle…” mi prende in giro per un minuto buono. La lascio fare sorridendo, è simpatica quando mi punzecchia.
Poi le rispondo: “Beh, più locale di così! Un giornale scritto dai locali per i turisti che vengono a visitare la loro terra! Io me lo comprerei anche a Roma se ci fosse”.
Ride, come se scherzassi. Ma io non scherzavo.
Il mare non è limpido come mi aspettavo: meglio di ostia, sì, ma credevo di trovare acque limpide e cristalline come in Sardegna.
Comunque dietro c’è l’Etna.
Sarà la località sbagliata, penso. E faccio il bagno.
Roberta mi ricopre di crema protettiva, ma qualche ora dopo sono comunque abbrustolito.
“Hai visto come sei rosso! E tu che non ti volevi neanche mettere la protezione! Siamo all’altezza dell’Africa qui tesoruccio bello”.
“Sai perché si chiama Acireale questa città?”.
“No, perché?”.
“Leggo sul mio turista” le lancio uno sguardo vendicativo.
“Un pastore di nome Aci amava la bella Galatea, ma della fanciulla era innamorato anche il terribile ciclope Polifemo, che per gelosia uccise il giovane. A questo punto della storia sono due i possibili epiloghi: secondo alcuni Galatea, per far rivivere l’amato, lo trasformò con l’aiuto di Zeus nel fiume Akis, che bagna nove regioni, Aci Trezza, Aci Castello ecc., oltre a questa. Secondo altri, meno romantici, il corpo fu diviso da Polifemo in nove parti…”.
“Ok non continuare!”.