A Roma Veltroni non vuole le primarie. La base risponde: “Nun se po fa”
03 Dicembre 2008
La città che più di ogni altro ha festeggiato la vittoria di Barack Obama si sta rivelando come quella meno democratica di tutte. La bomba è romana, tutta interna al Partito Democratico. Sulla miccia pare esserci scritto: “chi di primarie ferisce, di primarie perisce”. Messaggio diretto a Walter Veltroni e a tutto l’establishment romano. La base chiede le primarie per la elezione del segretario cittadino, le reclama a gran voce, urlando il sopruso in atto, organizzando la protesta su internet. Ma i vertici ignorano le richieste e l’attuale segretario rimane in carica. Eppure Veltroni sull’argomento è sempre stato chiaro: le consultazioni della base per eleggere i rappresentanti del partito sono una grande festa democratica. Ma nel Pd, visti i tempi, non si festeggia più. Roma metafora dei mali del Pd? In parte si. La città rimane la casamatta del veltronismo e questa lacuna democratica evidenzia l’affanno attuale.
I dirigenti romani del partito democratico sono tutti pezzi da novanta, non giovanotti di belle speranze. Il neo nominato segretario regionale del Pd, tanto per intenderci, è Roberto Morassut, ora deputato e potentissimo assessore ai lavori pubblici ai tempi di Veltroni in Campidoglio. L’attuale segretario regionale è Riccardo Milana, fedelissimo di Rutelli, ora senatore dopo anni trascorsi alla Camera. In cabina di regia c’è un veltroniano di ferro, l’influente senatore Goffredo Bettini. “A Roma non si muove foglia che Bettini non voglia”, è lo slogan che lo accompagna da anni. La dirigenza ha paura di spaccature, di clamorose bocciature, la cupola romana del Pd sa di non essere digerita,e per non sottoporsi al giudizio dei suoi militanti, blocca tutti i processi che invece proprio la base chiede.
Dopo una doppia sconfitta elettorale, a livello nazionale e cittadino, e dopo sette mesi nei quali nella capitale non si è riunita nessuna assemblea, la base, quella fatta di militanti, di presidenti di circoli territoriali e di associazioni come "Democraticamente", "I Mille", "Generazione U", questa assemblea se l’ è autoconvocata in un teatro del centro. Sala gremita, presenti oltre venti circoli territoriali, senatori, deputati, (in sala c’erano Anna Paola Concia, Marianna Madia, Walter Tocci, Giovanni Bachelet, Fausto Recchia), consiglieri regionali, toni pacati ma spietati, accuse rivolte all’attuale dirigenza, rea di mantenere uno status quo che sta uccidendo il Partito Democratico.
“E’ democratico davvero un partito che ignora da mesi la nostra richiesta”? si domandava un dirigente locale. “ Disgusto, dissenso, dispiacere, amarezza, sconforto, siamo nati già morti”, solo alcuni dei commenti usciti dall’assemblea. C’è chi poi, come Roberto Giachetti, deputato rutelliano di prima annata, da diciannove giorni è in sciopero della fame per protestare contro un calpestamento continuo dei regolamenti interni. Un suo duro litigio nei confronti dell’attuale segretario cittadino è finito su youtube sbancando letteralmente per numero di contatti ( emblematico il titolo del video: “ Ecco la democrazia interna al Pd”).
Era un convinto sostenitore di Veltroni ma dopo il discorso del Lingotto ha perso punti di giorno in giorno, “Walter ha fatto solo un grande errore, prima ha indicato la nuova via poi ha cercato l’accordo con le correnti, ora queste logiche stanno distruggendo il Pd, in una fase così prevalgono interessi meschini, azioni di sabotaggio, si perde di vista il popolo militante” e a chi sostiene che votare non farebbe altro che accrescere divisioni Giachetti tira in ballo l’ultimo totem del Pd, “ e allora che cosa è stato il duello tra Obama e la Clinton? Qui il segretario romano si ostina a violare lo statuto, non indicendo le primarie e pretendendo di essere rieletto dalla stessa platea che lo ha già votato”.
Motivo per il quale il dissidente Giachetti è uscito dal Pd romano pur rimanendo nel gruppo parlamentare di appartenenza. Più chiaro di così non poteva essere. Così mentre il segretario regionale Morassut invita a fare opposizione al Governo e ad Alemanno e ad abbandonare guerre intestine in nome delle primarie, i dissidenti sono riusciti ad ottenere un incontro con Veltroni. Appuntamento quindi per il 10 dicembre. Che gran confusione dentro il Pd. Disorientamento a livello europeo, mal di pancia del Pd settentrionale, patatrac sardi con Soru costretto a dimettersi, l’opposizione silenziosa e fastidiosa di d’Alema.
Ora si aggiunge la grana romana. Solo che una grana scoppiata a Roma è diversa, perché viene automaticamente amplificata dai media e finisce per essere la cartina di tornasole delle cose che non vanno. Quello che qualcuno dai vertici del partito ha bollato come una “sfogatoio” ieri ha detto la sua e prepara nuove iniziative. Se continua così, il veltroniano “si può fare” rischia di trasformarsi in un romanesco “ nun se po fà”. Parola di militanti delusi.