A Roma Veltroni passa il testimone a Rutelli

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A Roma Veltroni passa il testimone a Rutelli

05 Febbraio 2008

“Sono contento di parlarvi nella mia duplice veste di segretario del Partito democratico e sindaco di Roma, duplice veste che sussisterà ancora per pochi giorni”. Quanti saranno questi “pochi giorni” prima che Walter Veltroni getti la spugna e prepari gli scatoloni per lasciare il Palazzo Senatorio non è dato sapere, anche se nelle ultime ore si va facendo strada l’ipotesi che il primo cittadino della Capitale possa scegliere per il grande addio proprio il giorno di San Valentino. Chissà, forse come simbolo di una freudiana consapevolezza: che nella storia d’amore con la Città eterna almeno uno dei due innamorati – la città, appunto – non ne può davvero più.

La prospettiva di un interminabile periodo di paralisi amministrativa sembra essere scongiurata: in una recentissima riunione del governo dimissionario il ministro Amato ha informato i colleghi che si provvederà tramite un intervento normativo d’urgenza a far sì che i sindaci che intendano candidarsi alle elezioni politiche, ormai inevitabili dopo la fallita “esplorazione” di Franco Marini, anche dimettendosi oltre i termini previsti dalla legge vigente non condanneranno le loro città ad un anno di commissariamento. Anche le amministrative nei municipi interessati, dunque, si svolgeranno nella prossima primavera, e a quanto pare non è escluso che si proceda ad indire un “election day”.

Per quanto riguarda Roma e le dimissioni in zona Cesarini di Veltroni, però, più di qualcuno, e non solo nel centrodestra, ritiene che il problema non avrebbe nemmeno dovuto porsi: dopo gli ultimi fuochi d’artificio esplosi nel cielo della politica italiana, è parso più che mai evidente che l’incarico di segretario del Pd avrebbe comportato qualche cruccio in più di una lettera a Repubblica, un’intervista al Corriere o una lezione di bella politica; e che, dunque, difficilmente la città di Roma, le sue istituzioni e i suoi sventurati abitanti non avrebbero risentito delle ambizioni del loro sindaco. Nonostante questo, Walter non ha ritenuto di dichiarare conclusa la sua esperienza capitolina, neanche quando l’opposizione – spaventata dalla prospettiva di un anno di commissariamento – gli aveva prospettato l’ipotesi di dimettersi subito in via cautelativa, con la prospettiva di ritirare le dimissioni qualora, contro ogni previsione, Marini fosse riuscito a formare un governo e ad evitare lo scioglimento delle Camere.

Insomma, è opinione diffusa che Veltroni avrebbe dovuto da tempo preparare gli scatolini e lasciare il Palazzo Senatorio nelle mani di un sindaco a tempo pieno. Pare invece che le attese dimissioni non arriveranno prima di metà settimana. Anche perché, prima di aprire le danze, il sindaco quasi-dimissionario deve sciogliere il complicato risiko che alle elezioni per il Campidoglio lega quelle per il rinnovo dell’amministrazione provinciale e, infine, quelle per il Parlamento nazionale.

Tempistica a parte, il processo che a Roma condurrà dritto alle urne appare ormai irreversibile. La partita, dunque, è aperta. Per la candidatura alla successione di Walter-ego si sono nel tempo affievolite le ipotesi di una discesa in campo di Melandri, Bettini e Fioroni, a scapito delle quotazioni sempre più salde di Francesco “Ciccio” Rutelli, già primo cittadino giubilare, probabilmente desideroso di sfuggire all’ingrato ruolo di comprimario della coppia Veltroni-Franceschini. Pare sfumata anche l’ipotesi di un accordo con Rifondazione che in cambio di un sostegno fin dalla prima ora al vicepremier avrebbe assicurato la poltrona di vicesindaco a Patrizia Sentinelli. A sorpresa, per affiancare Rutelli nella corsa al Campidoglio potrebbe schierarsi, a “garanzia” di tutta la galassia a sinistra del Pd, un autentico pezzo da novanta: Renato Nicolini, amatissimo “architetto dell’Effimero”, l’inventore dell’Estate romana, che negli anni delle giunte di centrosinistra si è spesso distinto per i suoi giudizi controcorrente.

Tutto, comunque, dipenderà dall’incastro con le altre caselle che riguardano la Provincia di Roma e naturalmente la Camera e il Senato. Enrico Gasbarra, presidente uscente di Palazzo Valentini, aspirerebbe al grande salto verso il Parlamento. Al suo posto, in pole position viene considerato Nicola Zingaretti, segretario regionale del Pd, cui la sinistra “arcobaleno” affiancherebbe volentieri un vice. Sempre che il Pd non intenda smarcarsi anche a livello locale del “fardello” delle estreme, tentando il recupero al centro attraverso la Rosa Bianca di Mario Baccini, che nella Capitale vanta un serbatoio di voti non indifferente. Ma, considerati gli equilibri che dal 2001 reggono le sorti delle giunte Veltroni, appare assai difficile che possa andare così.

Le ricostruzioni più disparate si susseguono, e da ogni parte arrivano smentite la cui credibilità appare inversamente proporzionale al tono roboante con cui vengono formulate. I giochi sono ancora aperti, anche perché è improbabile che una partita importante come quella romana possa prescindere dalla piega che prenderà lo scenario politico nazionale. La Cdl osserva e aspetta: la discesa in campo di Rutelli potrebbe infatti far tornare d’attualità l’ipotesi di un coinvolgimento di Gianfranco Fini nella disputa del Campidoglio, anche se il diretto interessato non avrebbe alcuna intenzione di avventurarsi in una sfida dagli esiti assai incerti.

Che per il centrodestra sia esiziale sfoderare un nome ad effetto lo ha riconosciuto lo stesso Luciano Ciocchetti, “papabile” in quota Udc. Il quale ha pure dovuto ammettere che rispetto al centrosinistra l’opposizione a Roma è parecchi passi indietro. Ne è prova il fatto che anche Gianni Alemanno si sia detto disposto a scendere in campo. Un anno e mezzo fa è stata una debacle, ma forse qualcuno nel centrodestra capitolino ancora non se ne è accorto.