A sparare su Israele si fa sempre bene

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A sparare su Israele si fa sempre bene

08 Febbraio 2007

L’esercito regolare libanese ha aperto il fuoco mercoledì notte
contro una pattuglia di militari israeliani che stavano cercando di
sminare una zona lungo la “linea blu” nei pressi di Avivim.

Nello stesso luogo, lo scorso luglio vennero uccisi due soldati
israeliani, Yonatan Hadassi e Yotam Gilboa, solo che un quell’occasione
a sparare erano i miliziani di Hezbollah.

Il fatto è di per sé molto grave e indica il livello di tensione che
domina lungo il confine israelo-libanese. Mostra anche come la presenza
delle forze internazionali di Unifil 2 influisca molto poco sulla
situazione generale.

Alla fine, dopo mesi dalla fine del conflitto, c’è sempre qualcuno
che spara contro gli israeliani, anche quando si tratta non di carri
armati ma – come in questo caso – di un bulldozer destinato allo
sminamento.

Quello che però risulta ancor più stupefacente è la lettura dei
fatti che sembra prevalere in Italia e a cui ha dato voce – con un
candore davvero disarmante – un militare solitamente attento e
informato come il generale Cabigiosu.

Intervistato dal GR3 di giovedì mattina, Cabigiosu ha detto
testualmente, riferendosi allo scontro aramto: “Mi sembra un fatto
positivo che l’esercito libanese dimostri la volontà di controllare il
confine, cosa che prima non era mai avvenuta”.

In realtà all’esercito libanese era stato chiesto da anni di
vigilare sul confine meridionale allo scopo di limitare le azioni
terroristiche di Hezbollah. Che oggi siano arrivati sul quel fronte per
scontrarsi con gli israeliani – intenti a togliere mine messe
impunemente da quegli stessi Hezbollah – più che un progresso ci sembra
un passo in dietro molto preoccupante.

Almeno che non si consideri a priori un fatto positivo sparare contro Israele.