L’Europa si avvicina progressivamente al gas perché è
pulito, disponibile e non richiede stoccaggio, mentre i consumi di olio
combustibile e carbone diminuiscono. Il problema sta nel fatto che il 60% del
gas arriva in Europa da Russia, Algeria, Libia e Norvegia. Da anni l’Unione
europea si preoccupa inutilmente di regolamentare il mercato interno del gas,
mentre si sta formando un oligopolio dei Paesi terzi. Bruxelles ha preso atto
di tutto questo solo nel 2006, con la crisi tra Russia e Ucraina. I paesi
produttori, o quelli attraversati dai gasdotti, possono lasciarci al freddo e
al buio semplicemente chiudendo una valvola.
In alternativa, per soddisfare il suo bisogno di energia
l’Italia dovrebbe costruire entro il 2020 settanta nuove centrali nucleari, ma la Ue non acconsentirebbe mai e la
popolazione locale protesterebbe contro la costruzione degli impianti. Coprire,
invece, la domanda energetica attraverso le fonti rinnovabili significherebbe
ricoprire di pannelli fotovoltaici 50mila campi di calcio, o realizzare ogni
anno 15mila pale eoliche. Infine chi pensa al carbone come a un’alternativa
valida al gas non considera i limiti del protocollo di Kyoto. Intanto, entro il
2020 il 25% degli impianti a olio combustibile, carbone e nucleare dovrà essere
dismesso perché obsoleto: a quel punto l’Ue dovrà raddoppiare le importazioni
di gas, preoccupandosi, tra l’altro, di competere con importatori come la Cina.
Un quadro generale non rincuorante a fronte del quale bisognerà trovare a breve possibili soluzioni per il futuro. Sicuramente dovremmo potenziare le infrastrutture e costruire nuovi gasdotti. Bisognerà procedere alla realizzazione di rigassificatori per la trasformazione del gas liquido proveniente da paesi remoti sprovvisti di pipeline. Inoltre, dovremmo migliorare il mix energetico investendo contemporaneamente anche nel nucleare e nel rinnovabile: a lungo termine l%E2