Abito a Roma, ho un monopattino, ma non ho più un’attività

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Abito a Roma, ho un monopattino, ma non ho più un’attività

Abito a Roma, ho un monopattino, ma non ho più un’attività

16 Maggio 2020

di Frodo

Io abito in Via Fezzan, a Roma. Per arrivare al Senato – facciamo caso – devo attraversare una serie di strade. E direi che sul tragitto casa-lavoro possono essere fatte numerose similitudini in grado di coinvolgere tutte le città per cui è previsto il bonus monopattino. Roma, insomma, è solo un caso di specie. Quello che vale pure per le biciclette. Parliamo delle fortunate realtà cittadine con più di 50 mila abitanti per cui il bonus monopattino è stato predisposto. Bene, io abito in via Fezzan, e devo fare 7.9 km per arrivare a piazza Madama. E compro un monopattino elettrico. Perché il governo dice che è cosa buona e giusta in questa fase pandemica. E vabbè.
Ho due possibilità: passare per la Nomentana fino a circa piazza della Repubblica. Termini, piazza Venezia e poi dritto fino al centro; passare invece per Corso Trieste, Termini, piazza Venezia e così via. Non è che sia molto differente. Il distinguo è costellato dalle macchine che incontro, infinite macchine, in ogni caso. Io non ho mai visto nessuno attraversare Roma Est col monopattino elettrico. Si tratta di evitare il pericolo di essere setacciati lungo il tragitto. Dice: prendi una bicicletta elettrica. Uguale: basta domandare ad un rider motorizzato qualunque a Roma. Parliamo di una sorta di professione eroistica-economicistica contemporanea. Oppure chiedete ai tassisti e al numero delle volte che hanno dovuto fare i conti con la realtà dei rider. Loro malgrado e malgrado anche per i rider, che ogni tanto ci rimettono.
Abito a Roma, ed è sostanzialmente inutile tanto il monopattino quanto la bicicletta. Il traffico di una metropoli è quello che è. Dice: è ma a Siena è diverso. Mica vero: ho abitato anche lì. C’è caos stradale anche lì, fidatevi. Dunque rinuncio. A meno che io non voglia rischiare di essere arrotato. Abito a Roma, ma non lavoro al Senato di piazza Madama. Ho un ristorantino in centro, vicino al Senato. Dimensione ridotta: cinquanta coperti. Con le regole nuove, riesco a coprirne una ventina. Facciamo quindici per stare larghi. Ho prestato qualcosa ai miei camerieri, perché non avevano i soldi per fare la spesa. E lo Stato non è intervenuto in loro sostegno. Non è che siano a nero: è che se hai famiglia con 600 euro ci paghi l’affitto, le bollette e una busta di beni di prima necessità per la prima settimana. Ma torniamo a me. Devo decidere se riaprire. Probabilmente non lo farò. Perché solo l’affitto vale il doppio del bonus che mi è stato destinato. E non è che ne abbia per molto. 1200 euro al mese di affitto, più le spese per i lavoratori, le dispense, i cibi, gli ingredienti, la sanificazione, le tasse ed altre voci di spesa. Non riesco.
Abito in via Fezzan, ho un monopattino elettrico ma non ho più un ristorante. Però posso sentirmi Ayrton Senna mentre sfreccio sulla Nomentana. Sarà poca cosa, ma è più o meno tutto quello che ho.