Abolire il valore legale della laurea: è il cambiamento culturale che serve all’Università
04 Aprile 2008
L'”undecalogo”
del sen. Gaetano Quagliariello per la salvezza dell’università italiana (L’Occidentale,
2 aprile) è non soltanto importante, ma anche tempestivo. Nel giro di due
settimane il Parlamento avrà una nuova maggioranza. Tra poche settimane avremo
un nuovo governo. Questo esprimerà un nuovo ministro responsabile
dell’Università. Noi speriamo che quest’ultimo stia già lavorando all’elenco
delle cose da fare, visto che il compito è enorme e non può che
“atterrire” (come scrive Raimondo Cubeddu nel rispondere a
Quagliariello) chiunque se lo accolli. Lo speriamo, perché ben poco, per non
dire niente, trapela dalla dichiarazioni pre-elettorali dei leader politici del
futuro governo. Ben vengano, dunque, le proposte, fattive e concrete, di
Quagliariello.
Eviterò, in
questa occasione, di dare la ricetta della mia “riforma perfetta”
(per parafrasare ancora Cubeddu), nello stile di quei tifosi del Bar Sport,
ognuno dei quali è certo di avere la formazione perfetta per la squadra per cui
tifa. Concordo però nell’identificare nella soluzione iperburocraticista
l’aspetto peggiore dell’amministrazione dell’ormai ex ministro Fabio Mussi (che
infatti è stata sepolta dalla sua stessa pachidernica burocrazia). Concordo
anche sul fatto che il difetto fondamentale della dichiarazione dei
diciannove “rettori virtuosi” sta nella sua logica interna, che li
spinge semplicemente a ribadire, di fronte al ministro: “Noi siamo gli
unici bravi, abbiamo diritto al premio-partita, gli altri lasciateli in
panchina”.
Dirò anzi esplicitamente che nessuno degli undici punti di Quagliariello mi
trova contrario: libera docenza, libera contrattazione (parziale) dello
stipendio, mobilità dei docenti, aiuto speciale nei confronti delle scienze
umane (se lo chiamassimo affirmative action all’americana forse sarebbe
d’accordo perfino Walter Veltroni), prestiti d’onore e liberalizzazione delle
rette, meccanismi (per esempio fiscali) che incoraggino gli investimenti
privati. Sono anche favorevole alla proposta aggiunta da Cubeddu relativa
all’abolizione dei nulla-osta. Forse l’unico punto che mi fa paura è
“l’indicazione ministeriale … dei pochi esami realmente obbligatori”:
in realtà tale meccanismo già esiste, e sappiamo quanto poco resti di
“liberalizzato” che sfugge alle griglie ministeriali.
La vera assenza dall’undecalogo di Quagliariello è però quella dell’abolizione
del valore legale dei titoli di studio superiori. Cubeddu, per parte sua,
sostiene che “ragionevolmente” tale obiettivo “non può essere
realizzato in tempi brevi”. Questo, francamente,
mi sfugge. Come sosteneva Paolo Locatelli, alto dirigente CNR, proprio su
queste pagine (24 febbraio 2008), sono due le ragioni che stanno dietro al
“ragionevolmente” di Cubeddu (nel senso che non si può fare). La
prima sarebbe l’opposizione “di una parte importante e potente dei
docenti, che vedrebbero sconvolti molti equilibri universitari (compresa la
distribuzione delle cattedre tra le varie facoltà e dipartimenti) e consolidate
rendite e lobby professionali extra universitarie”. La seconda ragione
sarebbe “l’impatto, veramente forte … che una simile riforma avrebbe sul
sistema burocratico-amministrativo dello Stato, dei Ministeri, degli Enti
pubblici eccetera, che dovrebbero ribaltare le loro logiche di selezione,
valutazione e quindi carriera del personale”.
Ebbene,
d’accordo con Locatelli, riteniamo che proprio l’abolizione del valore legale
del titolo di studio non soltanto fornirebbe quel quadro d’insieme normativo
del quale hanno bisogno le proposte di Quagliariello (e di Cubeddu), ma anche
darebbe quel segnale immediato di cambiamento “culturale”, che è
troppe volte mancato al precedente governo guidato da Silvio Berlusconi, nel
corso del quale alle dichiarazioni sui massimi sistemi sono spesso seguite
politiche di piccolo cabotaggio, soprattutto nel campo dell’università.