Aborti selettivi, il dramma dimenticato della contemporaneità

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Aborti selettivi, il dramma dimenticato della contemporaneità

Aborti selettivi, il dramma dimenticato della contemporaneità

16 Ottobre 2019

Milioni di bambine mancano all’appello ancora oggi nel mondo a causa di aborti selettivi, secondo il dossier della campagna “Indifesa” dell’organizzazione Terres des hommes Italia, presentato alla Camera dei Deputati il 10 ottobre, alla vigilia della Giornata Mondiale delle Bambine dell’11 ottobre istituita dall’ONU. Sono dati che dovrebbero destare scandalo e preoccupazione, ma passano perlopiù sotto silenzio. Eppure, numeri alla mano, sono 45 milioni le bambine nel mondo non nate dal 1970 al 2017.
Esistono infatti Paesi dove essere femmina significa correre il rischio di nemmeno venire alla luce come in Cina, India, Pakistan, Armenia, Azerbaijan, Georgia, Vietnam, Nepal, Taiwan, Albania, Montenegro, Corea, Taiwan, Hong Kong e Tunisia. La maggior parte delle mancate nascite delle bambine si concentra in Cina, dove dal 1970 e il 2017 non sono nate 23,1 milioni di bambine e in India, dove il numero si attesta ai 20,7 milioni.
Secondo lo studio, nei Paesi sopra menzionati il divario del rapporto naturale tra i sessi alla nascita (Sex Ratio at Birth, SRB) sbilanciato in favore di quello maschile sta diminuendo -con l’eccezione del Nepal-, anche se la situazione al riguardo rimane drammatica e ci vorrà ancora molto tempo perché si raggiunga un equilibrio del rapporto tra i sessi alla nascita considerato naturale.
L’origine delle discriminazioni è da ricercarsi nelle culture di questi Paesi, dove le figlie femmine sono ritenute un peso per la famiglia che deve provvedere ad una cospicua dote matrimoniale ed è solo ai figli maschi che sono riconosciuti determinati diritti, come quello di poter ereditare o avere potere decisionale in famiglia.
In India in particolare, in base agli studi condotti dalla docente universitaria di Economia Sonia Bhalotra dell’Università dell’Essex, è dimostrato esistere una correlazione tra la fluttuazione del prezzo dell’oro e la diminuzione del numero delle nascite delle bambine, in quanto l’oro viene donato dalla famiglia della sposa a quello dello sposo come dote. Su circa centomila nascite analizzate, gli studi hanno rivelato che nei mesi in cui il prezzo dell’oro aumentava, le probabilità di sopravvivenza delle bambine calavano rispetto a quelle dei neonati maschi. Non solo, ma le bambine nate in quei periodi risultavano essere anche più debilitate fisicamente una volta cresciute, indice cioè questo di scarsa cura da parte delle famiglie che attuano una “selezione post natale” con modalità selettive indirette e discriminatorie successive alla nascita come il mancato allattamento e il rifiuto delle prestazioni sanitarie di base, così come l’assenza delle vaccinazioni e una minore attenzione alla quantità e qualità del cibo e all’istruzione. Problema quest’ultimo che non riguarda solo l’India. Lo studio contenuto nel dossier infatti calcola che da qui al 2030 centotrenta milioni di bambine non avranno pieno accesso all’istruzione ma continueranno ad essere sottoposte a lavoro minorile o costrette a contrarre matrimoni precoci e ancora oggi sono 650 milioni le donne al mondo sposate prima dei 18 anni.
Sul tema poi del matrimonio, si evidenzia inoltre che lo squilibrio nel rapporto tra i sessi alla nascita è causa anche dell’aumento della violenza contro le donne. Laddove infatti nascono meno femmine per gli aborti selettivi, aumenta il fenomeno del cd. “marriage squeeze”, ovverosia la disparità numerica delle potenziali spose rispetto agli sposi, che incrementa la pratica di “importazione coatta” di giovani donne da altri Paesi.
Altra brutale violazione dei diritti umani perpetrata nei confronti di donne e ragazze messa in luce dal dossier sono le mutilazioni genitali, subite nel mondo da almeno duecento milioni di donne e ragazze e secondo le stime dell’Unicef altre 68 milioni di giovani donne verranno sottoposte a questa prassi da qui al 2030.
Infine amara e triste sorte è spesso riservata alle neonate con disabilità che hanno maggiori probabilità di venire uccise o di non essere riconosciute all’anagrafe, con la conseguenza di non poter ricevere assistenza sanitaria ed accedere al sistema scolastico. Secondo uno studio dell’ UNFPA (United Nations Population Fund) infatti l e bambine e ragazze disabili subiscono violenze di genere dieci volte di più di quelle senza disabilità.