Abruzzo: è scontro sul decreto, Berlusconi vola a L’Aquila
17 Giugno 2009
Montecitorio. Fuori la protesta . Dentro, maggioranza e opposizione si fronteggiano. In mezzo, il decreto Abruzzo, cioè provvedimenti e soldi per la ricostruzione post-sisma. Dopo l’ok del Senato il testo del governo è all’esame della Camera e per domani è atteso il voto finale. I tempi sono stretti: il pacchetto di misure va licenziato entro il 27 giugno, altrimenti decade. E oggi Berlusconi sarà a L’Aquila per verificare lo stato di avanzamento dei lavori della ricostruzione.
I toni dello scontro politico sono alzo zero, pure su un’emergenza nazionale come quella che due mesi fa ha messo in ginocchio L’Aquila e spezzato la vita di trecento persone. L’opposizione cavalca la protesta dei comitati dei terremotati – seicento persone – che ieri hanno manifestato davanti alla Camera con striscioni e cartelli chiedendo certezze sui tempi e le risorse per rimettere in piedi tutto quello che il terremoto ha ridotto in polvere. In prima fila alcuni amministratori locali tra i quali il sindaco del capoluogo abruzzese Massimo Cialente e la presidente della Provincia Stefania Pezzopane, entrambi Pd: per tutti l’impegno di Palazzo Chigi è insufficiente e inadeguato. A fine giornata, i comitati abruzzesi lasciano la piazza di Montecitorio intenzionati a raggiungere il Quirinale, ma il tentativo fallisce. Il corteo improvvisa un sit-in in via del Corso bloccando il traffico, poi un girotondo in piazza Venezia definito “il giro della speranza”. I manifestanti danno appuntamento al G8 e sulla cancellata dell’Altare della Patria lasciano uno striscione con la scritta: ”Una sola grande opera: ricostruire l’Aquila dal basso”. Non basta: c’è anche chi tenta di sfilare davanti a Palazzo Grazioli, residenza romana del premier, ma due mezzi di polizia e carabinieri chiudono l’accesso a via del Plebiscito per mezzora.
Sono molti i punti controversi sui quali manifestanti e opposizione fanno quadrato contro l’esecutivo: dalla gestione delle risorse per le quali sollecitano un coinvolgimento più diretto a livello decisionale degli enti locali, a misure ad hoc tipo la tassa di scopo (rilanciata da Cialente), garanzie sul ripristino delle attività produttive, riapertura delle scuole a settembre negli edifici ricostruiti. Ma il nodo del contendere ruota attorno alla ricostruzione a carico dello Stato anche delle seconde case nei centri storici per i non residenti nei comuni colpiti dal sisma. Su questo l’opposizione ha presentato un emendamento poi respinto dalla maggioranza. Il governo ha garantito l’impegno specificando che “la ricostruzione a spese dello Stato riguarderà non solo gli edifici di riconosciuto valore storico e artistico, ma anche quelli che rivestono a giudizio dei sindaci e della sovrintendenza, rilievo ambientale e paesaggistico. Ed è noto a tutti, e universalmente riconosciuto che in questa categoria rientra la maggiorparte degli edifici ubicati nei centri storici e quindi, anche dei non residenti”. Ma il passaggio che ha scatenato la protesta sta nella parte finale della nota di Palazzo Chigi quando si specifica che così come è stato disposto per i terremoti di Umbria e Marche “in sede di attuazione del decreto legge verrà stabilito il concorso alle spese da parte dei proprietari, tenendo conto della loro situazione economica”.
Il senatore del Pdl Filippo Piccone, abruzzese, ha seguito passo passo l’iter del decreto legge e insiste su quello che ritiene il punto-chiave della questione: “C’è un errore di fondo che si sta commettendo, cioè quello di ritenere che il decreto Abruzzo sia un provvedimento definitivo ed esaustivo rispetto alle esigenze dettate dagli effetti del terremoto. Non è così, è solo l’inizio di un percorso normativo che parte da questo decreto e proseguirà attraverso le successive ordinanze e gli atti legislativi che verranno prodotti e che saranno calibrati in una sorta di lavoro work in progress”. Quanto alla ricostruzione per le case, Piccone spiega che “il governo ha garantito il proprio impegno, il presidente Berlusconi è concentrato sull’Abruzzo in prima persona, la copertura finzianziaria c’è – 8,5 miliardi in tre anni – e tutte le altre necessità che verranno fuori nel corso della ricostruzione avranno una risposta certa ed efficiente. Per la ricostruzione delle case a spese dello Stato non si è fatto ad esempio alcun discrimine tra le zone del cratere e le altre. E per quanto riguarda le abitazioni per i non residenti c’è la volontà del governo. Il decreto è un impianto di indirizzo generale che tiene conto di una priorità assoluta: costruire abitazioni per i terremotati che la casa non ce l’hanno più. E questo sarà fatto nei tempi già fissati per dare la possibilità alle persone di vivere in abitazioni decorose ancorchè temporanee”. Piccone rileva poi che “sarebbe stato molto facile scegliere la via dei container, a quest’ora non ci sarebbero più le tendopoli, ma la scelta del governo Berlusconi è ben diversa: la gente deve avere un tetto vero sulla testa in attesa dei lavori di ricostruzione delle case, il cui piano peraltro è già partito”. E sulla protesta dei comitati è categorico: “Si tratta di una strumentalizzazione politica. Io sono abruzzese e come tutti gli abruzzesi ho a cuore che questa emergenza venga affrontata e risolta in tempi rapidi e con garanzie certe. Il governo ha dimostrato di fare seriamente, io a manifestare in piazza non c’ero. C’erano, invece, i comunisti dell’Aquila che non sono gli aquilani. Anche loro come tutti gli altri hanno diritto alla ricostruzione della loro casa, ma resta il fatto che a manifestare erano proprio loro”.
A metà pomeriggio una delegazione di amministratori guidata da Cialente e Pezzopane viene ricevuta dal presidente della Camera Fini. A fine colloquio parlano di un incontro “molto importante a livello istituzionale, soprattutto perchè ci ha ricordato come egli si sia adoperato affinchè la discussione in aula sul decreto Abruzzo si tenesse senza ricorrere al voto di fiducia, ribadendo in questo modo il suo ruolo super partes”. Escluso Fini, il tenore delle dichiarazioni all’indirizzo del governo sono sintetizzate nella frase che il primo cittadino de L’Aquila ripete davanti ai cronisti: “Traditi e umiliati dal governo”.
In Aula il governo rinuncia alla fiducia (in un primo tempo ipotizzata per blindare il decreto e procedere rapidamente all’approvazione) e le opposizioni a buona parte dei cinquecento emendamenti finalizzati a correggere il testo approvato da Palazzo Madama. Alla fine, di emendamenti ne restano 126 ma il clima non cambia, anzi. Franceschini in tuor elettorale dice che l’esecutivo “ha disatteso gran parte degli impegni assunti con gli abruzzesi”; gli fa eco Casini dall’Aula della Camera quando ribadisce la disponibilità a ritirare gli emendamenti Udc a condizione che l’impegno di Palazzo Chigi sulle case per i non residenti sia “sancito nella legge”. E se il parlamentare centrista Mantini conferma lo sciopero della fame iniziato una settimana fa in segno di protesta, Di Pietro bolla il decreto come “completamente inadeguato alla gravissima situazione dell’Abruzzo”.
Una certa amarezza per le accuse e le proteste rilanciate a Roma dai comitati che non hanno risparmiato nemmeno il lavoro di Guido Bertolaso, la si coglie chiaramente nelle parole del Capo della Protezione Civile, commissario straordinario per la ricostruzione intervenuto su Radiocity al faccia a faccia con un rappresentante dei manifestanti: “Per ragioni politiche si vuole in tutti i modi sminuire il lavoro della Protezione Civile, che è apartitica e sta facendo tutto con il massimo impegno. Nessuno ha mai detto che a L’Aquila la gente è felice. Sappiamo che la situazione non è facile, ma i soldi ci sono, ho in cassa già oltre 600 milioni, e i cantieri per ricostruire le case sono già aperti". Spiega che due ordinanze sono già operative e sono quelle in cui si garantisce “il ripristino al 100% di tutti i danni di tutte le case, anche di quelle che sono agibili, ma che hanno avuto una parete rovinata, oppure quelle che sono inagibili, ma che con interventi di due-tre mesi si possono rendere immediatamente agibili”. Infine sulle seconde case o le abitazioni dei non residenti, il Capo della Protezione Civile richiama la nota di Palazzo Chigi sottolineando che “ci sarà la garanzia del 100% sulla base delle indicazioni che daranno i sindaci e quindi un ruolo attivo di grande responsabilità da parte degli enti locali”.
A tarda sera a Montecitorio restano una settantina di emendamenti da votare. La seduta viene aggiornata a oggi. Insieme alle polemiche e alle proteste.