Abruzzo, garantire alle famiglie la libertà di educazione
16 Aprile 2013
Si è appena conclusa a Pescara la 65° Assemblea nazionale dell’Aninsei, l’Associazione nazionale degli istituti non statali di educazione e di istruzione. Il tema scelto quest’anno è stato particolarmente sentito, dai relatori ma anche dalla platea. Si è scelto infatti di incentrare il dibattito sulla “libertà di scelta educativa”, per dimostrare, con preoccupazione, che rispetto alla scuola di libertario, nel nostro Paese, ci sono solo i principi. La realtà infatti, è ben diversa.
A differenza di quanto avviene nel resto d’Europa, la libertà di scelta educativa nel nostro paese è un traguardo ancora da raggiungere. Eppure, proprio la scelta educativa, dovrebbe rappresentare una libertà fondamentale per la crescita non solo dell’intero sistema dell’istruzione, ma della società stessa. Quale autonomia potrà mai realizzarsi senza libertà di scelta educativa? Come potrà il sistema scolastico superare il monopolio statalistico senza parità? E il valore del libero confronto fra scuola “pubbliche” statali e paritarie per stimolare il miglioramento dell’istruzione? Eppure, chi vive la realtà scolastica italiana, sa bene quanti siano i problemi,i ritardi e le inefficienze che oggi vive. E che sono destinati a peggiorare, in un momento di scarsità di risorse pubbliche. Con l’evidente ingiustizia di trasformare la libertà di scelta educativa ancora ed inaccettabilmente, in un privilegio di pochi.
I dati, però raccontano un Paese in cui sono presenti oltre 13 milioni di scuole paritarie. E gli alunni che le frequentano sono più di un milione, quindi rappresentano il 12% degli studenti italiani.
Una situazione messa bene in evidenza da Marco Masi, in un articolo pubblicato alcuni giorni fa sul quotidiano “Avvenire” (“In aula entrino sussidiarietà e libertà di scelta”). Cifre che evidenziano l’irragionevolezza del sistema. E non solo in etici, in relazione, cioè, al diritto di scelta delle famiglie. Ma anche in termini economici, perché le scuole paritarie possono rappresentare una fonte di risparmio per lo Stato che così avrebbe più risorse a disposizione.
Sarebbe auspicabile un cambio di prospettiva: abbandonare pregiudizi inutili e dannosi e porre finalmente al centro delle politiche scolastiche la persona e la sua formazione, che rappresentano
un bene comune da sviluppare e salvaguardare. E cosa, se non un pregiudizio, può aver ispirato l’assurdo referendum promosso – fortunatamente da isolate frange estreme della sinistra – a Bologna per il prossimo 26 maggio che ha come obiettivo l’abolizione della quota di finanziamento comunale alle scuole d’infanzia paritarie? Eppure proprio grazie a queste forme di convenzione, gli istituti paritari sono psinti a migliorare la qualità dell’offerta formativa, essendo di fatto catapultate in una rete pubblica.
Del resto il sistema della scuola non statale in Italia fornisce servizi indispensabili a tutti i cittadini, a partire dalla scuola dell’infanzia, che coprono il 40% di una domanda a cui lo Stato altrimenti non riuscirebbe a rispondere. In Europa lo hanno già compreso: il futuro del welfare è la sussidiarietà e lo Stato deve sostenere chi opera nel privato sociale per l’interesse generale. L’istruzione è uno dei pilastri per la costruzione del futuro, soprattutto in un momento di incertezza come quello attuale. Il lavoro educativo è fondamentale per lo sviluppo della società. E va tenuto fuori da interessi di parte e pregiudizi. Che finiscono per danneggiare chi invece ha diritto ad essere garantito: le famiglie e la loro libertà di scelta educativa.