Accanto alla Bari dei salotti il degrado del quartiere Libertà

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Accanto alla Bari dei salotti il degrado del quartiere Libertà

03 Gennaio 2011

A Bari c’è un quartiere (un tempo conosciuto per la dignitosa operosità  dei suoi abitanti) caratterizzato da"traffici" poco trasparenti e dall’assenza pressoché totale di una speranza di miglioramento della propria condizione. E’ il quartiere "Libertà", lo stesso dove per semplice contrasto o, se vogliamo, paradosso sorge il tribunale della città, con la svettante dea affacciata su una miriade di frettolose ventiquattrore.

Non si parla mai troppo di questa parte di Bari che si trova a ridosso del cosiddetto “salotto della città”. Si vede com’è cambiato questo quartiere attraverso le storie della ragazza del palazzo di fronte, del garzone del bar, dei nuovi arrivati che via via ripopolavano la zona.

La ragazza del palazzo di fronte è diventata madre a soli quattordici anni, probabilmente troppo presto per i comuni standard, ma non per il suo micromondo familiare e circoscrizionale,  in cui la dispersione scolastica è altissima e si accompagna ad altre piaghe quali la delinquenza, il microcrimine e il regresso sociale in cui molti – troppi – sono purtroppo costretti a vivere. Qui vige tra i più la convinzione che la scuola non serva, che la vera maestra sia la strada e che lo studio non sia un mezzo per fare soldi.

Intendiamoci, al "Libertà" non c’è solo questo. Ci sono anche negozi, studi di professionisti e palazzi storici, ma c’è un’ampia fetta popolare trapiantata qui dalla città vecchia o da altre zone periferiche che ha costruito intorno a sé una capsula impermeabile al resto degli abitanti, all’interno della quale possono accedere soltanto coloro che sono legati da una fittissima rete di parentele e affinità. Chi sta all’esterno non può che assistere impotente alla disgregazione di un microcosmo. Soldi “facili” girano per le vie più traverse, frutto di azioni illegali di diverso tipo.

Purtroppo, accade in molti casi che l’illecito non venga punito,  poiché camuffato in vesti difficilmente inquadrabili come reato oppure per colpa dell’omertà e dell’indifferenza di coloro che osservano e vivono tutti i giorni questa realtà, con una rassegnazione che rasenta quasi l’accondiscendenza.

La forza pubblica prova ad entrare e a scardinare questo mondo, ma deve scontrarsi contro il muro di raggiri e intimidazioni che, spesso, finiscono con il limitarne il potere coercitivo. Nel quartiere "Libertà", con l’arrivo di talune categorie delinquenziali tra cui molti extracomunitari disperati e senza prospettive, si è creata una commistione di illeciti e interessi che spaventa i cittadini , ma che li vede inermi di fronte a una realtà più grande di loro, che li terrorizza.

Il paradosso è che siamo così avvezzi all’accettazione di questa realtà, alla vista delle giovanissime con i figli al seguito, ai panchetti di frutta agli angoli delle strade, alle macchine parcheggiate sui marciapiedi e alla biancheria colante stesa ad asciugare al lato strada, che tutto ciò finisce per essere in qualche modo accettato alla stregua di folklore. Ma siamo di fronte ad una discrepanza fra Paese reale e Paese legale: il segno di un vuoto che la legge,  intesa nel suo senso più lato e primordiale come fondamento della vita sociale e come fulcro di qualsiasi forma associativa, non riesce a colmare.

Sono tante le cose che mancano al quartiere "Libertà", ma tra queste ce n’è forse una che meriterebbe di essere considerata: si tratta della capacità di fornire un’alternativa ai giovanissimi. Nella maggior parte dei casi i ragazzi del quartiere "Libertà" rifiutano l’istruzione secondaria, ma potrebbero trovare uno stimolo importante a non abbandonare gli studi nella ricostituzione del sistema degli istituti professionali prevista dalla riforma della Scuola secondaria partita nel settembre scorso . Ridare spazio a una formazione di questo tipo, tutta incentrata sulla creazione di un sapere spendibile al livello lavorativo, è sicuramente un modo per togliere tanti ragazzi dalla strada e per dare loro un futuro diverso dalla delinquenza, creando nuove opportunità e ricostituendo uno strato di produttività.

Bisogna ripartire prima di tutto dai giovani per piantare nuovi semi in questi terreni, ancora fertili ma aridi di speranza e voglia di cambiamento. Dare loro la possibilità di scegliere il proprio futuro è un modo – non il solo ma sicuramente tra quelli fondamentali – per rimettere in moto una società stagnante che, da sola, non riesce a rialzarsi.